Che fine ha fatto Pablo Granoche? Ora allena la squadra più giovane d’Italia

by Alessandro Lunari

170 gol in carriera fra Uruguay, Messico e Italia. E un record: il miglior marcatore straniero della Serie B con 98 gol. Una vita trascorsa fra A e B giocando con Triestina, Chievo, Novara e Modena fra le altre. Dopo il ritiro nel 2022, per due stagioni ha fatto il vice di Allegretti nella Clivense – oggi tornato Chievo Verona – di Sergio Pellissier, uno dei prossimi avversari. Poco più di un mese fa ha deciso di iniziare la sua carriera da allenatore accettando l’Oltrepò in Serie D (Girone B, lo stesso del Milan Futuro), la squadra più giovane d’Italia. Un’età media di 20,6 anni fra i 29 calciatori presenti in rosa in questa stagione.

Non un semplice mister

«Mi piace gestire uno spogliatoio pieno di giovani. Ogni tanto devi fare la parte del fratello maggiore, ma va bene. Moderi le parole, il linguaggio è diverso, ma ho trovato ragazzi con un potenziale enorme». Granoche ha accettato l’incarico ad agosto, saltando la preparazione estiva. In poche settimane ha già dato la sua impronta: «Se non arriviamo con l’esperienza, dobbiamo farlo con l’intensità: è la chiave per costruire i punti necessari alla salvezza». L’obiettivo minimo, dopo il 13° posto della passata stagione. Quest’anno sono 7 punti (-1 di penalizzazione) in 5 gare.

Abbiamo sentito anche il capitano dell’Oltrepò, Luca Villoni, ora fuori per un infortunio rimediato a lavoro. Ma anche se da fuori dal campo non fa mancare il suo supporto: «Vado a tutte le partite sia in casa che in trasferta». Luca è alla 4a stagione, ha vissuto la crescita della società, la vittoria dell’Eccellenza e la promozione in D. L’Oltrepò due anni fa ha cambiato completamente direzione puntando sui giovani: «Il club ha acquistato noi ragazzi per mostrare la nostra qualità a tutte le società che non avevano creduto in noi».

I più giovani d’Italia

5 sconfitte nelle prime 5 gare della passata stagione: «Il salto di qualità l’abbiamo sentito: in D basta una giocata per decidere la partita, il ritmo è molto alto, ma poi ci siamo compattati trovando risultati e salvezza». Un traguardo affatto scontato per quella che è stata premiata, a fine stagione, come la squadra più giovane d’Italia: nel 2024/25, infatti, l’Oltrepò aveva un’età media di 19,7 anni. Quest’anno si è alzata di poco (20,6) considerando come i più ‘anziani’ in rosa siano classe 2002: «Siamo un gruppo di amici, andiamo spesso a mangiare insieme. È bello perché fra coetanei ci si comprende meglio: abbiamo gli stessi problemi».

E di giovani forti in estate ne sono arrivati tanti. Merito del direttore sportivo, Nicola Raso. Si è trasferito ora al Pavia, ma senza dimenticare l’Oltrepò: «Avevo offerte in estate, ma prima volevo allestire una rosa competitiva: sono andato via solo una volta trovata la stabilità. Lascio dei ragazzi d’oro, gente che vuole mettersi in luce applicandosi. Nel calcio si è legati troppo al risultato: conta, certo, ma le società devono avere la voglia di osare. E noi lo abbiamo fatto». Risultato? Seconda stagione in D.

 

‘Perché non c’è la musica?’

Ora starà a ‘El Diablo’ Granoche: «Ho preso l’uomo prima che l’allenatore. Ha colto subito l’occasione». E il mister si è calato alla perfezione nella realtà, come raccontato da Villoni: «Al primo allenamento ci ha ”sgridato”: ‘Perché non avete messo la musica?’. Ci ha subito dimostrato grande senso di appartenenza. Poi partecipa alle partitelle, ai torelli: un’umiltà incredibile». Granoche sa che è questa la chiave: «Il calcio deve essere divertimento, anche in campo devono rimanere la spensieratezza e la positività dello spogliatoio».

Anche dalla panchina, da buon uruguayano, Granoche ha mantenuto la sua ‘garra’: «Ho già fatto un paio di corse verso i miei ragazzi dopo due gol. Faccio un po’ più di fatica rispetto a prima, ma mi sento uno di loro: uno può aver fatto 500 partite tra i pro, ma da allenatore poi ricominci da zero». Fra i suoi modelli né Guardiola né De Zerbi, ma Gasperini: intensità, pressione alta e verticalizzazioni.

 

‘Pellissier ce l’ha fatta’, fra Juventus e Uruguay

Fra Serie A e B, Granoche ha avuto tanti allenatori: Di Carlo, Pioli, Novellino, Bisoli. E Maran: «Forse lui ha avuto l’impatto più forte: arrivavo da un calcio diverso, quello sudamericano. Mi ha fatto diventare un giocatore: gli sarò sempre grato per quei consigli… anche se capivo ancora poco l’italiano». Senza dimenticare Pellissier, amico e modello al Chievo: «Abbiamo lavorato insieme negli ultimi anni, ora devo ancora sentirlo: fra due settimane ci sfideremo. Sono felice per lui, voleva far rinascere il Chievo a tutti i costi».

Già, proprio con quel Chievo con cui Granoche ha esordito in A: «Il momento più bello? Il debutto in A, in casa della Juventus. Entrando in campo mi sono detto: ‘Ok, ce l’ho fatta’». Tutt’altro che scontato, partendo dall’Uruguay. Già, la Nazionale… «Ho giocato una partita con la mia Nazionale, è stato l’orgoglio più grande». Una sola presenza anche perché davanti c’erano Forlán, Cavani, Suárez. Magari ci tornerà da allenatore: «Sogno nel cassetto? Allenare un top club in Uruguay che è casa mia o La Celeste, ma è presto per pensarci». Prima c’è da salvare l’Oltrepò.