Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de Il Corriere dello Sport.
GATTUSO – «Dopo il disguido del ritiro-non-ritiro gli ho telefonato e gli ho detto: “Rino, stai calmo, non prendere nessuna decisione, se ti chiama qualcuno, stai fermo”. La squadra aveva dimenticato il 4-3-3 sarriano, a Rino ho chiesto la riverginazione di quel modulo, anticipandogli che lo scotto da pagare sarebbero state tre, quattro sconfitte di fila».
ANCELOTTI – «Mi ricordava mio padre. Scelsi la sua serenità, la tranquillità, la sua piacevole vicinanza. Mio padre era un filosofo, un uomo dolcissimo. Come Carlo. Ma prendendo lui, non so se feci la cosa più giusta per il Napoli. Dopo la prima stagione, potendo ricorrere alla clausola rescissoria, avrei dovuto dirgli: “Carlo, per me non sei fatto per il tipo di calcio che vogliono a Napoli, conserviamo la grande amicizia, il calcio a Napoli è un’altra cosa. Ti ho fatto conoscere una città che adesso ami spassionatamente e che ti ha sorpreso, meglio finirla qui. E invece sbagliai una seconda volta».
SARRI – «Mi fece incazzare con la scusa volgare dei soldi, mi costrinse a cambiare, e aveva ancora due anni di contratto. Ricordo che a febbraio mi invitò a pranzo in Toscana, a due passi da casa sua, organizzò la moglie, parlammo di tante cose ma non accennò a chiusure, a separazioni, mi portò fino al giorno che precedette l’ultima partita creando disturbo e incertezza alla società. È diventato il deus ex machina, ma anche nel calcio vale la regola del cinema dove per fare un buon film sono necessari un ottimo regista e un ottimo produttore, sono i genitori dell’opera dell’ingegno. Naturale che l’imprenditore dia delle indicazioni e che gli sia riconosciuta una parte del merito nel successo, non solo la colpa nella sconfitta. Chi ha preso Cavani? Il sottoscritto. E Mazzarri? Il sottoscritto. E Benitez? Sempre il sottoscritto. E Higuaìn? E Sarri? Quando lo scelsi tappezzarono la città di striscioni contro di me».