Cher Ndour: «Dall’oratorio al Benfica. Sogno, vinco e spezzo maledizioni»

by Francesco Pietrella
Cher Ndour

Il tono di voce è quello di chi ha dormito poco: «Stamattina ho recuperato qualche ora di sonno. I festeggiamenti mi hanno distrutto». Cher Ndour risponde da Lisbona e se la ride. Ha 17 anni, gioca nel centrocampo del Benfica e ha appena vinto la Youth League. Papà senegalese, mamma italiana, accento lombardo un filo marcato. «Sono nato a Brescia, appena posso torno». Mezzala di qualità di un metro e 90, ha vinto la Youth League segnando in finale. Sei schiaffi sul campo al Salisburgo. «Il Il bello è che all’esordio abbiamo preso 4 gol dalla Dinamo Kiev. Ci hanno massacrato di insulti, ci dicevano ‘non siete capaci’, ‘ma dove andate?’, e invece abbiamo avuto ragione. Il giorno dopo la sconfitta ci siamo riuniti in campo e abbiamo parlato a lungo. Noi, l’allenatore, lo staff. ‘Non dobbiamo più fare queste figure’, ci siamo detti. Quando sono tornato a casa ho chiamato i miei genitori e gli ho detto che avremmo vinto la Youth League. Dopo tre finali perse era il minimo». 

Cher Ndour e la maledizione spezzata

Bela Guttmann l’aveva sentenziato sessant’anni fa, il giorno dell’addio al Da Luz dopo una sfilza di vittorie. «Senza di me il Benfica non vincerà mai più una Coppa dei Campioni». Da quel giorno ha perso 11 finali di fila, cinque in Champions e tre in Youth League. L’ultima nel 2020 contro il Real Madrid: «E in panchina c’era Luis Castro – ci racconta Cher – forse era destino finisse così». Quando gli nominiamo Bela Guttmann gli viene in mente la maledizione tanto odiata: «Ne avevo sentito parlare, ma ormai è passata: ci abbiamo pensato noi». E sorride. Di nuovo. Prima di punire il Salisburgo aveva già segnato a Barcellona e Bayern Monaco, salvo poi giocare un partitone contro la Juve: «Eravamo in vantaggio, poi hanno espulso il nostro portiere e abbiamo giocato in 10 per 70 minuti. Una partita pazza, ma alla fine non c’è stata storia». 

Quel no alla Juventus

Nel Benfica di Cher Ndour c’è anche Hugo Felix, fratello di Joao, classe 2004 come Cher: «È bravo. Joao l’ha videochiamato in campo subito dopo la vittoria. Nel 2017 aveva perso proprio contro il Salisburgo. Anche lì, un segno del destino palese». Arrivato a Lisbona nel 2020 dopo 5 anni all’Atalanta, Ndour si allena spesso con la prima squadra: «Nuñez è impressionante, va al doppio degli altri. Vedere lui e Otamendi che si sfidano è un esempio. Ogni tanto ho preso qualche bella legnata pure io, ma è normale. Un altro che mi ha stupito è Adel Taarabt, ex Genoa e Milan. Vede cose che altri non vedono e la mette dove gli pare. Un fenomeno. Il Benfica è stata la scelta migliore che potessi fare». Nonostante diverse offerte: «A 13 anni ho detto no alla Juve per restare a Bergamo, poi mi volevano il Bayern e altre squadre inglesi. Alla fine ho optato per il Benfica». 

Ndour, Scalvini e il passato da ala

Sia lodata via Milano però, Brescia: «Ho iniziato lì. A 5 anni giocavo in una squadretta sotto età nell’oratorio di San Giacomo, poi sono passato con i 2004. Vincevamo tutte le partite, a casa ho una sfilza di trofei come miglior giocatore. A 7 anni mi prende il Brescia, a 11 all’Atalanta. Facevo la prima media, mi ritrovo a fare avanti e indietro per allenarmi. Uno dei compagni con cui ho legato di più è Giorgio Scalvini, un anno più grande di me. Vedi com’è il destino? Io ho vinto la Youth League con gol in finale, lui ha segnato il primo gol in Serie A. Appena ha saputo del trofeo mi ha mandato un messaggio». I due si conoscono dai tempi di Brescia: «All’inizio giochicchiavo da ala o da attaccante, poi Giovanni Valenti, uno dei miei primi allenatori, mi ha spostato in mezzo. Da lì ho iniziato ad attirare l’attenzione di diverse squadre». Senza uscire più. 

La corsa di Del Piero

Due modelli per Cher Ndour: «Il primo è Pogba, forse siamo anche simili come movenze e stile di gioco, anche se ovviamente non sono ancora nessuno. Per la mentalità, invece, il mio idolo è Cristiano Ronaldo. Anche Del Piero però. Sai com’è, simpatizzo Juve. Nel 2006 avevo solo due anni, ma ricordo la sua corsa contro la Germania. Il mio unico flash di quella partita sono i suoi 70 metri di campo senza palla». Obiettivi chiari ora:«Il sogno è giocare con la Nazionale azzurra. Ho visto la finale di Euro 2020 in pullman con quasi tutti compagni portoghesi, stavamo tornando da un’amichevole. Quando Donnarumma ha parato il rigore ho esultato come un matto. Gli altri ridevano, pensavano che fossi matto. Il Senegal ha chiamato mio padre per farmi giocare con loro, ma ora come ora penso solo all’Italia. Già gioco nelle giovanili. Al Mondiale 2026 avrò 22 anni, chissà». Piedi per terra intanto: «Vorrei debuttare con il Benfica». Intanto ha già spezzato una maledizione.