«Il Modena in A dopo 20 anni? Non diciamolo». Il sogno di Abiuso

by Alessandro Lunari

Ma voi ve lo ricordate il Modena in Serie A? Marazzina, Amoruso, Ballotta, Kamara, Milanetto, Balestri. Era la stagione 2003/04. Gli emiliani chiusero il campionato al 16° posto retrocedendo in B, quando la Serie A era ancora a 18 squadre.
A 20 anni di distanza, c’è chi vive per un sogno: riportare il Modena nel massimo campionato italiano. D’altronde, se sei nato da quelle parti, non può essere altrimenti. E l’amore di Fabio Abiuso per il pallone è nato lì, in curva insieme al papà e allo zio. Da Modena a Modena. Ma non solo, visto che è stato convocato pochi giorni fa per la prima volta dall’Italia U20 di Bollini. Ma ci arriveremo.

 

Il primo amore… e quel gol nel derby con il parma

5 gol in 17 partite. Al primo vero campionato in Serie BKT. Questo è il biglietto da visita per Abiuso che nella 2a parte di stagione è diventato titolare nel Modena di Bianco. La classifica recita: +5 dalla zona playout, -2 dalla zona playoff. Un’altalena continua. Il sogno «è quello lì». Non diciamolo, però.

Fabio è partito alla grande: gol da 3 punti all’esordio in Serie BKT, in casa del Cosenza. All’87’. Davanti lo spicchio dei suoi tifosi: «Quella è stata un’emozione grandissima. Lo aspettavo da tanto. Ho ancora impressi i volti della gente, ricordo i loro occhi. Eravamo faccia a faccia». La testa va a tutta la strada fatta fino a quel momento.

«In realtà, il mio rapporto con il calcio è iniziato tutto per caso. Andavo con mia mamma ad accompagnare mio fratello agli allenamenti della squadra parrocchiale. Mi ricordo che un giorno iniziai a piangere perché non volevo andare via, così l’allenatore di mio fratello disse a mia mamma: ‘Dai, lascialo qua. Altrimenti non sai come fare’. Così ho preso il pallone e sono entrato in campo». Da lì, poi, Fabio non è più uscito. Cresce e segna. Poi gira un po’ per l’Emilia: prima al Sassuolo, poi alla Reggiana sull’orlo del fallimento, infine al Modena.

«A dire la verità quando è arrivata la chiamata del Modena era un periodo un po’ negativo. L’anno prima il Sassuolo non mi aveva riconfermato ed è stata una bella batosta. Poi la Reggiana alla fine della stagione successiva è fallita. Ero un po’ sfiduciato, ma poi non ci ho pensato due volte quando ho saputo della possibilità di venire qui». Il Modena veniva da tempi difficili e stava ricostruendo la risalita dopo il fallimento. Per farlo, ha deciso di puntare anche su chi da quelle parti – o meglio, in tribuna – c’era cresciuto.

La chiusura del cerchio, poi, è stata lo scorso 27 gennaio: 3-0 nel derby contro il Parma capolista e lanciatissima verso la Serie A. Per Fabio è la prima partita da titolare in casa. Non poteva mancare all’appuntamento più importante: «Il gol al derby sotto la Montagnani è stato stupendo. Non ci ho capito più nulla, sono corso verso i miei tifosi. Tornando verso il centrocampo, poi, ho guardato la tribuna: c’erano tutti i miei amici e la mia famiglia. Avevano preso uno spicchio di tribuna intero. Oltre che per me, è stata un’emozione indescrivibile per mio padre e mio zio: loro sono cresciuti in quella curva. E quando sono diventato un po’ più grande, anch’io andavo lì tutti i sabati. Vedermi con la maglia del Modena segnare un gol sotto la curva per loro non ha avuto prezzo. Erano commossi».

