Amoroso, dallo Scudetto sfumato alla scorta: «Quell’anno disastroso ha condizionato la mia carriera»

by Cosimo Bartoloni

Il fulcro della carriera di Christian Amoroso (209 partite in Serie A tra anni Novanta e Duemila) è tutto a Firenze: «Ho fatto tutta l’adolescenza a Firenze», racconta ai nostri microfoni. «Dal settore giovanile alla Primavera e poi in prima squadra. Nel mezzo un campionato vinto in prestito all’Empoli, in Serie B. I ricordi di Firenze sono più che positivi, abbiamo vissuto anni fantastici, giocando campionati ai vertici e giocando la Champions. Poi c’è stato il fallimento, che è stato disastroso. Alti e bassi veramente tosti».

Amoroso, gli alti e bassi alla Fiorentina

Tutto, o quasi, passa da quegli anni. La sua carriera è promettente come promettente è quella Fiorentina pop, piena di fenomeni: «Pensa che per me era normale condividere lo spogliatoio con quei campioni. Da una parte avevo Batistuta, dall’altra Torricelli. Mi sembrava una cosa normale. Me ne sono reso conto solo dopo del privilegio che ho avuto».

Le punizioni di Batistuta

Il ricordo di Batistuta, per Amoroso, è nitido. Indimenticabile: «Aveva un problema alle caviglie da sempre ma non gli ho mai visto saltare un allenamento. Era un esempio per tutti sul campo e fuori. Era una persona a cui piaceva molto scherzare e lavorare. Restava ore dopo gli allenamenti a provare il suo unico calcio di punizione. Sopra la barriera, potente e forte. Ci ha fatto vincere una marea di partire in quel modo. Io mi fermavo lì a guardarlo. Era impressionante. Era il nostro valore aggiunto in campo».

Il carnevale di Edmundo e lo Scudetto sfumato

Quella Fiorentina ha giocato ai vertici ma raccolto poco e in una stagione in particolare ha sfiorato il paradiso. Serie A 1998/99, viola ‘campioni d’inverno’. A Firenze si sogna, ma domenica 7 febbraio cambia tutto. Fiorentina-Milan 0-0, ma soprattutto Batistuta va ko e Edmundo se ne va al Carnevale di Rio, come da contratto: «Dopo l’infortunio di Batistuta, finita la partita negli spogliatoi siamo andati tutti da Edmundo. Sapevamo che sarebbe partito e abbiamo provato a convincerlo per non partire. Aveva l’aereo per il Brasile subito dopo la partita. Abbiamo provato a farlo ragione ma non ne ha sentito discorsi. Ha preso e se n’è andato. Probabilmente non si rendeva conto della situazione in cui eravamo. Eravamo primi in classifica, entusiasmo a mille, stadio pieno. Era un’occasione unica per noi, ma Edmundo non l’ha capito. Ha preso l’aereo ed è andato al Carnevale. Siamo rimasti senza lui e Bati. E lo Scudetto se n’è andato lì. Quando è tornato la situazione non era più la stessa».

«Il gol a Barcellona? Una serata terribile»

Scudetto sfumato, la Fiorentina chiude al 3° posto con grandi rimpianti ma una consolazione non da poco chiamata Champions League. Amoroso si toglie pure la soddisfazione di segnare al Camp Nou contro il Barcellona, ma quando gli chiediamo se questa sia stata la sua più grande soddisfazione personale, un po’ ci spiazza: «Assolutamente no. Quella sera è stata terribile. Non abbiamo mai preso la palla. È stata una partita veramente difficile: avrò giocato 70 minuti, ho toccato pochi palloni. Questi giocavano con tre secondi davanti a noi. Me la sono portata dietro per tanto tempo quella partita. Il gol non ha contato nulla per me, nonostante fosse in uno stadio prestigioso come quello».

«Uscivamo dagli allenamento con la scorta»

Poi, il declino. La Fiorentina di Vittorio Cecchi Gori («un grande presidente, una persona di cuore, che ha speso tanto e che secondo me dava fastidio a qualcuno. Forse l’hanno voluto fare fuori, perché c’erano altri club con una situazione simile alla nostra») è sormontata dai debiti e nella stagione 2001/2002 prima retrocede e poi fallisce. Amoroso si ricorda molto bene di quella stagione: «L’ultimo anno è stato veramente disastroso e non riuscivamo a venirne fuori. Ci trovavamo il martedì agli allenamenti dopo aver perso la domenica e ci dicevamo che il weekend dopo saremmo riusciti a ripartire, poi succedeva sempre qualcosa che ci impediva di riuscirci. La squadra era buona, c’erano Adani, Torricelli, Di Livio, Nuno Gomes, Mijatović, Chiesa anche se poi s’infortunò gravemente. Però si era innescato un meccanismo strano da cui non siamo riusciti a uscire. C’era l’aspetto economico che pesava, non ricevevamo gli stipendi e questo creava malumori. Poi andavamo agli allenamenti e c’erano duemila persone che purtroppo non ci dicevano parole carine. Uscivamo dal campo con la scorta della digos… è stato un brutto epilogo visto quello che avevamo vissuto pochi anni prima. Credo che quella stagione un po’ mi abbia condizionato anche la carriera».

«Oggi alleno. Voglio divertirmi e poi vediamo»

Dopo la Fiorentina, Amoroso va al Bologna dove vive altri tipi di alti e bassi. Gioca 214 partite tra A e B, segna 6 gol. Poi va all’Ascoli e chiude al Pisa prima di lasciare il calcio giocato. Oggi fa l’allenatore con un obiettivo personale ben fissato in mente: «Divertirmi, con applicazione e serietà per fare il meglio possibile, certo. Ma voglio anche vivere alla giornata, senza assilli. Vediamo poi cosa succederà dopo questo campionato». Un campionato che sta andando molto bene con il suo Seravezza Pozzi, squadra di Serie D in provincia di Lucca, a due passi dal Lungomare della Versilia: «È il mio secondo anno qui. Mi trovo veramente bene. Stiamo crescendo, c’è una struttura importante perché la società ha investito tanto. È una delle poche società in Serie D in cui si può lavorare in maniera importante. Ho un gruppo importante: siamo a un punto dalla capolista». Il sogno Serie C è vicino, così come Viareggio, dove tra qualche settimana ci sarà il famoso Carnevale. Se qualcuno dei suoi giocatori dovesse andarci, stavolta non si arrabbierà.