Rino Gattuso, il guerriero venuto dal nulla.

by Redazione Cronache

Si scriveva Gattuso, si leggeva caparbietà. Per me, la perfezione.
Rincorrere con tutte le forze in corpo un sogno complicato, mentre altri ti sfrecciano di fianco perché più alti, più belli, più dotati. Come quando ad allenamento giochi a colpire la traversa e la traversa non la pigli mai. Come quando provi i tiri in porta e la porta non la pigli mai. Ma non molli e ti fai beffe del destino che non ti ha dato i piedi buoni, prendi per il culo la vita che ti imbottisce i giorni di difficoltà. Talvolta la acchiappi per la gola, sputando bestemmie al peperoncino.
Rino con la maglia della Nazionale che morde le caviglie dei talenti di mezzo mondo, difendendo a suo modo ogni italiano che lo sta guardando, questa è l’immagine della mia adolescenza.
Non è niente, non ha risolto i problemi dell’universo, ma per me ha significato molto.
Avete mai provato qualcosa di simile?

Restano nella storia del calcio alcune sue dichiarazioni pure, genuine, vere fino all’osso. Capaci di dipingere il ritratto di un guerriero partito da zero che è riuscito a ritagliarsi uno spazio importante nell’Olimpo dei migliori.

“Ricordo i tempi della mia gioventù come fosse ieri. Se uno vive a Perugia anche se non gioca a pallone fa allenamento tutti i giorni a furia di fare su e giù per le sue viuzze medievali. Vivevo in una pensione a due chilometri dal campo di allenamento. Dormivo in una stanza che sembrava una prigione, tipo manicomio, due metri per due. Appena spegnevano la luce era come sprofondare sottoterra. Non vedevo l’ora che arrivasse il giorno dopo per uscire da quel buco.
Una vitaccia insomma, ma se solo mi sfiorava l’idea di abbandonare la baracca, subito mi tornava in mente quella promessa fatta a me stesso: sarei tornato in Calabria soltanto da vincitore, in caso contrario me ne sarei andato in Germania a cercare lavoro, proprio come i miei genitori trent’anni prima.”

 

“I miei tifosi, la mia gente. Sono tutto ciò che ho e che avrò per sempre. Questo è per me il senso della vita.”

 

“Rino è stato da sempre un leader. Eravamo come Padre e Figlio. Non te le mandava mai a dire. Prima della partita con il Real Madrid nel 2002/2003 stavo annunciando la formazione, ero arrivato al centrocampo e feci questi nomi: “Gattuso, Seedorf, Rivaldo, Rui Costa e… Mi interruppe Rino e disse: ‘Si Mister, mettici pure Superman e Batman che poi tanto per recuperare i palloni il culo me lo faccio io’. Scoppiammo a ridere, non ebbi nemmeno la forza per dirgli qualche cosa. Effettivamente aveva ragione… Quella battuta fece sciogliere di colpo la tensione, ed è lì che vincemmo la partita.”
Carlo Ancelotti

 

Memorabile l’intervista a Rino qualche minuto dopo aver conquistato la Coppa del Mondo in Germania nel 2006.
– Rino, questo è stato un successo straordinariamente bello perché è stato straordinariamente sofferto. Qual è stato il segreto di questa squadra?
– “Ma come so’ brutto, oh! C’ho una moquette in faccia…”
– Forse è proprio questo il segreto, avete sempre saputo ridere anche nei momenti più difficili.
– “Stasera la taglio subito perché so’ proprio brutto.”