La storia di Max Alvini: vendeva suole, ora è in Serie A e sfida Mourinho

by Francesco Pietrella
alvini

Massimilano Alvini si guarda le scarpe e sorride. Le suole andrebbero cambiate. Consumate, usurate dal tempo e dai viaggi. Tanti. L’ultimo l’ha portato in Serie A, e dopo l’esordio nel “suo” Franchi un’altra trasferta suggestiva all’Olimpico con la Roma. Alvini è il manifesto di come l’ossessione batta il talento, perché se ci credi, perseveri, ti impegni, alla fine riesci. Anche a cinquant’anni. 

Il viaggio parte dagli amatori

Alvini è partito dagli amatori, campionato Uisp, lo stesso in cui giocava il giovane Messias, ed è arrivato in Serie A. Stessi principi, tra l’altro: ogni tanto, durante il cooling break, impone ai giocatori di stare lontani dalle bottigliette d’acqua, piuttosto di starlo a sentire. «Una scena già vista negli spogliatoi del Ferruzza – dicono gli amici –, la squadretta amatoriale dove ha iniziato ad allenare più di vent’anni fa». Max è partito da Fucecchio, nel Valdarno, dopo una carriera nei dilettanti con il Signa. Nel 2001 ha preso le redini del suo vecchio club e l’ha trascinato in Eccellenza, dov’è retrocesso dopo un solo anno. Nel 2007, l’anno del Milan campione d’Europa, ha conquistato un’altra promozione in Eccellenza con la maglia del Quarrata, vicino Pistoia, prima di scrivere la storia con il Tuttocuio. Il club della sua vita. 

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Alvini alla Cremonese

Tuttocuoio, isola felice

La scalata di Alvini è iniziata a Ponte a Egola, settemila abitanti scarsi in provincia di Pisa, polo italiano della concia delle pelli e del cuoio. Un puntino toscano diventato patria di artigiani e calciatori, anche se per poco tempo. Max sbarca qui nel 2008, resta folgorato dal trentennio del “Palio del Cuoio” e inizia il viaggio dalla Promozione. Di giorno vende suole per scarpe, un lavoro di cui è sempre stato fiero, ma intanto vince due campionati in due stagioni e trascina il Tuttocuoio in Serie D per la prima volta. È il 2010, Alvini rinnova un altro anno e al vertice del club sale Andrea Dolfi, presidente lungimirante, che prende da parte il mister e gli inizia a parlare di professionismo, di grandi sogni, di identità, di giocatori.

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Tra i pro’ per la prima volta

Alvini capisce che la sua vita può cambiare in meglio e nel giro di un paio d’anni si palesa dalla famiglia in giacca e cravatta, tutto serio: «Mamma, papà, ho deciso: smetto di vendere suole, divento allenatore a tempo pieno». I genitori lo guardano con scetticismo, ma lui è convinto. Nel 2013, dopo un campionato straordinario, porta a termine il progetto del presidente: Tuttocuoio in Lega Pro, Seconda Divisione. Finita? Macché. Nel 2014 vince i playout e resta in Serie C. Una favola. 

«Alvini, vogliamo lei»

Da lì la scalata continua lentamente. Nel 2015/16 viene esonerato dalla Pistoiese, poi conclude un triennio anonimo all’Albinoleffe con un altro addio (dopo un nono e un quinto posto). Nel 2019/20 la svolta: promozione in B con la Reggiana, in piena pandemia, contro ogni pronostico. Dopo un paio di stagioni tra i granata e il Perugia (ottavo l’anno scorso), Max inizia l’estate con tranquillità. Sa che una squadra di B lo cercherà. In fondo ha fatto bene. E invece riceve uno squillo dalla Cremonese, neopromossa in A. «Alvini, è libero? Vogliamo lei». Un po’ come il manifesto statunitense che ritrae lo Zio Sam con l’indice puntato. Il resto è una storia tutta da scrivere, dal debutto al Franchi sfiorando il pareggio alla prima in casa. Sugli spalti, a Firenze, c’erano i suoi amici. La sua vecchia vita. Mai stato così fiero di averla vissuta.