Cambiaghi a Cronache: «Quei dribbling nati su un campo da tennis»

by Francesco Pietrella
cambiaghi

I dribbling di Nicolò Cambiaghi nascono su un campo da tennis in duro cemento, con i pali delle porte fatti con i sassi e un paio di rimproveri. «Sono le 21, andate e casa». Al ‘Porto Pirgos’ di Tropea si gioca fino a sera. Di campi di calcetto neanche l’ombra, quindi ci si arrangia, partitella vicino le ville con i vicini che borbottano. C’è lo scarso che si impegna, il bravino che inventa, lo sprinter che corre e infine lui, Nicolò, fuscello di 8 anni dalle gambe veloci e l’occhio vispo. 

Quelle porticine al mare

Sguscia via tre le maglie di tutti e fa gol. «Quand’ero in vacanza stavo sempre in quel campo da tennis. Giocavo con adolescenti di 13-14 anni e segnavo più di loro. Spesso prendevo una porticina e me ne andavo da solo in riva al mare a provare i colpi di testa. Lanciavo la palla su un muro, accanto agli scogli, e mi allenavo così. Tutto questo al tramonto». Predestinato. Oggi Cambiaghi infila i portieri in Serie B, 7 gol e 3 assist a Pordenone a 21 anni. È un esterno d’attacco estroso. Ha esordito in U21 ed è stato capitano dea Dea. «L’Atalanta è casa. Ho giocato in tutte le categorie, dai pulcini alla Primavera, dove ho vinto una Supercoppa e due campionati. Ormai mi manca solo l’esordio in A, nello stadio dove facevo il raccattapalle». 

La storia d’amore con l’Atalanta

A metà chiacchierata Cambiaghi ci invia una foto di quei tempi. C’è lui con fratino arancione in mezzo al campo. «Ricordo le urla di Colantuono, c’era da aver paura». Segue un’altra immagine. Cambiaghi ha il numero 11 e sta per dribblare il portiere del Torino. Avrà sì e no 8-9 anni, come ai tempi di Tropea. Il campo è in erba: «Nel 2019 ho segnato ai granata in semifinale del campionato Primavera, poi vinto contro l’Inter. Era destino, sì». La storia d’amore tra Nicolò e la Dea ha data e luogo. Dicembre 2009: «Ho iniziato alla Dipo, poi dopo un annetto sono andato a giocare alla Vimercatese. Una delle foto preferite di quei tempi mi vede attento a dribblare i birilli in allenamento. Giocavo con la 10, segnavo 3-4 gol a partita, così in uno dei tanti tornei per la Brianza mi nota l’Atalanta». Cupido scaglia la freccia e lo colpisce in pieno petto, dritto al cuore, ed è amore: «Quando ero ragazzino abbiamo vinto vari tornei in giro per il mondo. Lituania, Russia, Austria, Svizzera, Qatar. Ho una ancora una foto in cui alzo la coppa. Io minuscolo, con una maglia tre volte più larga, ma felice». 

I consigli del Papu

Qualche difficoltà all’inizio: «C’è chi cresce prima e chi dopo. Io sono cresciuto dopo. Tra l’Under 15 e l’U16 ho giocato pochissimo, andai anche a parlare con Costanzi – il responsabile del settore giovanile della Dea – ma lui fu chiaro. ‘Non ti muovi da qui, crediamo in te’. Aveva ragione. Nell’U17 ho incontrato Massimo Brambilla e mi ha messo al centro della scena. Ho segnato 7 gol, e da lì è ricominciato il viaggio». Mai concluso tra l’altro, perché Nicolò Cambiaghi è in prestito al Pordenone.

Il doppio passo

«Ho fatto due panchine in prima squadra nel 2019, una in semifinale di Coppa Italia e un’altra in Serie A. Barrow una volta mi disse di stare sul pezzo perché Gasperini era imprevedibile. ‘Occhio che debutti’. In estate sono andato in ritiro a Clusone. Ricordo una strigliata del Papu Gomez. Sono fissato con il doppio passo, ce l’ho dentro, ogni volta che punto l’uomo provo a farlo, ma lui mi disse di spostarla e basta. ‘Sei veloce, ti basta un tocco’. Lui è un grande, ogni tanto lo sento via Instagram». 

Cambiaghi, da Berlino all’U21

Come Kulusevski: «Era di un altro pianeta e si vedeva. In Primavera ho affrontato anche Vlahovic, 0-0 a Firenze. A 10’ ho fatto tremare la traversa, peccato. E in più mi ha marcato Kalulu. Youth League contro il Lione a marzo 2020, prima del lockdown, abbiamo perso a rigori». Con il centrale del Milan ha in comune l’Under 21. Pierre con la Francia, Nicolò con l’Italia. Il 29 marzo ha debuttato contro la Bosnia giocando cinque minuti: «Un’emozione immensa». E tira fuori un’altra foto: «Il 9 luglio 2006 avevo cinque anni ed ero a Berlino con mio padre a vedere Italia-Francia. Lui ha giocato nelle giovanili del Monza, poi ha smesso». Oggi ha un quadro speciale a casa: «La maglia del debutto è per la mia famiglia».

Il rito di iniziazione

Mamma Paola, la sorella Camilla, il fratello gemello Mattia, papà: «Devo tutto a loro. A chi si è fatto avanti e indietro per accompagnarmi agli allenamenti». Da Vimercate all’azzurro: «A gennaio un amico preparatore mi dice che Nicolato mi sta tenendo sott’occhio. Contro la Spal, sugli spalti, c’era Gastaldello. A marzo mi arriva la preconvoncazione e non dico niente a nessuno. Quando esce l’ufficialità sono in campo, al rientro nello spogliatoio mi ritrovo duemila messaggi sul telefono. È stata una grande soddisfazione. Pensa che ho dovuto anche cantare ‘azzurro’ come rito di iniziazione. Che imbarazzo». 

Il Mini Messi sul campo da tennis

Nicolò è un ragazzo timido. Estro al potere quando gioca, ma fuori è tutt’altra cosa: «Sono sempre stato così». Anche a Tropea, poche parole in piscina e tanti gol in quel campo da tennis. «Impazzivo per Messi, da bambino guardavo lui e il Barcellona di continuo, oggi mi ispiro a Insigne e Chiesa». Mentre parliamo in videochiamata, seduto sul divano della sua casa a Pordenone, Nico sta vedendo una partita della baby Atalanta. Il filo non si è mai spezzato: «Esordire con la Dea sarebbe la chiusura di un cerchio. Il sogno di un ragazzo diventato uomo a Zingonia, dai pulcini al grande calcio. Vediamo che succede, ma posso solo ringraziare la Dea». E forse anche un tramonto d’estate in riva al mare, davanti a una porticina.