Celtic-Ferencvaros, guerra dei mondi in Europa League

by Alessandro Lunari

Di rumore ne fanno tanto, anche se hanno solamente 15 anni. Le Green Brigade del Celtic sono ormai famose quasi quanto il club che rappresentano. Depositari dell’eredità storica del club di Glasgow, fondato nel 1887 da contadini irlandesi emigrati in Scozia, il gruppo organizzato che dal 2006 occupa la North Curve costituisce un esempio unico nel calcio britannico. Innanzitutto perché seguono le partite in piedi, in una standing area (della cui introduzione negli stadi inglesi se ne parla da anni, e alcuni club si sono già mossi a riguardo) a loro dedicata, e tifano “all’italiana”, quindi con bandiere, tamburi, striscioni e cori prolungati. E poi, in un calcio in cui gli spalti sono sempre meno luogo di espressione politica, loro non hanno mai smesso di rivendicare le loro battaglie sociali. Il loro club è stato fondato da immigrati? Loro, nel pieno della crisi migratoria degli ultimi anni, non hanno mai ammainato lo striscione Refugees welcome – founded by immigrants, con l’immagine di una famiglia in fuga. Sono figli dell’oppressione di una potenza occupante, in questo caso quella britannica (l’Irlanda ha ottenuto l’indipendenza da Londra solo nel 1921)? Loro manifestano solidarietà nei confronti dei popoli oppressi. Per questo, nel loro settore, non mancano mai vessilli palestinesi, e quando hanno affrontato gli israeliani dell’Hapoel Beer Sheva nel 2016, al classico bianco e verde la North Curve ha aggiunto anche il rosso e il nero della bandiera del popolo arabo.

Repubblicani, indipendentisti, cattolici, decisamente di sinistra, sono la nemesi dei monarchici, filo-britannici e protestanti dei Rangers. Ormai, lo avrete capito, si tratta di tifosi abbastanza radicali, spesso protagonisti di gesti – anche simbolicamente – molto estremi. E anche per questo, nel corso degli anni, la società ha provato a colpire e a disperdere il gruppo, considerato troppo fastidioso. Senza riuscirsi, fino ad ora. Le Green Brigade esaltano l’Ira, il gruppo terroristico irlandese anti-britannico, ed espongono vessilli di eroi come Bobby Sands (membro dell’Ira che morì in prigione dopo uno sciopero della fame) e William Wallace, che difese la Scozia dagli inglesi e la cui figura, nel mondo, è conosciuta con il soprannome di Braveheart. Per Celtic-Lazio dell’Europa League 2019 accolsero i gruppi organizzati biancocelesti colorando il settore di verde, con al centro la stella simbolo delle Brigate Rosse e lo striscione Brigate Verde, con tanto di refuso. Tra le bandiere sventolate quel giorno, anche una con Mussolini a Piazzale Loreto e la scritta Follow Your Leader. Più di recente, le Brigade hanno appoggiato il movimento Black Lives Matter.

Oggi, in Europa League, a Celtic Park arriva un altro club biancoverde, il Ferencvaros. Una squadra da sempre legata, tra realtà e qualche leggenda di troppo, alla destra ungherese. All’inizio del ‘900 il Fradi, come è chiamato dai suoi tifosi, rappresentava la nobiltà e la borghesia di Budapest, ovvero le classi nemiche dei comunisti alleati dell’Unione sovietica che governarono il Paese dalla fine della seconda guerra mondiale al 1989. Essere del Fradi, soprattutto nei primi anni del Patto di Varsavia, significava sia assistere a uno dei periodi più bui della sua storia, privato di quella nobiltà che si era conquistato sul campo negli Anni ’30, sia osservare da vicino – ma senza poterla toccare – una delle più grandi scuole calcistiche della storia. Quella ungherese degli Anni ’50 di Puskaks, Hidegkuti, Kocsis, Bozsik e gli altri componenti dell’Aranycsapat, la Squadra d’Oro che tra il 1950 e il 1955 giocò 50 partite, perdendone solo una, la finale del Mondiale 1954 contro la Germania Ovest. Quella formazione era composta soprattutto da giocatori dell’Honved, altro club della capitale nella quale confluirono tutti i migliori talenti del calcio magiaro, compresi quelli del Ferencvaros. A lungo il Fradi, considerato anti-comunista e anti-sistema (anche perché tra i suoi sostenitori c’erano molti nazionalisti ungheresi), è stato quindi osteggiato dall’establishment falce e martello. Quando però nel post-rivoluzione del 1956 il partito allentò il controllo sul calcio, il Ferencvaros ritornò a vincere come un tempo.

I legami con la destra però non si sono allentanti, anzi. Il presidente è Gabor Kubatov, parlamentare di Fidesz, il partito ultraconservatore del premier Viktor Orban. E tra i tifosi del Fradi ci sono molti esponenti legati a Jobbik, forza politica accusata in passato di antisemitismo e neonazismo. E proprio nella curva del Fradi, nel 2013, fu esposto uno striscione in memoria di Laszlo Csatary, collaborazionista durante l’occupazione nazista e responsabile della deportazione di 15 mila ebrei nei campi di concentramento. Nel 2020 gli ultras del Ferencvaros – che costituiscono lo zoccolo duro degli ultras che seguono l’Ungheria in campo internazionale –  esposero lo striscione White Lives Matter come provocazione per il movimento nato negli Stati Uniti. La tensione a Celtic Park, stasera, sarà altissima.