Baldanzi: «Non so che pillola abbia usato Ranieri, ma ha toccato i tasti giusti»

by Alessandro Lunari

Provate a immaginare. Avete 21 anni, giocate nella squadra in cui siete cresciuti e vi arrivata una telefonata. Dall’altra parte, c’è uno dei più forti centrocampisti di sempre, Daniele De Rossi, pronto a puntare su di voi per rinforzare la sua Roma. Non serve altro per convincervi: «Venendo da un posto piccolo come Empoli, il primo giorno in cui sono entrato a Trigoria, ho detto: ‘Oddio, 400 persone. Lavorano tutte qua?’. Mi è servito un attimo, mi sono sentito spaesato».

L’approdo di Tommaso Baldanzi in giallorosso è andato più o meno così: «La trattativa è stata semplice. Avevo detto al mio agente di non dirmi nulla: ‘Tu fai, quando poi si avvicina l’ufficialità me lo dici’. Non mi piace sapere prima le cose perché magari poi non si avverano. Poi mi ha chiamato: ‘Tommy, dobbiamo andare. C’è la Roma. Va bene?’. E io: ‘Certo, ci mancherebbe’».

Poi il cambio d’allenatore, le difficoltà con Juric e una stagione salvata da Claudio Ranieri, ma andiamo con calma.

 

L’ha voluto De Rossi, è cresciuto con Ranieri


Tommaso Baldanzi è arrivato alla Roma alla fine del mercato invernale del 2024
. Ha lasciato la sua Empoli per giocarsi le proprie chances in un top club. Ha vissuto di persona l’addio del mister che, insieme alla dirigenza, lo aveva portato in giallorosso: «Mi è dispiaciuto molto per l’esonero di De Rossi. È stato lui a portarmi qui, mi ha fatto capire subito quanto mi volesse. Ha dato l’opportunità a un ragazzo di passare da Empoli a una grande squadra come la Roma. Lavoravamo tanto insieme, sentivo quanto credesse in me. E poi era stata la prima persona che avevo conosciuto qui. Si era speso molto per portarmi alla Roma».

Un rapporto durato 9 mesi, poi è arrivato l’esonero per De Rossi. Dopo la parentesi Juric, a salvare la stagione ci ha pensato Claudio Ranieri: «Non so che pillola abbia usato per noi, ma ha toccato i tasti giusti. Ha riportato serenità e gioco: è stata una figura importantissima per noi, per dove eravamo e per come stavamo. Non credo ci sia stata proprio una chiave e forse proprio quella è la cosa bella. Sapevamo di doverci svegliare. Ci dicevamo: ‘Dobbiamo vincere più partite possibili per salvare la stagione’, non avevamo un obiettivo in particolare». E poi, sono arrivati a giocarsi la Champions League all’ultima giornata.

Una Roma in fondo alla classifica, d’altronde, non si vedeva da decenni: «C’era tanta tristezza e rabbia. In questo spogliatoio ci sono calciatori veramente forti. Se non arrivano i risultati, già inconsciamente sei arrabbiato, figurati quando sei consapevole della tua forza».

Il gruppo non si è mai disunito, anzi: «Ci siamo parlati più volte, era giusto farlo. Dovevamo dare una svolta. Ci siamo riusciti, non so se più per merito del mister, degli allenamenti o del duro lavoro. La cosa più bella è che abbiamo sempre provato ad uscirne da gruppo». Non scontato, affatto. Con Ranieri la Roma è arrivata a sognare anche un posto in Champions, dopo 19 risultati utili consecutivi in campionato.

 

Una stagione e mezza alla Roma: da Dybala ai primi gol all’Olimpico

In un’annata a due volti, Tommaso è comunque riuscito a ritagliarsi il proprio spazio. Il mister ne ha parlato spesso: lui e Pisilli rappresentano il presente e il futuro. «Ranieri mi ha dato tante opportunità, ho sempre sentito la sua fiducia: anche non partendo titolare, ho giocato grandi spezzoni di gara, utili per la squadra e per mostrare le mie qualità». Anche i Friedkin, nelle difficoltà, sono stati vicini alla squadra: «Prima di tutte le partite importanti, li abbiamo sempre incontrati. Hanno dato un segnale forte per farci capire quanto ci tenessero».

In questa stagione, Baldanzi si è tolto anche la soddisfazione di realizzare i primi due gol in maglia giallorossa. Il primo, quello contro l’Udinese, all’Olimpico: «Volevo esplodere tutta la mia gioia sotto la curva, ma il momento era un po’ particolare. Ho pensato: ‘Forse è meglio di no’. Però gol e assist sono stati il mio punto debole quest’anno: ho fatto belle prestazioni, ma a livello personale avrei voluto fare di più». Il primo critico di se stesso.

