di Gabriele Codeglia
Secondo molti aveva tutto per diventare il miglior attaccante italiano degli ultimi quindici anni (almeno). Tecnica, potenza, velocità, fisicità, cinismo sotto porta e personalità.
Ecco, forse quest’ultima caratteristica lo ha tradito. Forse Supermario (anche se di ‘Super’ abbiamo visto ben poco) non ha saputo e non sa dosarla, regolarla, distribuirla, gestirla: una quantità di ego tale da trasbordare ogni qualvolta la più piccola goccia di troppo cade nel vaso stracolmo del suo carattere.
Per Federico Buffa è «un raro caso di giocatore NBA applicato al calcio».
Tutti sanno chi è, tutti sono sempre stati pronti a giudicarlo, a criticarlo, ad osannarlo oggi e a scaricarlo domani, come per tutti i talenti più puri e trasgressivi che si rispettino.
Icona
Mario Balotelli è stato ed è, in ogni caso, un’icona del calcio moderno, italiano e internazionale. Perché a volte lo si può diventare pur vincendo meno di quello che si potrebbe e anche sbagliando spesso.
Non è un caso se il Time lo intervista nel novembre del 2012, forse nel momento più alto della sua carriera. Il profilo di Balotelli finisce su una delle copertine più famose del pianeta: The meaning of Mario. Già, ‘meaning’. Come se Balo debba essere per forza un’enigma da decifrare: tutti ci provano, ma alla fine nessuno ci riesce. Tutti si sentono in diritto e in dovere di poterlo fare, quasi come fosse una caccia al tesoro. La stessa rivista americana, il 4 aprile 2013 lo include nella lista dei 100 uomini più influenti al mondo nel 2012. Il 21 agosto seguente, Sports Illustrated gli dedica la copertina definendolo ‘The Most Interesting Man in the World‘.
16 dicembre 2007
Parte tutto da quel giorno. In un certo senso è la sua prima rivincita. Quando era soltanto un ragazzino, gli osservatori delle squadre di A che lo visionavano ai tempi dell’ U.S. Oratorio Mompiano, tracciavano una riga sopra il suo nome: forte è forte, ma troppo irrequieto. Chievo, Atalanta, Brescia, Hellas: niente da fare. L’unica che decide di scommettere su di lui è l’Inter. Soprattutto Roberto Mancini, che lo fa debuttare nel calcio dei grandi in occasione della 16° giornata del campionato 2007-2008, nella vittoriosa trasferta di Cagliari.
Due giorni più tardi arrivano anche i primi gol: doppietta alla Reggina (1-4). Tutto ciò a soli 17 anni.
4 novembre 2008
Nuovo giro, nuova corsa, altro record. Nella sfida di Champions contro l’Anorthosis Famagosta, Balotelli va a segno diventando così il più giovane nerazzurro a realizzare una rete nella principale competizione europea per club a 18 anni e 85 giorni.
La maglia
Ma ai primi exploit, seguono anche le prime ‘balotellate’, neologismo presente ormai da tempo nella Treccani. Il 5 marzo 2009 il procuratore federale Stefano Palazzi lo deferisce: ‘violazione dell’art. 1 comma 1 del CGS, per avere rivolto gesti offensivi nei confronti di un calciatore avversario’ che nel caso in questione risponde al nome di Christian Panucci.
Pochi mesi dopo, il 20 aprile 2010, al termine di una delle serate che rimarranno per sempre nella memoria dei tifosi interisti, Mario non riesce a sopportare i rimproveri di José Mourinho che lo accusa di scarso impegno dal momento del suo ingresso in campo. Si sfila la maglia e la scaraventa a terra, davanti a un San Siro pieno fino al terzo anello, ancora esaltato per la straordinaria vittoria sul Barcellona di Pep Guardiola.
Triplete
Non convocato nelle giornate successive, scende in campo a Siena per la festa scudetto che dà il la all’indimenticabile Triplete nerazzurro. C’è il tempo per beccarsi il calcione da Totti nella finale di Coppa Italia, qualche giorno prima della magica notte di Madrid. Dell’accaduto parla persino il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ma ormai l’avventura nerazzurra dell’attaccante bresciano è giunta al capolinea.
Chiude con un totale di 86 presenze, 28 gol e 6 trofei.
Feeling
Mancini lo adora e lo rivuole con sé. Deve provare a farlo crescere, a domarlo, coccolarlo, sgridarlo, con le buone e con le cattive, come il colonnello tenta con Spirit nel famoso cartone animato della DreamWorks.