 

I due anni all’Inter con Chivu, sognando Lautaro e Dzeko

Dopo aver girato l’Emilia ed essere approdato al Modena, Fabio esordisce in Serie C nella stagione 2020/21. 4 presenze fra campionato e Coppa Italia: «Ricordo tutto dell’esordio. Avevo paura: ero solo un ragazzino di 17 anni. Mi tremavano le gambe, ma come sono entrato è passato tutto». Poi, arriva una chiamata: «Ricordo ancora il momento in cui ho saputo che mi voleva l’Inter: era un giovedì. Arrivo al campo per l’allenamento, ma mi dicono: ‘Fabio, vai in sede’. Ero perplesso. Entro negli uffici e c’erano il direttore e il mio procuratore: ‘Guarda, c’è la possibilità che tu vada a giocare in una Primavera’. Basta, nient’altro: non mi hanno detto neanche la squadra. Quando la sera l’ho detto ai miei genitori, abbiamo subito telefonato al mio agente e lui, molto sereno: ‘Fabio, ti vuole l’Inter’. Non ci credevo. Io ho sempre tifato Modena, ma l’Inter è la mia squadra del cuore. Sono corso a fare le valigie: due giorni dopo ero già lì».

Fabio resta due anni in nerazzurro. In quella Primavera ci sono molti ragazzi di talento: Casadei, Carboni, Zanotti, Satriano, Fabbian. Ma Abiuso riesce a ritagliarsi il suo spazio: con 3 gol nelle prime 2 partite mette subito le cose in chiaro. Lui c’è. E mister Chivu se ne accorge subito.

«Non smetterò mai di ringraziarlo: è stato subito molto accogliente, sa come comportarsi con noi giovani. Il campionato vinto con la sua Primavera lo porterò per sempre dentro di me. Ricordo che non ci fece un discorso prepartita per metterci più pressione. Ci disse solo di ricordarci il cammino che avevamo fatto per essere lì». E il finale non poteva essere altrimenti. In quella stagione Fabio segna 10 gol e serve 3 assist. Nei due anni a Milano inizia ad allenarsi anche con la prima squadra di Antonio Conte e Simone Inzaghi: «Allenarsi con l’Inter è stata un’emozione grandissima, soprattutto le prime volte. Pensa: tu sei un ragazzino di appena 18 anni e puoi allenarti con dei campioni. Vedi come lavorano, come si comportano. Quando ho visto allenarsi Lautaro, però, sono rimasto a bocca aperta. Per la potenza, la ‘garra’ che aveva. Era infermabile».

Ma non solo il Toro, d’altronde in quell’Inter lì di campioni ce n’erano: «Io però mi ispiravo a Dzeko per la stazza. Cercavo di studiarlo. Mi impressionava la qualità e la tranquillità con cui giocava».

 

Il no dell’Inter, la C con la Pergolettese e la conferma del Modena

Due anni, un campionato Primavera vinto, gol e tante buone prestazioni. Eppure Abiuso nel 2022 non viene riscattato dall’Inter. Torna a Modena, proprietaria del cartellino, ma solo di passaggio: «Quando l’Inter non mi ha riscattato, ci sono rimasto male. Avevo fatto una bella stagione, ma non mi sono scoraggiato perché sapevo di essere ancora del Modena». In un Modena appena salito in Serie BKT non c’era spazio per lui. Ma nessun dramma: «Per me è stato fondamentale il passaggio alla Pergolettese. La Serie C è un campionato formativo per un giovane: non sei coccolato come in A, ma è una bella palestra. Ti fa crescere dentro e fuori dal campo. Ho acquisito fiducia lì e poi ho ancora un bellissimo rapporto con tutti: il Presidente, i dirigenti li sento ancora». Per Fabio sono 7 gol e 1 assist in 31 presenze. Con tanto di playoff giocato da titolare. Quanto basta per tornare alla base: adesso è pronto per il Modena. E mister Bianco, appena arrivato, lo vuole con sé.

