I segreti dell’Aspire Academy, così il Qatar ha ‘comprato’ il talento

by Francesco Pietrella

Il Mondiale del Qatar nasce in un pantano ai confini del pallone, dietro i vetri oscurati di un suv su cui viaggiano sogni, contratti, depliant. In uno di questi ci sono due stadi, ascensori in vetro, una piscina olimpica, pavimenti di marmo, una scuola, un palazzo di 5 piani e una “torcia”, cioè un edificio di trecento metri che sorveglia tutti dall’alto. C’è scritto Aspire Academy, un’astronave nel deserto, ma si legge «biglietto di sola andata per il Paradiso». L’occasione di evadere attraverso il calcio. Entrare in una bolla dove si gioca e basta, senza pensieri, in tutti gli sport, tanto al resto pensa il Qatar. 

Filosofia dell’Aspire

Della nazionale si sa poco, campione d’Asia nel 2019 grazie a un bomber nato in Sudan, Almoez Ali, manifesto di un progetto ombroso con cui gli emiri hanno setacciato l’Africa a caccia di talento, promettendo un futuro migliore nel Paese del petrolio. Dell’Aspire. Andiamo con ordine. Per capire la filosofia dell’Accademia basta uno sguardo al sito ufficiale. Tre parole: «Eccellenza, professionalità, lavoro di squadra». La missione è «costruire giovani campioni ben istruiti». Aiutati dai migliori comfort, strutture all’avanguardia dove formare i calciatori. L’Aspire è nata nel 2004 grazie a un decreto dell’ex emiro Hamad Al Thani. Otto anni prima aveva stanziato 150 milioni per fondare Al Jazeera.

Football Dreams, quali sogni?

Tennis, pallamano, basket, calcio. L’accademia  tratta vari sport, ma il core business è il pallone. Da qui i suv di cui parlavamo. Per anni l’Aspire ha cercato talenti attraverso “Football Dreams”, «il ponte per il calcio professionistico», un’idea nata nel 2007 grazie a un input di Josep Colomer, l’uomo che ha scoperto Leo Messi in una periferia di Rosario e l’ha portato alla Masia. Vecchio capo scout del Barcellona per più di un decennio. Negli ultimi 15 anni – tra America Latina, Asia e soprattutto Africa, dove Football Dreams è presente in 13 Stati, dal Kenya all’Uganda – sono stati testati circa 3,5 milioni di ragazzi secondo un preciso iter di selezione. Si partiva con un partita di calcio a 11 di circa mezz’ora, utile per una scrematura, poi venivano selezionati i migliori 50 giocatori. Questi venivano ospitati per 10 giorni nella sede dell’Aspire a Doha e valutati da Colomer in persona. Infine, i venti ragazzi più meritevoli tra tutti i 13 paesi entravano a fare parte dell’accademia. Football Dreams, inoltre, permetteva ai ragazzi di studiare fino alle scuole superiori. Un Paradiso mascherato: nel 2016, infatti, la Fifa ha scoperto che alcuni ragazzi erano più grandi dell’età dichiarata.

I suv sotto casa

Nel 2018 l’americano Sebastian Abbot ha pubblicato un libro-inchiesta chiamato «The Away Game», dove racconta la sconfitta di Football Dreams e il giro dei petrodollari dietro i sogni dei ragazzi. Ad oggi il progetto è stato ridimensionato, ma sul sito ufficiale dell’Academy c’è ancora il modulo di partecipazione. Stephen Babalola, uno dei ragazzi ‘vincitori’, qualche anno fa ha raccontato l’iter a Rivista Undici: «C’erano pubblicità in continuazione. Alla radio e alla tv giravano sport che annunciavano data, luogo e ora della selezione. Giocammo 40 minuti, venni preso subito, poi i signori della Aspire si recarono con il loro Suv a casa dei miei genitori e gli mostrarono alcune foto. Un hotel di lusso, campi da calcio, infrastrutture all’avanguardia. ‘Suo figlio vivrà qui’, dissero. Cosa potevamo rispondere?». 

Naturalizzazioni

L’Aspire è proprietaria di due squadre professionistiche in Europa: l’Eupen in Belgio e il Cultural Leonesa in Spagna. Hanno anche una partnership con il Leeds. L’obiettivo è diventare il «miglior vivaio del mondo». L’Eupen è stato il primo club acquistato dall’Aspire per 4 milioni, e quasi tutti i giocatori della Nazionale sono passati da lì. Molti di questi non sono neanche nati in Qatar. Se prendiamo gli ultimi 23 convocati del c.t. Felix Sanchez infatti, catalano di Barcellona, una vita in blaugrana prima di sposare il progetto Aspire, molti sono stati naturalizzati: Rò-Rò è nato in Portogallo, Alaaeldin in Egitto, Boudiaf in Francia, Khoukhi in Algeria, Muntari in Ghana e Almoez Ali in Sudan. 

Curiosità e mistero

Quest’ultimo è il secondo miglior marcatore della nazionale, 39 gol in 74 partite, capocannoniere dell’ultima Coppa d’Asia con 9 guizzi. Ali è nato a Khartoum, in Sudan, ed è stato uno dei fortunati ad aver vinto Football Dreams. Negli ultimi anni la caccia si è fermata, anche se l’argento ai Mondiali di pallamano nel 2016 resta controverso: il Qatar arrivò in finale con 13 giocatori su 16 naturalizzati, freschi di un premio partita da un milione di euro e un mensile da 30 mila. Nel calcio è un’altra storia. A novembre si giocheranno il Mondiale contro Olanda, Ecuador e Senegal. Un girone tosto, ma non impossibile. Nel 2021 i qatarioti hanno vinto 12 partite su 24, con 5 pareggi e 7 sconfitte, quasi tutte contro le big europee. Intorno ai ragazzi di Sanchez c’è curiosità. Alcuni di loro saranno lì grazie al famoso depliant.