Discovery Anguissa, dal casting del ‘G8’ al Napoli: «Lui come Yaya Touré»

by Francesco Pietrella

Calciatore grazie a un casting. Torneo di giovani promesse. Si chiamava “G8” e al posto dei governi c’erano allenatori di pallone. Occhi attenti su campi in terra, perché la polvere nasconde pepite. Una di queste si chiama Frank Anguissa, è il più alto di tutti e si guadagnerà un soprannome storico. «Sei pulito». Nel senso di elegante, preciso, mai in difficoltà.

Alle origini di Anguissa

Ce l’ha raccontato Alain Djibrilla, primo allenatore di Frank al Coton Sport Garoua, squadra camerunese in cui il mediano del Napoli stregava tutti già a 18 anni. «E senza parlare mai». Neanche quando uno degli allenatori, alla fine del “G8”, gli disse che avrebbe fatto parte di una squadra vera. «Giochicchiava per strada – racconta Alain a Cronache di Spogliatoio –, quando gli dissero che aveva passato la prova abbozzò solo un sorriso». Chissà come mai: in fondo era entrato a far parte di una società storica, il Coton Sport, 15 titoli del Camerun in bacheca e una finale di Champions League africana persa contro l’Al-Ahly. «Frank è sempre stato così, umile e timido. Voleva solo giocare». 

Alain è rimasto legato. Legge «Anguissa» sullo schermo dello Smartphone e ti richiama in tempo zero: «Per lui ci sono sempre, mi dica». Vive ancora a Garoua, Camerun del Nord, circondato dalla savana. Più vicino alla Nigeria che alla capitale Yaoundé. È il responsabile del centro di formazione del Coton Sport: «Ai bambini faccio vedere i filmati di Frank sul cellulare. Per noi è un esempio. Sono contento che abbia già conquistato Napoli. Non ho mai avuto dubbi».

«E stava per sfuggirci!»

Guizzo del d.s. Giuntoli nell’ombra, in pagella nessun voto inferiore al 7. Insostituibile per Spalletti: «Merita lo scudetto», dice Alain. «Il bello è che arrivò da noi senza aver fatto scuola calcio. La stagione era già iniziata, tecnicamente doveva migliorare, ma alcune persone non credevano in lui. ‘Che l’abbiamo preso a fare?’, dicevano. E io mi infastidii molto, perché per me è sempre stato una stella». Anguissa dribbla gli scettici e fa gol: «Tempo due mesi ed era già al livello degli altri, anche meglio. Per lui ero come un padre: gli dicevo di concentrarsi sul gioco e di rubare i segreti dai più esperti. Mi ha sempre ascoltato». Il soprannome storico è nato lì . «I tifosi lo chiamavano ‘6 pulito’ per via dell’eleganza con cui distribuiva il pallone». Anguissa ha giocato a Garoua una sola stagione, 2013/14, poi si è trasferito a Reims. «Se lo meritava».  

Anche se le strade tra Alain e Frank stavano per incrociarsi un anno prima. «Un ex giocatore del Coton mi contattò per parlarmi di un giovane centrocampista 17enne, così incontrai il vecchio capo osservatori di quel tempo e glielo accennai. Lui, dopo averlo visionato in un paio di filmati, disse di no, così non se fece niente. Quel ragazzo era proprio Anguissa, arrivato con una stagione di ritardo. Stava per sfuggirci un talento». Paragonato a una stella ivoriana: «Per me somiglia a Yaya Touré, il suo idolo tra l’altro. Lo stile di gioco è quello, ha solo qualche trofeo in meno…». Alain sorride. «Spero si imponga a Napoli. Visto come comanda il centrocampo? Con lui non si passa, è quasi una legge». Spalletti esegue.