Braida ritrova Galliani, per tornare a cacciare talenti

by Lorenzo Cascini
braida

Ci sono delle volte in cui, quando si illumina lo schermo del telefono, si è già sicuri che la risposta dell’interlocutore sarà si. «Ti piacerebbe tornare a Monza?». Non c’è bisogno di aggiungere o chiedere altro. Ariedo Braida, dentro di sé, ha già detto sì. E Adriano, dall’altro lato del telefono, sorride perché ritroverà la sua spalla. Manca solo l’ufficialità, ma è già storia.

Braida e Galliani una vita di trofei

Come è piccolo il mondo. Braida a Monza ha giocato e ha fatto il direttore sportivo. Anche lì, con Galliani al suo fianco. Tre anni, dal 1981 al 1984, con tanto di promozione in B. Adriano apprezzava Ariedo già come giocatore, discutevano di calciatori a cena e si vedeva che c’era una certa sintonia. Chissà quante ne hanno poi fatte negli anni e quante ancora ne faranno. Nell’84 Braida lascia Monza e va all’Udinese – la prima squadra della sua vita da calciatore – per poi riabbracciare Galliani due anni dopo al Milan. Insieme riempiranno la bacheca rossonera. 

Braida, che ha da poco compiuto 77 anni, è uno schietto, diretto, che non ama fare giri di parole. Parla tanto, ma mai a caso. Se deve dirti una cosa te la dice in faccia e se lo chiami per esporre un concetto ti ascolta e ci ragiona. Di certo non ti manda mai fuori strada. Ha sempre avuto l’occhio, fin da quando giocava, se lo è fatto in provincia e alcune cose ti restano dentro indipendentemente dalla categoria. Scova, guarda partite a ciclo continuo, conosce tutto e tutti e si sa adattare ai tempi. Quest’ultima, qualità non comune. Soprattutto per un uomo del ’46.

Il rapporto con Berlusconi

Oltre a Galliani, a Monza ritroverà anche Silvio Berlusconi. Del presidente è stato fido scudiero e grande consigliere. Imparando a stare un passo indietro, senza prendersi la scena. Scopriva un giocatore? «Il merito è della società e del presidente». Profilo basso. Mai sotto i riflettori, riuscendo a non farsi abbagliare dalla luce che generavano. 

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Se lo chiami e gli chiedi come lavora, ti dirà che lui ha «sempre messo l’uomo al centro dell’universo». Verità assoluta. Ariedo è uno che il talento lo fiuta, lo vede, lo segue, lo cerca. L’aneddoto sull’acquisto di Sheva fa scuola su questo. Volarono a Kiev con Galliani, con Braida che assicurava di aver visto un fenomeno. Si gioca in un campo ghiacciato e Shevchenko non la prende mai. «Ariedo ma sei sicuro?». «Adriano, fidati di me». Dopo la partita va a casa del giocatore, gli offre un contratto e la sette del Milan. «Con questa vincerai il pallone d’oro». Ancora oggi ci ridono su. Come risero allora, convinti che fosse una battuta.

Braida era quello che partiva, andava sul campo, parlava con la famiglia e gli amici del giocatore. Poi se era convinto, si confrontava con Galliani. Così è successo con Kakà e gli altri. Su ogni acquisto di quel Milan stellare c’è il loro guizzo. Anche su Kakà disse «Spacca le difese, prendiamolo». I giornali ci scherzavano, un po’ per il cognome e un po’ per la faccia da Erasmus. Sappiamo tutti poi come è andata. E da Van Basten e Gullit fino a Sheva e Kakà l’iter è sempre stato lo stesso. Così come l’obiettivo: vincere e divertire. 

Ora torneranno a farlo insieme, dopo la separazione del 2013. Ariedo ha lasciato Milanello e Galliani dopo 27 anni. Una vita insieme. «Sarò milanista a vita», aveva detto al momento dei saluti. Oggi sarà lui stesso il primo acquisto del Monza di Galliani, stavolta in anticipo rispetto ai colpi a sorpresa dell’ultimo minuto a cui ci ha abituato negli anni. Quasi a volergli dare una priorità e un’importanza diversa. Non cambierà nulla, saranno ancora loro tre. Il presidente, il Condor e il loro fido consigliere. Che sa come muoversi, con chi parlare ma che soprattutto riconosce il talento con uno sguardo. Tenendo sempre l’uomo al centro dell’universo.