a cura di Matteo Lignelli

«Lo scudetto è un sogno, ma quello che insegue è la felicità del suo popolo».

Abbiamo intervistato Francesco Borghini, amico storico di Luciano Spalletti.

«Luciano si aspettava qualcosa di grande da questo Napoli: a noi che siamo i suoi amici più stretti ha sempre detto che in carriera non ha mai incontrato una squadra con questa disponibilità e professionalità. Non che le altre non lo avessero, ma questo Napoli semplicemente ne ha di più». 

 

Una tappa importante di questo viaggio nei luoghi del cuore e nelle origini di Luciano Spalletti è senza dubbio la Polisportiva Avane, società dell’omonima frazione di Empoli che oggi ha un settore giovanile da circa 250 bambini e una prima squadra in Terza categoria. Una delle società in cui Spalletti si sentirà sempre a casa. Dove ha giocato, e dove suo fratello Marcello è un’istituzione, prima come allenatore e poi come dirigente. Tra questi ‘ragazzi’, adesso un po’ cresciuti, c’è anche Francesco Borghini, amico stretto di Spalletti dai tempi di Empoli.

 

 

«Le visioni che Luciano ha nella testa – aggiunge Borghini per spiegare meglio il concetto – non possono diventare realtà se non ha la disponibilità completa dei giocatori. In questo Napoli è così, tutti giocano per il gruppo e a lui piace sempre sottolinearlo. Lo ha fatto anche dopo la partita contro il Sassuolo, facendo notare un’azione in cui tutta la squadra è rientrata a difendere». Un video che Spalletti ha pubblicato anche sui propri canali social tanto ne andava orgoglioso. Quello che ha costruito,insomma, è un Napoli totale. «Per fare quel gioco spettacolare serve tutta la concentrazione possibile, non puoi mai scendere di livello. Questa è stata la sua priorità: spingere senza godersi niente perché se si rilassa lui allora c’è il rischio che lo faccia tutta la squadra».

 

«È il Napoli di Osimhen e Kvara, è vero, ma è in realtà è il Napoli di tutti, di Anguissa, di Di Lorenzo, di Mario Rui, di Spalletti ovviamente» continua. «Non c’è un’individualità che spicca su tutte come ai tempi di Maradona in cui si fa fatica a ricordare allora chi erano i terzini. Tra i meriti principali di Luciano c’è proprio quello di aver saputo esaltare al meglio le caratteristiche dei singoli. Quasi tutti nella rosa hanno vissuto in questa stagione il loro apice. Sono tutti coinvolti e questo è un presupposto che Spalletti ha sempre messo in cima alla lista per raggiungere grandi obiettivi. Tutti sono titolari per lui, a maggior ragione da quando ci sono cinque cambi e sa che qualsiasi vantaggio può essere vanificato nel secondo tempo».

 

Luciano Spalletti e Luciano Venturini, futuro giocatore della Fiorentina, alla Polisportiva Avane.

 

A sentirlo parlare, più che un amico di lungo corso Francesco Borghini sembra un membro dello staff di Spalletti. «Gli piace insegnare e spiegare il calcio, anche quando siamo a cena capita che si metta a disegnare qualche schema sulla tovaglietta. È fatto così… noi lo seguiamo fino a un certo punto poi le cose si fanno complicate». Un esempio? «Per il suo compleanno gli abbiamo fatto una sorpresa e siamo andati in otto a Castelvolturno. Abbiamo fatto un giro e lui ovviamente era un po’ mascherato per non farsi riconoscere. A un certo punto, però, ha visto dei bambini che giocavano per strada e si è vicinato. ‘Perché non avete un pallone?’, ha chiesto. Loro lo hanno guardato un po’ straniti, poi l’hanno riconosciuto. ‘Ma questo è u mister, u mister!’. ‘Se avevate un pallone avremmo fatto un allenamento’, ha risposto lui».

 

Un racconto che descrive bene il rapporto con la città. «Quello che ci ha confidato – va avanti Francesco – è che se deve succedere qualcosa di bello, Napoli è la città migliore dove vivere qualcosa del genere. In questi due anni ha capito davvero fino a che punto può arrivare la passione di questa città. È impressionante, non si può descrivere. Quando siamo andati a trovarlo abbiamo trovato una città con un desiderio enorme di rivivere certi momenti, vissuti solo con Maradona. Due cuori, la città e la squadra, che battono davvero insieme».

 

 

Per come intende il calcio Luciano Spalletti, questo non è secondario. Il 7 marzo ha festeggiato per la prima volta in carriera un compleanno, il 64esimo, da primo in classifica. È partito dalla C e ha vinto più partite di tutti in Serie A. Ha tenuto in mano una Coppa Italia e una Supercoppa, uno scudetto russo, ma mai quello italiano. «È chiaro che sia un obiettivo, però vi assicuro che ciò che gli dà più soddisfazione non sono i trofei, ma dare gioia a un popolo. La cosa che lo sta spingendo oltre i suoi limiti è tutto il calore di Napoli, lo sente ogni giorno sulla pelle. È una persona che ama rendere felici gli altri, per questo le cose che ha mal digerito sono state quelle situazioni in cui le persone non hanno capito che stava facendo il bene della squadra. Se guardiamo le questioni più spigolose, dove sono nati dei contrasti come con Totti e Icardi, in realtà lui non ha mai avuto dubbi su cosa scegliere, se il bene della squadra o dei singoli. Anche se doveva combattere da solo».

 

Poi c’è un altro aspetto su cui si sofferma Francesco Borghini, uno che ha vissuto da vicino praticamente tutta la carriera di ‘Lucio’: «Spesso è stato considerato un aggiustatore, un allenatore che andava sulle macerie degli altri e metteva a posto le cose. È stato così alla Roma, o all’Inter. Questo però è un lavoro che logora, infatti quando quelle squadre sono arrivate ad ambire a qualcosa sono state messe in mano ad altri, si è deciso di azzerare tutto. Va fiero di quello che ha dato al calcio, anche se è stato più faticoso che se avesse fatto il paraculo».

 

Infine, una piccola curiosità su Kvaratskhelia, che al primo anno di Serie A è risultato uno dei giocatori più decisivi del campionato. «Spalletti – svela Borghini – ha supportato subito questa strada quando gli è stato proposto per sostituire Insigne. Grazie ai contatti che si era fatto allo Zenit aveva avuto modo di vederlo ed era certo potesse fare bene. Ovviamente tutti lo hanno messo nelle migliori condizioni».

 

Uscendo dal calcio, invece, che amico è Spalletti? «È uno Spalletti, parlo al plurale perché metto nel discorso anche suo fratello Marcello: se hai le palle di essere sempre onesto con loro ti migliorano come persona. Al contrario se li costringi a mettersi sulla difensiva beh… sappiamo tutti come va a finire. Lo vediamo ogni tanto in conferenza stampa».