Tv, pubblicità e 40 anni d’amicizia: la sfida nella sfida di Berlusconi e Cairo

by Giuseppe Pastore
cairo berlusconi

Per la prima storica partita in serie A del loro Monza, Silvio Berlusconi e Adriano Galliani ritroveranno un vecchio amico: Urbano Cairo, presidente del Torino dal 2005, amico di famiglia del Cavaliere da oltre quarant’anni. Il proprietario granata non ha mai fatto mistero di essere un fedele allievo di Berlusconi: entrato nella galassia Fininvest nel 1981, è stato uno dei punti di forza della galassia del Biscione per oltre un decennio. A parte loro due, Monza-Torino sarà anche la prima partita tra due presidenti proprietari di emittenti televisive di diffusione nazionale dopo oltre vent’anni: non accadeva da Napoli-Milan della stagione 2000-01, che aveva messo di fronte Berlusconi e il presidente azzurro Giorgio Corbelli, proprietario di Telemarket.

Monza-Torino, cioè Berlusconi e Cairo

Il primo riferimento a Urbano Cairo compare sul Corriere della Sera (che oggi è di sua proprietà) il 20 marzo 1991. Il titolo era tutto un programma: «Il cocco di Re Silvio», con Cairo descritto come un rampante 33enne vicedirettore generale di Publitalia, la macchina da guerra di casa Fininvest che fatturava miliardi in raccolta pubblicitaria. Le strade di Cairo e Berlusconi si erano incrociate la prima volta nel 1981: mentre si stava laureando in Bocconi, il giovane Urbano aveva vinto una borsa di studio presso la New York University e lì – raccontano le biografie – era stato colpito da una passione travolgente per le tv commerciali. Di ritorno in Italia gli capitò di leggere su Capital un’intervista a Berlusconi, che a un certo punto lanciava un appello: «Se in Italia ci sono giovani brillanti con buone idee, mi scrivano o mi telefonino». E lui lo prese in parola, riuscendo a strappare un appuntamento al Cavaliere e al suo braccio destro Marcello Dell’Utri e a diventare assistente di Berlusconi nel luglio 1981.

Mattina in caserma, pomeriggio da Silvio

«Presi una rubrica del telefono, trovai il numero della Edilnord, chiamai il centralino e riuscii a farmi passare la segretaria di Silvio. La quale però non mi diede speranza, il capo era troppo impegnato… Tre ore dopo la richiamai: senta, devo riferire al dottore due cose che hanno sconvolto il mercato tv americano, se lei non me lo permette gli farà un gran danno», raccontò tanti anni dopo in un’intervista proprio a Capital. «Detto, fatto: tre giorni dopo fui convocato e alla fine incontrai Silvio. Delle mie due idee, una, creare un network di tv regionali più appetibile per la pubblicità, la stava già realizzando. L’altra, puntare sull’informazione, allora era impossibile per via delle leggi sull’interconnessione. Però Berlusconi fu colpito dalla mia voglia di fare e mi prese in prova come assistente. Solo che stavo facendo il militare e dovevo laurearmi. Morale: la mattina andavo in caserma, il pomeriggio da lui e la sera dopo cena finivo la tesi. Finché mi congedai, mi laureai, e dal 1° gennaio 1982 potei lavorare a tempo pieno».

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«Aveva bisogno di una persona che gli stesse vicino: mi piaci, sei sveglio, vieni qua domani mattina a fare il mio assistente. Anzi, come diceva lui, ‘aspirante assistente’, tanto per prendermi un po’ per il culo…». Così Cairo entra come “personaggio fisso” della celebre corte berlusconiana anni Ottanta, con Marcello Dell’Utri, Fedele Confalonieri, Ennio Doris, Giancarlo Foscale, Carlo Freccero e il fratello Paolo Berlusconi. È ospite fisso dei pranzi di Arcore e ogni tanto si fa vedere anche a San Siro: questa foto risale a Milan-Verona del 3 marzo 1986, prima uscita ufficiale di Berlusconi da neo-presidente del Milan, e Cairo spunta all’estrema destra di questa fila in tribuna d’onore… Cairo dichiarava di essere milanista da sempre, anche se una delle sue prime interviste da giornalista pubblicista era stata a Giacinto Facchetti per “La Notte”, storico quotidiano milanese.

Come Urbano diventò Velociraptor

«Mi colpiva la naturalezza con cui Berlusconi realizzava cose molto difficili», dirà in un’intervista del 2005 a Claudio Sabelli Fioretti. «Ma allo stesso tempo mi deprimeva. Lui a rifare il mondo e io a prendere telefonate. Dopo tre anni mi venne la voglia di provare se ero capace anche io». E così, dopo tre anni e mezzo da assistente, Cairo venne lanciato in Publitalia prima come semplice venditore, poi con sempre maggiori responsabilità di uomini e budget. Nel settembre 1991 diventerà amministratore delegato di Mondadori Pubblicità, a capo di «150 uomini che Cairo è pronto a sguinzagliare a caccia di contratti sfruttando tutte le possibili sinergie tra Segrate e Fininvest», come si legge sui giornali d’epoca. E in un paio d’anni, in piena moda di dinosauri da “Jurassic Park”, si guadagnerà il soprannome di “Velociraptor” portando la raccolta pubblicitaria dei periodici Mondadori da 290 a 490 miliardi di lire. Finché nel 1995, uscendo polemicamente da Fininvest per dissidi insanabili con Marcello Dell’Utri e una buona parte del gruppo dirigente (ma non Berlusconi), si metterà in proprio e fonderà Cairo Pubblicità. 27 anni dopo, sono di nuovo pronti a entrare nella stessa foto.