L’esordio, ovviamente, era già arrivato nella passata stagione. De Rossi lo ha mandato in campo contro il Cagliari, al posto di Paulo Dybala. Si è parlato di un passaggio di consegne, il tempo risponderà: «Avevo già giocato all’Olimpico contro la Roma, ma quando quella gente è dalla tua parte fa ancora più impressione. Entrare in campo, al posto di Paulo, è stato emozionante: lui è una persona d’oro, davvero, oltre che il più forte con cui abbia giocato. Vorrei anche vedere…».

 

L’Empoli raccontato da chi ci è cresciuto: l’amicizia con Asllani e quel gol a San Siro

Roma è solo l’ultima tappa del viaggio di Baldanzi. Il classe 2003 è arrivato dopo aver lasciato il ‘suo’ Empoli. Tommaso è uno dei tantissimi talenti lanciati dal vivaio del club toscano, fiore all’occhiello per tutta Italia: «Noi ci scherziamo, ma il vivaio di Empoli è come un forno: ogni anno escono ragazzi fortissimi. Anche lì, non so quale sia la pillola giusta, ma il lavoro che fanno con il settore giovanile è incredibile. Ci sono persone, anche anziane, che curano tutto in maniera maniacale e il presidente Corsi è fantastico per questi aspetti».

Baldanzi, Asllani, Ricci, giusto per citare i più recenti: «Empoli è una piazza perfetta per un giovane: ti danno la possibilità di crescere, di sbagliare. Altrove sarebbe molto più difficile emergere e alla lunga potrebbe penalizzarti. È stato un onore crescere in quel vivaio: mi hanno insegnato a stare al mondo. Sono stati 13 anni di pura gioia. Alcuni sono stati come dei secondi padri per me, li ringrazierò per sempre».

Nel settore giovanile è riuscito a vincere due Scudetti, uno con l’U16, l’altro con la Primavera realizzando addirittura una doppietta nella finale contro l’Atalanta. Al suo fianco, l’amico di una vita, Kristjan Asllani, fresco finalista di Champions League: «Non gli ho ancora mandato un messaggio, non volevo rompergli. E poi ci siamo visti da poco. Abbiamo un bellissimo rapporto, ci sentiamo spesso. Sono davvero contento che abbia raggiunto un traguardo del genere».

Per un po’, ad Empoli, hanno anche condiviso la stanza: «Eravamo in camera insieme, gli voglio davvero bene, ma aveva un grande difetto: non sentiva le sveglie. Le fissava un’ora e mezza prima, così un giorno non ce l’ho fatta più e gli ho detto: ‘Fermati, fermati! Le metto io e ti chiamo’. Me lo ricordo ancora».

Hanno fatto il salto in prima squadra praticamente insieme: «Quando mancava qualche calciatore, ci chiamavano per gli allenamenti. Correvamo come dei pazzi. Io e Asllani eravamo piccoli, ma ci cambiavamo nello spogliatoio con loro: ci trattavano tutti come fossimo già parte del gruppo».

Con la maglia dell’Empoli, Baldanzi si è anche tolto la soddisfazione di segnare un gol a San Siro contro l’Inter per regalare una vittoria storica ai toscani: «Lì non ci ho capito davvero più niente. Segnare in uno stadio del genere è il sogno di ogni ragazzino. E poi non ha prezzo: quel gol ci ha fatto vincere la partita avvicinandoci al nostro obiettivo».

 

Il ‘Piccolo Buddha’ che ha portato allo Scudetto l’Empoli Primavera

Addosso sempre quel numero 35, che si è portato anche a Roma: «Ci sono molto legato adesso, ma all’inizio non c’era un vero e proprio motivo. Ero con i magazzinieri dell’Empoli, dovevamo sbrigarci e scegliere velocemente il numero perché dovevo andare in panchina. C’erano il 32, il 33 e il 35. Ero indeciso: ‘Non lo so, boh’. E uno di loro: ‘Dai, metto il 35’. L’anno dopo, quando ero in pianta stabile in prima squadra, gli ho detto: ‘Eh ormai avete deciso, mettete il 35’. C’era libero anche il 10, il mio numero preferito da bambino, ma ero sicuro: ‘No, abbiamo deciso il 35. Andiamo avanti con quello’. E quindi a Roma è venuto da sé prenderlo».

Tommaso ha deciso di lasciare Empoli, dopo 13 anni. È riuscito nell’impresa di decidere una finale Scudetto con 2 gol in finale contro l’Atalanta: «Si è chiuso un ciclo. Era un gruppo bellissimo, molto unito. Ci divertivamo davvero tanto. Nessuno avrebbe mai scommesso un euro su di noi, è stata una cavalcata stupenda. È stato bello finire in quel modo, prima che ognuno prendesse la sua strada».

Alla guida di quella squadra c’era mister Buscé, il primo a credere in lui: «Insieme abbiamo vinto anche il campionato con l’U16. Ricordo ancora un suo discorso: ‘Tommy, devi credere di più in te e nei tuoi mezzi perché sei veramente forte’. Da lì, sono esploso, quelle parole mi hanno aiutato molto».