«Il mister è bravissimo con noi giovani. Dopo l’espulsione con la Sampdoria, mi aspettavo di essere massacrato – anche giustamente – mentre lui è stato molto diplomatico: ‘Fabio, queste cose non devono succedere ma è tutta esperienza’. Mi sta aiutando molto sotto l’aspetto caratteriale». Gol, qualche errore dettato dall’inesperienza, ma Abiuso gioca e in questa seconda parte di stagione anche con una buona continuità. Le sue reti al momento non stanno bastando per uscire dal tunnel: il Modena non vince da quel derby con il Parma del 27 gennaio che ne ha ridimensionato un minimo le ambizioni. Nel mezzo, 6 pareggi e 2 sconfitte. Ma ci sono ancora 8 giornate: «Fino a qualche giornata fa avevamo fatto una stagione perfetta. Siamo in un momento in cui non vengono i risultati. È frustrante perché giochiamo bene, le prestazioni ci sono, ma non siamo ripagati. Io, però, intanto sono stato bravo a tenermi il posto».

 

La prima volta in Azzurro non si scorda mai… e poi «quel sogno lì»

Fabio ha ragione. Il posto se lo sta tenendo. E anche Bollini se n’è accorto chiamandolo per l’Italia U20 in questa sosta per le nazionali. Per la prima volta. Gli Azzurrini, intanto, giovedì sera hanno vinto l’Elite League, un torneo non ufficiale fra otto nazioni, per la terza volta consecutiva. È bastato uno 0-0 in Romania per l’aritmetica. Soddisfazioni.

«Essere in ritiro con la Nazionale fa un effetto strano. Non c’ero mai stato. Ho saputo di essere convocato da Riccio, mio compagno di squadra al Modena, prima di una cena con tutto il gruppo. Non ci credevo. Quando ho messo piede a Coverciano per la prima volta sono rimasto a bocca aperta. Quello sì che era stato sempre un sogno per me».

Un po’ come quello che non ha voluto pronunciare mai durante l’intervista. D’altronde è un tipo abbastanza scaramantico: «Ho vari riti prepartita. Bacio tutti i tatuaggi, porto sempre con me un anello. Ho varie cose, ma non ve le svelo tutte». Sono 20 anni che il Modena non è in Serie A: «Riportarla su sarebbe un sogno. Da non dormirci la notte. Ho immaginato tante volte come sarebbe». Quello sarebbe l’apoteosi. Fabio, però, rimane con i piedi per terra grazie alla famiglia: «Mi ero preparato anche per un piano B: avevo già messo in conto la possibilità di dover far altro dopo la vita. Il sogno di fare il calciatore c’era sempre stato, ma intanto ho fatto le superiori in una scuola professionale di elettromeccanica per imparare un mestiere. È andata bene, almeno per ora».

La strada è tracciata. L’obiettivo è di raggiungere la massima serie. Magari seguendo un po’ il percorso fatto da Valentin Carboni e Fabbian, ex compagni nell’Inter Primavera: «Quando Carboni ha iniziato ad allenarsi con noi, si vedeva che sarebbe arrivato, anche se era più piccolo. Aveva una qualità nelle giocate, nel ritmo: li conosceva in maniera superiore. E poi Fabbian: è un po’ matto, è un personaggio tutto a sé. Nel primo anno all’Inter abbiamo condiviso la stanza per un periodo. Ho un bellissimo ricordo di lui, si merita tutte le soddisfazioni che sta avendo». Ma se non fosse in Italia, non sarebbe un problema. Un po’ come per Casadei volato al Chelsea: «Non sono uno di quelli che dice: ‘no, assolutamente. Voglio giocare solo in Serie A’. Mi piacerebbe cogliere l’opportunità. Come me la cavo con le lingue? Male, anzi malissimo. Dovrei mettermi sotto a studiare».

Il futuro all’estero potrebbe essere un’opzione. Ma lasciare la sua Modena è tosta, senza parlare della cucina della nonna: «A cosa non posso rinunciare? Alla gramigna della nonna, non posso dire di no. E poi le tigelle con i salumi… e i tortellini, addio. Si mangia di tutto in Emilia, mamma mia».