Il 10 agosto 2010 Mario Balotelli è ufficialmente un giocatore del Manchester City. Lo sceicco Mansur bin Zayd sborsa 28 milioni di euro per assicurarsi il talento grezzo del ventenne italiano. La presentazione rimane negli annali: «Sono un ragazzo, diciamo… particolare. Non sono negativo, né troppo buono: sono un ragazzo normale. Molto vivace e basta, ma non sono un ‘bad boy’».
La prima stagione con i Citizens si chiude con 28 presenze e 10 gol totali.
Quella seguente è un altalena di alti e bassi. Nella tournée estiva in USA, durante il match con i Galaxy, Balo se ne esce con una veronica di tacco solo davanti al portiere, concludendo sul fondo invece che segnare il più facile dei gol. Dzeko è incredulo a fianco a lui. Mancio, furibondo in panchina, chiama il cambio: dentro Milner, fuori Mario.
Il 23 ottobre, realizza una doppietta nel derby dell’Old Trafford, finito 1-6, e viene immortalato in una delle sue esultanze più famose. La maglietta con su scritto WHY ALWAYS ME? diventa virale, tanto che il rapper Emis Killa citerà la frase nel ritornello del proprio brano ‘Come Balotelli’. Alla fine per il Manchester City arriva il titolo di campione d’Inghilterra, 44 anni dopo l’ultima volta, all’ultima giornata, con una storica rimonta sul QPR all’Etihad, gara in cui Mario fornisce l’assist ad Aguero per il definitivo gol del 3-2.
Mario, però, oltre ai 17 gol complessivi in quel 2011-2012, colleziona anche 3 espulsioni e 9 ammonizioni, per un totale di 10 giornate di squalifica.
Prandelli
L’allenatore di Orzinuovi è forse quello che più di tutti riesce a far esprimere Balotelli al massimo del suo potenziale visto in carriera. Nell’Europeo di Polonia e Ucraina, un’Italia in cerca di riscatto, dopo la disfatta del Mondiale sudafricano, è letteralmente trascinata da Mario Balotelli. Tra giugno e luglio, il classe ’90 dà il meglio di sé, a 360°. Le polemiche non mancano, quello ormai è fisiologico.
Nell’ultima partita del girone, contro l’Irlanda, il numero nove azzurro segna in rovesciata il gol del 2-0 finale. Angolo di Diamanti e rovesciata da fermo con il destro: potenza allo stato puro. La marcatura di O’Shea non serve a nulla. Mario non esulta, come spesso accade. Dopo qualche secondo, si gira verso la tribuna, indicando qualcuno, la telecamera si fionda sul suo volto e c’è giusto il tempo per leggere un labiale inequivocabile: «Figli di p…». Bonucci gli tappa la bocca.
La semifinale con la Germania, di fatto, la vince da solo. Doppietta. Prima di testa su cross di Cassano e poi con un siluro di destro che Neuer può soltanto guardare, quasi scansandosi per la paura. Altra esultanza, una di quelle immagini che tutti hanno visto almeno una volta nella vita.
In finale la Spagna è troppo forte e i quattro gol di passivo fanno malissimo, tanto che Mario scoppia in lacrime, mostrando una parte che mai nessuno aveva visto fino a quel momento. I suoi occhi rossi gonfi di tristezza fanno scalpore, stupiscono, nonostante sia un fatto del tutto normale: pensavano che fosse un menefreghista, sbruffone, immaturo, invece è solo un ragazzo di ventidue anni.
Sogno rossonero
La stagione che riparte lo vede vestire sempre la maglia del City, ma ancora per poco.
Nella seconda giornata del girone di Champions, in casa del Manchester arriva il Borussia Dortmund. Il match termina 1-1 e per gli inglesi segna proprio Balotelli su rigore. Weidenfeller aveva provato a distrarlo parlandogli qualche secondo prima che Mario sistemasse il pallone sul dischetto. Ma una volta spiazzato il portiere tedesco, il numero 45 corre a recuperare il pallone in fondo alla porta per poi rivolgergli un gesto inequivocabile: parli troppo.
A gennaio, il casus belli è la rissa in allenamento con Mancini. Il rapporto è ai minimi storici e per Balo non c’è più chance di recuperarlo, né tanto meno lo spazio in squadra. Si fa avanti il Milan di Berlusconi, anche se il Cavaliere, qualche giorno prima, lo definisce una ‘mela marcia‘. La fede rossonera, mai nascosta, la voglia di riscatto e di dimostrare il proprio valore, fanno atterrare Supermario a San Siro.
L’esordio è da sogno. La gelida notte del 3 febbraio, l’avversario è l’Udinese. Balotelli apre le danze nel primo tempo e le chiude al ’93 con un rigore praticamente inesistente fischiato da Valeri. Doppietta che la Gazzetta consacra con un 8 in pagella e la palma di migliore in campo: «E pensare che avrebbe dovuto partire dalla panca. In pratica fa tutto lui: i gol riusciti e quelli sfiorati, più il passaggio a El Shaarawy nell’azione del rigore».
