C’è molto di più dietro i muscoli di Leon Goretkza

by Redazione Cronache

Tutto muscoli e tutto cervello. Per Goretkza il classico detto, anche un po’ trito e ritrito, dei calciatori forti fisicamente ma limitati tatticamente non vale. Non vale perché Leon mette la testa in tutto quello che fa. E con intelligenza si è preso il centrocampo del Bayern Monaco campione di tutto. «Sono abbastanza sicuro di essere nel mio periodo migliore di carriera» aveva raccontato al giornale tedesco FAZ in estate. Un momento di forma che non si è mai interrotto, perché il tedesco sta vivendo una stagione esaltante. Non se ne sono accorti solo in Baviera, ma in tutta la Germania, dove ormai gli elogi si sprecano. Un percorso tracciato da tempo, fin dalle parole di  Peter Neururer, che lo aveva allenato al Bochum a 17 anni: «Forse il più grande talento tedesco degli ultimi 50 anni».

Predestinato?

Un selciato complicato, difficile da percorre per un ragazzino magrissimo che doveva prima capire cosa voleva dire restare nel mondo del calcio, e poi trovare un ruolo in campo. Li ha provati praticamente tutti, dal terzino al trequartista falso attaccante, ma in fondo ha sempre voluto fare quello che sta in mezzo e prende le decisioni. Cervello in campo e fuori. Come gli ha insegnato papà, storico sindacalista alla Opel. Una vita di battaglie per far capire al figlio che tutto quello che gli sarebbe capitato nella vita sarebbe stato una conseguenza di una scelta. Anche impopolare, come uscire dal paese dei balocchi che gli avevano costruito allo Schalke 04 per entrare nella casa di Mangiafuoco, il Bayern. Si è scottato Goretzka, soprattutto all’inizio. Ha sempre giocato, certo, 30 presenze nella prima stagione, tre anni fa. Eppure non ha mai convinto fino in fondo, nonostante 8 gol e 5 assist, in un’annata conclusa con il double, Meisterschale e Coppa di Germania. Per riuscirci ci volevano i muscoli, paradosso esistenziale per uno a cui hanno sempre spiegato che era l’intelligenza quello che contava e non la forza.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Leon Goretzka (@leon_goretzka)

Sviluppo

Durante il lockdown del 2020 ha aumentato la sua massa muscolare con un programma impostato su diversi esercizi a corpo libero. In questo modo sono migliorate anche elasticità e velocità. «Non era importante per me diventare più grosso, ma concentrarmi sulla prestazione muscolare» ha ricordato il centrocampista. I frutti di questo lavoro si vedono anche quest’anno: 58,6% di duelli vinti, che diventano il 62,2% se si parla di contrasti aerei e quasi dieci palloni recuperati a partita, il 53,7% di quelli nella sua zona di competenza. Ma Goretzka è anche impostazione. Non sbaglia mai un tocco (89,8% di passaggi riuscisti), sventaglia a destra e sinistra più di tre palloni a gara di media e due volte a match manda in porta i compagni con un lancio chiave. Il gol e gli inserimenti, poi, non sono mai stati un problema, come dimostrato anche ieri nell’assist per il 2-0 di Musiala alla Lazio.

https://www.youtube.com/watch?v=v-wEIGUZagM

 

Il Bayern ha lasciato partire Thiago a cuor leggero, perché sapeva come sostituirlo. Certo, Leon non è veloce come lo spagnolo, deve ancora affinare la tecnica, ma calcia bene da fuori area ed un fattore sulle palle inattive. Il raggio d’azione è immenso. Guardando la heat map della stagione, non c’è uno spazio vuoto. Si butta da tutte le parti, senza mai perdere il senso della posizione.

Fuori dalle mappe

Con Kimmich si trova a memoria. Giocano insieme fin dalle squadre under della Germania e insieme hanno promosso anche “We Kick Corona“, un’associazione che ha raccolto milioni di euro da devolvere a hospice, banche alimentari e altre istituzioni di beneficenza per dare un aiuto alle persone colpite dalla pandemia nella salute e nel portafogli. Goretzka ha inoltre condotto una campagna per le donazioni di sangue e sostenuto associazioni che si occupano di integrazione. In una Germania divisa sul tema del diverso, lui, tedesco fino al midollo, ha sempre ribadito «i valori di un Paese cosmopolita». Lo ha fatto anche a novembre, quando di sua spontanea iniziativa ha passato un pomeriggio con Margot Friedländer, una signora sopravvissuta al campo di concentramento. Hanno parlato di classi sociali, di antisemitismo, di razzismo. Di problemi da risolvere di testa e non di pancia. Quella che ha sempre usato, perché c’è molto di più, dietro i muscoli di Leon Goretkza.