di Giovanni Benvenuto
È il 2 febbraio 2007 quando allo Stadio Massimino di Catania si gioca la sfida sentitissima tra Catania e Palermo. Il derby tra le due squadre è molto sentito e la cornice di pubblico ovviamente è notevole. Sembrava una supersfida, degna del più grande spettacolo calcistico specialmente in Sicilia. Ma nel corso dei novanta minuti succede un fatto destinato poi a sconvolgere l’opinione pubblica oltre all’intero mondo del calcio.
L’accaduto
Il match finisce 2-1 per i rosanero ma non è il successo del club dell’allora presidente Zamparini a salire agli onori della cronaca. Nei minuti antecedenti alla partita scoppia il caos all’esterno dello stadio: le due tifoserie si scontrano dando vita a una guerriglia urbana quasi senza precedenti. Capendo la gravità della situazione le forze dell’ordine ‘chiudono’ all’interno dello stadio tutti i tifosi giunti per assistere all’incontro. Durante i tafferugli perde la vita a causa di un’esplosione di una bomba carta il trentottenne e ispettore capo Filippo Raciti, lasciando la moglie e due figli in tenera età.
La morte di Raciti attiva una girandola di commenti: ancora non si conoscono le precise dinamiche della sua morte, con la Procura di Catania che apre un fascicolo sugli avvenimenti di quel 2 febbraio. Il commissario ordinario della Federcalcio, Luca Pancalli, dopo un vertice ha disposto il blocco di tutti i campionati, dalla serie A fino al calcio dilettantistico. «Senza misure drastiche non si riparte. Il campionato si ferma fino a tempo indeterminato», dichiara Pancalli con tutti gli italiani ancora rimasti di stucco per la morte quasi inspiegabile del poliziotto. Alle 23 la terna arbitrale lascia l’impianto, successivamente a mezzanotte tocca ai tifosi del Palermo. Sembrava essere un derby sì sentito ma gli strascichi lasciati dall’accaduto bruciano ancora, soprattutto quando si parla di violenza negli stadi.