Croce e delizia e viceversa. Il 9 marzo arrivano tre giornate di squalifica e 20’000 euro di multa per la sfuriata contro Doveri al termine di Fiorentina-Milan (2-2).
I sei mesi in rossonero si chiudono con 12 gol in 13 presenze in Serie A: Supermario è tornato.
La stagione seguente segna l’inizio del declino per il Milan. Ma Balotelli continua a far bene, segnando 18 gol stagionali che fino alla stagione 2017-2018 (quando ne segnerà 26) stabiliscono il suo primato in carriera in una singola annata.
Costa Azzurra
Dopo due anni disastrosi, con le esperienze al Liverpool e al Milan (51 presenze e soli 7 gol sommando il tutto), l’Europeo di Francia è un miraggio lontanissimo e il caso vuole che sia proprio la terra d’oltralpe quella giusta per ripartire. Precisamente a sud, a Nizza. Tra il 2016 e il gennaio del 2019, in due stagioni e mezza, Mario mette a referto 76 presenze totali condite da ben 43 gol.
Ovviamente anche con gli Aquilotti non mancano le follie. Mario rimedia 30 ammonizioni e 4 espulsioni tra tutte le competizioni. Calcolando semplicemente, è una sanzione disciplinare ogni 173 minuti di gioco.
Come al solito, l’esperienza si chiude nel peggiore dei modi. A dicembre del 2018, poco prima di Natale, il tecnico dei francesi, ed ex compagno di squadra di Balotelli, Patrick Vieira, scarica definitivamente il suo attaccante: «Fin dall’inizio, è stato difficile gestirlo, tra mercato e ritardi di forma. Poi la situazione è peggiorata. Anche se il 98% dei suoi compagni gli vuole bene, la collaborazione tra di noi può essere definita un fallimento, proprio perché avevamo voglia di farcela».
L’Équipe parla di una rissa in allenamento tra Mario e Vieira, tanto che, il 23 gennaio seguente, il giocatore risolve il contratto e nel mercato invernale passa ai rivali del Marsiglia. Con l’OM, sotto la guida di Rudi Garcia, i numeri rispecchiano quello che ormai è un rendimento tecnico e comportamentale consolidato, un costante alternarsi di alti e bassi: 15 presenze, 8 gol, 5 ammonizioni e un’espulsione. A fine stagione rimane svincolato.
Il ritorno amaro
Il 18 agosto scorso, il Brescia ufficializza l’arrivo di Balotelli che veste così la maglia della città in cui è cresciuto. La fiducia è sotto zero, da parte di quasi tutti gli addetti ai lavori. Scetticismo, perplessità, in pochissimi credono nella nuova e tanto attesa ripartenza del Bad Boy.
In realtà, romanticismo a parte, i fatti parlano chiaro. A ventinove anni compiuti da qualche giorno, Mario sta ripartendo da una squadra neopromossa, che dovrà lottare con le unghie e con i denti per rimanere in Serie A. Sembra essere l’ennesima ultima possibilità per dimostrare di essere un grande giocatore. Ormai da tempo, il livello delle società per cui ha militato è andato calando stagione dopo stagione: troppo poco per uno con le sue potenzialità.
Alla fine, il ritorno a casa è amaro come il veleno. I tifosi lo acclamano, lo vedono come il profeta in patria, protagonista di una storia che potrebbe essere degna del più bel romanzo d’amore.
Non è così. Nonostante non abbia più niente da perdere, Supermario non trova la serenità giusta, non riesce a diventare il leader, il trascinatore sul piano tecnico e morale di una formazione che, al contrario, paga sempre di più il suo scarso apporto in gara. I soliti atteggiamenti in campo, quella flemma svogliata e superficiale ritorna a galla, forse perché in realtà è sempre stata sommersa da pochissima acqua.
I gol non arrivano, le giocate decisive si contano sulle dita di una mano. Stesso leitmotiv che si ripresenta, come nel teatro di Wagner, puntuale, purtroppo, da troppi anni. Le statistiche dicono 19 presenze, 5 gol, 6 ammonizioni e un’espulsione.
Tunnel
L’ufficialità della rescissione con le Rondinelle, dopo le ultime diatribe, è questione di ore, al massimo di giorni.
Un tunnel senza fine.
Se ne sono dette tante, in tutti questi anni, su di te, caro Mario. Ma alla fine resta sempre un’unica domanda, che ancora non ha trovato risposta: WHY ALWAYS YOU?