Baschirotto story, il fratello: «Vi racconto Fede, dai trattori alla Serie A»

by Francesco Pietrella

Metti un’estate diversa, insolita, alla guida di un trattore. I fratelli Baschirotto la vivono così, uniti e spensierati. «Piantiamo anche i pomodori». Guai a parlare di peso, stanchezza: «Ma va, per noi è un piacere. Aiutiamo solo l’azienda di famiglia. In più stiamo studiando all’università». Scienze zootecniche e tecnologie delle produzioni animali. «Chissà, magari ci servirà in futuro». Federico ormai si conosce, centrale dalle spalle larghe e il fisico scolpito, una delle rivelazioni del Lecce di Baroni, mentre Francesco, suo fratello, ara la fascia del Caldiero in Serie D. «Vietato mollare. Federico me lo ripete di continuo. ‘Hai 22 anni, io alla tua età non ero così forte. Hai una tecnica migliore della mia’». Fiducia.

L’animatore di Udogie

Dopo nove anni nel settore giovanile del Verona insieme a Kumbulla, Baschirotto junior – il quarto e ultimo dei fratelli – ha scelto di dimostrare il suo valore in quarta serie. Come Federico del resto, prima a Legnago e poi alla Vigor Carpaneto: «La sua volta. Molte persone dicono ‘ok, il treno è passato’. Lui no. Mi disse così, ‘ora gioco le mie 35 partite e poi torno tra i professionisti’. Ha avuto ragione lui». Perseveranza: «Mio fratello è un esempio. Prima del debutto contro l’Inter mi chiama e fa, ‘tre anni fa ero in Serie D, ora marcherò Lukaku. Mi sembra impossibile’. E invece è tutto vero. Il bello sai qual è? Abbiamo passato anni con l’album panini tra le mani a scambiare le figurine, ora affronterà quei giocatori uno dopo l’altro». Uno di questi resta speciale: «La storia è nota, ma da ragazzino è stato l’animatore di Udogie, oggi all’Udinese. Ricordo partite infinite al campetto della chiesa, dentro l’oratorio. Io e Destiny in campo a fare casino, Federico fuori». Udinese-Lecce è già cerchiata in rosso sul calendario, 4 novembre: «Sarà strano, ma anche divertente. Se chiudo gli occhi mi viene in mente un fuscello che dribblava tutti». Proprio come fa oggi in Serie A, già acquistato dal Tottenham per il prossimo anno. 

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Una famiglia di calciatori

A casa Baschirotto la famiglia è sacra. «Federico indossa il numero 6 proprio per noi. Mamma, papà, io, lui e i nostri due fratelli. Uno ha quarant’anni, l’altro 35. Anche loro hanno giocato a calcio. L’ultimo si è infortunato un paio di volte al crociato e ha smesso presto. Era nella Primavera del Verona». Curiosità: «Siamo tutti difensori. Io sono come Fede tra l’altro, centrale o terzino». Chissà quante partite in giardino, o nel prato fuori l’azienda: «È un’idea. Dovremmo giocare davvero tutti insieme, sarebbe bello». Intanto si godono un fratello in Serie A, nove partite senza mai uscire. Orgoglio: «Federico non ha mai pensato ad altro. È partito dalla Promozione, ha giocato tre anni in D ed eccolo qui, titolare a Lecce». 

«Si allenava alle 7 di mattina»

Mentalità alla Sergio Ramos: «Un paio di anni fa l’ho visto allenarsi alle cinque di mattina dopo tre o quattro ore di sonno. La partenza per il ritiro era programmata intorno alle 7, ma lui non voleva perdere il giorno di seduta. Si è fatto un’ora di allenamento, una doccia veloce e poi è partito». Maniacale fin da ragazzino: «A casa giocavamo con una palla di spugna e rompevamo tutto. Quanti schiaffoni abbiamo preso…». Federico ne ha incassati un paio anche dalla vita: «A 16 anni è stato scartato dal Chievo, e quando è ripartito dalla D dopo un paio di stagioni tra i professionisti era demoralizzato. Sarà durato due giorni però. Tempo di rimettersi in sesto, pensare al futuro e focalizzarsi su un nuovo obiettivo». La Serie A.

Alimentazione e mentalità 

Uno dei suoi segreti resta l’allenamento. Maniacale anche qui: «Sono otto anni che va in palestra. Ogni tanto gli diciamo di mangiare una bistecca alla fiorentina o un piatto di pasta fatto bene. Lui niente: riso e pollo. Dolce? Figurati. Mio fratello è fissato con la linea». E con il calcio: «Da bambino, al campetto della chiesa, giocava in attacco e segnava, ma poi ha sempre fatto il difensore. Il bello è che all’inizio non gli piaceva! ‘Ora voglio fare gol’, diceva». Sia lodata la metamorfosi. O un patto tra fratelli stipulato durante una festa: «Eravamo Nogara, a casa nostra. Stavamo festeggiando la chiamata del Lecce in Serie A. Era pieno di gente, ma a un certo punto ci siamo sussurrati all’orecchio la stessa cosa, abbracciandoci forte. ‘Dai che un giorno giocheremo insieme…’. È un sogno, nulla più». Federico ha dimostrato che i sogni si realizzano.