L’unico calciatore italiano che gioca ne LaLiga ci ha raccontato il Barcellona vissuto dal campo

by Giacomo Brunetti

Antonio Candela è l’unico italiano che gioca ne LaLiga: da gennaio è il terzino destro del Real Valladolid, che proprio lo scorso weekend ha affrontato il Barcellona, passando addirittura in vantaggio al 6’ prima di venire rimontato dai gol di Raphinha e Fermín.

«Due giorni fa ho giocato contro il Barcellona: ha due punti deboli», ci spiega anche in ottica della sfida dei blaugrana contro l’Inter in Champions League. «Il primo sono sicuramente i calci piazzati. Non hanno una rosa con grande struttura e soprattutto i nerazzurri possono fargli male, mentre il secondo sono le ripartenze. Sono bravissimi a giocare con la difesa alta e a mandarti in fuorigioco, sono fantastici in questo. Ma contro di noi hanno sofferto i nostri contropiede perché è vero che ti schiacciano, ma poi sono sbilanciati quando devono tornare indietro».

A colpirlo non può essere stato che Lamine Yamal, «è una cosa senza senso. Mi ha colpito che gioca sempre con il sorriso come se fosse ancora al campetto». Non solo, anche «Pedri e De Jong giocano con una naturalezza folle. Giocando in Spagna sono tra quelli che mi hanno impressionato di più, tra gli altri cito sicuramente Antony, cerca sempre con insistenza la giocata non banale». Un consiglio anche da Bilbao – «Nico Williams, anche se a San Mamés è tutto il contesto a meravigliarti» – ma anche «Moleiro del Las Palmas è una grande ala, così come come ultimo nome metto Raúl Moro, che ha giocato anche alla Lazio in Italia e gioca con me: è un calciatore che arricchisce una squadra».

Ci ha parlato anche delle differenze di metodologia e approccio tra il calcio italiano e quello spagnolo: «In Spagna gli allenamenti sono praticamente solo in la palla, in Italia invece si lavora molto “a secco”. Qui dal riscaldamento si utilizza il pallone, poi si passa alla fase di possesso e all’occupazione degli spazi, sempre con la palla. In Italia invece il pallone si usa meno in allenamento e anche la tattica viene fatta senza palla. Quando mi hanno parlato dell’opportunità di venire ne LaLiga ero un po’ intimorito, invece a fine prestito me ne andrò arricchito. Nella gestione della gara gli spagnoli si difendono meno per acquisire il risultato rispetto a noi».

Un modo di giocare che gli ricorda il Venezia, proprietario del suo cartellino e dove ha giocato la prima parte di stagione, prima di passare al Valladolid: «Il Venezia in questo aspetto mi ricorda molto le squadre spagnole: ce la siamo sempre giocata. È l’impronta portata da Di Francesco che mi è piaciuta fin dall’inizio. Sempre a viso aperto, sempre giocando a calcio. A volte gli episodi hanno privato il Venezia di alcuni punti, ma non hanno mai messo da parte l’identità. Qui in Spagna funziona così: tornerò in Italia con un bagaglio pieno di nuove metodologie».