Baldanzi è stato un vero e proprio pupillo per Buscé, che lo chiamava con un soprannome alquanto particolare e curioso ‘Piccolo Buddha’: «Non sono mai riuscito a darmi una spiegazione. Me lo continuo a chiedere anch’io. In realtà, un motivo c’è, ma non l’ho mai capito. Con il mister ho avuto sempre un rapporto bellissimo, ci sentiamo ancora molto spesso».

 

You’ll never walk alone: un nonno per sempre

Prima di Empoli, Tommaso è cresciuto nei campi del Castelfiorentino. Agli allenamenti e alle partite lo portava il nonno. Se lo è tatuato sul suo braccio sinistro, mano nella mano, la maglia numero 10 e ‘You’ll never walk alone’. Nessun riferimento al Liverpool, ma solo alla figura che di fatto gli ha tramandato la passione per il calcio: «Era lui l’unico un po’ appassionato di calcio. Mio padre ha giocato a basket, mia mamma non ci ha mai capito nulla. Ogni giorno mi portava a giocare, poi purtroppo se n’è andato. Ho dei ricordi incredibili con lui, per questo ho deciso di tatuarmelo».

Da ragazzino, Tommaso era un tipo vivace. Ogni tanto saltava scuola per andare ad aiutare i suoi genitori nel mercato vicino Siena: «Ero un bambino difficile da gestire, un po’ agitato. Non mi piaceva la scuola. Ma non avevo neanche un idolo, un modello da emulare: sognavo semplicemente di riuscire a giocare a calcio. Non avrei mai immaginato di arrivare in una squadra del genere. Al massimo speravo di fare qualche presenza in Serie A».

Ma è presto per dire di ‘avercela fatta’: «So di aver raggiunto un obiettivo molto difficile, che in tanti sognano. Ma non ‘ce l’ho fatta’ ancora».

 

L’Azzurro addosso: la finale U20 persa e il sogno EURO 2025

La stagione è ormai vicina al termine, ma per Baldanzi sarà un’estate diversa dalle altre. C’è un Europeo da giocare e provare a conquistare con l’azzurro dell’Italia U21 di Carmine Nunziata: «Sarà un torneo difficile, dopo un’annata pesante e contro squadre molto preparate. Anche qui, siamo a fine ciclo: dal prossimo anno non ci saremo più. A patto che ovviamente non ci chiami la Nazionale maggiore: sono stato convocato dal CT Mancini per lo stage, è stato molto bello ed emozionante. Ci teniamo a far bene: abbiamo sempre disputato delle grandi amichevoli o ottime partite nella fase di qualificazione. Ora vogliamo arrivare il più lontano possibile, non dico altro».

Con la maglia dell’Italia, nel 2023 Baldanzi ha sfiorato il Mondiale U20, dove si è dovuto accontentare dell’argento dopo aver perso la finale contro l’Uruguay: «Vorrei cancellare quella partita dalla mia testa. È stato un peccato, perché eravamo un gruppo in cui nessuno credeva: con il campionato ancora in corso, molti non erano potuti venire. Eppure abbiamo fatto benissimo, ci divertivamo, eravamo molto uniti perché siamo cresciuti insieme. È mancata davvero solo la finale».

Il prossimo obiettivo è togliersi una soddisfazione con quell’Azzurro addosso, prima di ricominciare ancora con la Roma: «Sogno di vincere qualcosa con questa maglia». Sempre accanto a Dybala. In un’intervista passata, aveva detto di non rientrare neanche in una scala da 1 a 10, se paragonato alla Joya. Oggi qualche step l’ha fatto: «Siamo a due, forse…».

Intanto è innamorato follemente di Roma. Il merito è anche di Edoardo Bove, suo ex compagno in giallorosso e proprio in Nazionale: «Siamo amici anche fuori dal campo. Mi ha aiutato tantissimo dal primo istante in cui ho messo piede a Roma. Ha pensato a tutto lui. Mi diceva: ‘Ti serve uno per trovare casa? Chiama qui. Oppure vuoi un ristorante? Vai qui, fidati’. Io venivo da un paesino piccolo, con due ristoranti. Figuriamoci».

Insieme condividono anche la passione per il tennis. Tommaso ha conosciuto Flavio Cobolli, grande amico di Bove e tifoso della Roma: «Da piccolo ci giocavo, mio padre mi ha trasmesso questa passione. Lo seguo molto e ora, avendo la fortuna di essere a Roma, ne ho approfittato per seguire gli Internazionali d’Italia. Mi dispiace che Flavio sia uscito, ho avuto la fortuna di conoscerlo. È un ragazzo d’oro. Faccio per forza il tifo per lui». Proprio come per la Roma.