Beppe Marotta ha raggiunto la sua terza finale di Champions in 10 anni

by Lorenzo Cascini
Marotta

‘Bambino, qui non puoi stare. Dovresti andare via’. «La prego, mi faccia rimanere. In cambio le darò una mano con sacche e palloni».  Beppe Marotta nel mondo del calcio ci entra così, grazie a una trattativa chiusa in modo furbo con il custode del centro di allenamento del Varese. «Tu mi fai restare a guardare la squadra, io in compenso ti do una mano». Affare fatto. Giuseppe – per tutti Beppe – aveva 8 anni e iniziava a respirare l’aria dello spogliatoio della squadra della sua città, Varese. Dieci anni dopo era già responsabile del settore giovanile. Un predestinato.

Beppe Marotta però non è un uomo solo di calcio. Tra i banchi del liceo classico Cairoli, se ci si aggirava nelle ultime file, si potevano sentire discussioni infinite su calcio e politica. Tra un discorso di Roberto Maroni – leader leghista recentemente scomparso – e una risposta di Attilio Fontana, oggi presidente della Regione Lombardia, si infilava lui, Beppe. Uno che la politica negli anni a venire l’avrebbe applicata al calcio. Sognava di entrarci da tecnico del calcio, senza partito, ma per dare una mano. Poi la vita l’ha portato da un’altra parte. Probabilmente colpa del pallone e di quell’accordo con il custode.

Marotta, da Recoba a Vieri e Fantantonio

Il suo obiettivo è sempre stato quello di lasciare il segno. Da quando portò Recoba a Venezia o Vieri a Ravenna. Il primo era un funambolo uruguaiano un po’ svogliato ma dalla classe cristallina, il secondo un ragazzone che arrivava dall’Australia e non trovava la giusta fiducia. Scommesse vinte su tutta la linea. Questione di occhio, fiuto e lungimiranza. Recoba a Venezia fa la sua miglior stagione in coppia con Maniero, Bobo raggiunge per la prima volta in carriera la doppia cifra. Niente viene lasciato al caso. A Genova fece ritrovare Cassano, nonostante un rapporto particolare con Garrone, andandolo a prendere per i capelli a Madrid e facendolo diventare l’idolo della città. Dalle giacche di pelle e i fischi del Bernabeu ai numeri al Ferraris con il 99 sulle spalle. Ancora Fantantonio, anche grazie a Beppe.

«Chiama la Juve? Impossibile dire di no»

Marotta alla Samp è stato 8 anni. Ha salutato dopo aver portato la squadra ai preliminari di Champions. «Chiama la Juve? Impossibile dire di no». È stato lui l’uomo scelto da Agnelli per ripartire e Beppe non se lo fa ripetere due volte. Accetta subito, piazza colpi, aiuta Conte a riformare lo spogliatoio e forgiarne la mentalità. Senza mai prendersi meriti. «I complimenti vanno fatti all’allenatore. O al massimo a Paratici». Fabio, il suo allievo. Dalla Samp alla Juve, sempre insieme fino all’arrivo di CR7 e alla separazione di Marotta dal club bianconero.

Pirlo, Vidal e tanti parametri zero

Le operazioni che si possono citare sono tantissime. Guizzi, affari. Marotta è uno che gioca d’anticipo, che sa toccare le corde giuste e convincere i giocatori. Da Andrea Pirlo preso a parametro zero dal Milan a un altro campione del mondo, Andrea Barzagli, andato a recuperare a prezzo di discount al Wolfsburg. Senza dimenticare Vidal, strappato al fotofinish alla Fiorentina di Corvino, Tevez e soprattutto Pogba scovato dal Manchester United di Ferguson grazie a un’operazione condotta in tandem con Mino Raiola. 

Oggi Beppe Marotta è alla terza finale di Champions negli ultimi dieci anni. Due con la Juve, una con l’Inter. Guai, però, a chiamarlo caso o a dargli del fortunato. Marotta è arrivato a Milano con l’idea di tornare a vincere e ha tracciato la strada per ricominciare a farlo. Per prima cosa, si è ripreso Conte. Poi ha risolto la grana Icardi e ha regalato al suo allenatore una rosa pronta per arrivare in testa alla fine. È così è stato. Vincente, ma stavolta non all’insegna della sostenibilità. Dopo lo scudetto Conte è andato via e con lui Hakimi e Lukaku. C’è stato bisogno di reinventarsi. E adesso, due anni dopo, l’Inter è in finale di Champions. Merito anche di quell’uomo che alla politica preferì il calcio. Ora si va a Istanbul, poi per entrare a Palazzo Chigi, da tecnico, ci sarà tempo.