Barrow: «Se ho un problema, Mihajlovic c’è sempre. Ricordo quando giocavo nel mio villaggio in Gambia…»

by Redazione Cronache

L’attaccante del Bologna, Musa Barrow, ha parlato del rapporto con Sinisa Mihajlovic e della sua esperienza in rossoblù durante la lunga intervista rilasciata a Sportweek, il settimanale de La Gazzetta dello Sport in edicola oggi.

TIMIDEZZA – «Il calcio un po’ mi ha cambiato, ma nella vita di tutti i giorni sono molto timido. Nelle videochiamate con mia madre guardo di qua e di là, quasi mai lo schermo. Se devo essere sincero, per me non è facile fissare negli occhi nessuno».

MIGLIORARE – «Devo lavorare di più e fare quello che mi dice il mister. Ogni giocatore ha qualcosa dentro, ma ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a tirarla fuori: io ho Mihajlovic. Quando sono arrivato a Bologna, il mister mi prese da parte e mi disse: “Io so qual è il tuo carattere, so che sei buono come il pane. Ma, almeno quando tiri in porta, devi diventare cattivo. Non è facile, lo so, ma devi provarci”. Lavoro su questo, diventare più cattivo. Mi ha appena fatto vedere un video coi gol di Maradona».

MIHAJLOVIC – «Con lui posso anche scherzare. Rido quando lui veste come un giovane. Certe scarpe, i cappelli. Mi dice: “Ridi? E che hai da ridere?”. Non ho mai incontrato uno come lui, mai. Con il mister posso parlare. Se c’è qualcosa che non mi piace, che mi dà fastidio, posso parlarne con lui sapendo che potrà aiutarmi. Per un giovane è importante non avere paura di parlare col proprio allenatore. Quando ho bisogno, lui per me c’è».

OBIETTIVI – «Voglio arrivare il più in alto possibile. So quello che ho passato per arrivare in Europa, dove mi dicevo che sarebbe cominciata davvero la mia vita. I mesi di attesa in Gambia dopo il primo provino all’Atalanta, perché ero ancora minorenne e non avevo il “visto”. Quando sono nel tunnel in attesa di entrare in campo, e al mio fianco ho giocatori famosi, penso: “Devo essere alla loro altezza. Devo meritare di stare accanto a loro. Devo diventare, come loro”. Da ragazzo non pensavo che sarei arrivato a questo livello. Ora che mi è stata data questa opportunità, ho il dovere di sfruttarla»

AMICI – «Parlo e scherzo con tutti, anche con quelli che non capiscono bene l’italiano, come Tomiyiasu: lui dal tono intuisce che ho fatto una battuta, e ride. A Bologna vivo con mio fratello più grande. Ha 38 anni e non ha avuto la mia fortuna nel calcio. In Gambia gli amici mi dicevano fosse forte, ma all’epoca era difficile farsi vedere dai club europei».

FAMIGLIA E PASSATO – «È venuta l’anno scorso, poi per colpa del Covid non è riuscita a tornare. Ci siamo rivisti adesso che sono andato in nazionale. Mia madre insegna a scuola ai bambini, come faceva mio padre, e ha insegnato ai suoi figli a vivere. Io pensavo solo al calcio, giocavo per strada dalla mattina alla sera con gli amici. Non vivevo in una città, ma in un piccolo villaggio. Alle sette del mattino eravamo già fuori con la palla e la gente usciva dalle case per insultarci. Mamma voleva che io studiassi, ma io avevo in testa solo il calcio. Siamo quattro figli, io sono il più piccolo, e tutti, tranne me, hanno studiato. Uno dei miei fratelli è architetto in Gambia, mia sorella studiava Medicina quando si è ammalata di tumore. L’hanno operata in America, adesso vive là, si è sposata e ha due figli. Mio padre non l’ho mai conosciuto. È morto che avevo due mesi. A mia madre non ho mai chiesto come. So soltanto che gli somiglio negli atteggiamenti. Almeno, così dice lei Quando chiedevo un paio di scarpe da calcio, lei c’era sempre. Ma quando le chiedevo soldi per uscire con gli amici, per esempio, lei rispondeva: “Prima bisogna pensare alla vita, poi al resto. Prima vado a comprare il cibo, poi pensiamo al resto”. Ancora oggi, quando lei parla io devo stare zitto. Le porto rispetto. Mi chiama dopo ogni partita: ‘Ti ho visto cadere, come stai?’. E io, anche se mi sono fatto male, le dico che sto bene, altrimenti continua a chiamare»

IDOLO – «Andavo matto per Zidane, mi tagliai i capelli come li portava lui. Dopo mi è piaciuto Totti. Io non sono come loro, ma devo diventare come loro».