«O meu amigo Conceiçao». Sergio e la Lazio, una storia d’amore da veni, vidi, vici

by Francesco Pietrella

Conceiçao si palesava in ritiro con le ginocchia sbucciate e il solito mutismo. I compagni scherzavano e lui zitto, in disparte, un po’ triste e forse anche arrabbiato. Al massimo un sorriso qui e là per far vedere che stava ascoltando, ma giusto di sfuggita. Solo Mihajlovic indagava un po’: «Stai sempre in silenzio, cos’hai? E poi perché quelle rotule rosse?». Colpa di un voto religioso fatto nell’estate 1998. Sergio si presenta a Vigo di Fassa con due cerotti grossi così sulle ginocchia: «Ho percorso 500 metri sulle gambe fino al santuario di Fatima. Lì vicino, molti anni prima, la Madonna è apparsa a tre pastori. Da quel giorno migliaia di fedeli vanno in pellegrinaggio per chiedere miracoli». 

Ultimo minuto

I cronisti chiedono spiegazioni, ma lui tiene tutto per lui: «Niente a che vedere con il calcio», dice. Sergio ha 24 anni ed è alla prima annata con la Lazio. Tempo un mese e le regala la Supercoppa segnando alla Juve all’ultimo minuto, guizzo da ala. Domani, 18 anni dopo l’ultimo match a Roma, sfiderà i ragazzi i Sarri al Dragão di Porto per i playoff di Europa League. La partita del cuore, anche perché dieci anni fa – intervistato dai canali ufficiali della Lazio – disse che i suoi figli simpatizzavano per i biancocelesti. Uno di loro, ‘Cisco’, sarà uno dei talenti da tenere d’occhio. Destino. 

Occhio al Porto

Conceiçao è l’uomo da battere. Negli ultimi cinque anni ha costruito un gioiellino temuto da tutti e in grado di far male a chiunque. L’anno scorso ha eliminato la Juve, due stagioni fa la Roma agli ottavi di Champions (dopo aver passato il girone da primo). Ha vinto due campionati, una coppa e due Supercoppe di Portogallo, gli stessi trofei di quand’era calciatore (tre titoli nazionali e due coppe). A gennaio ha perso Luis Diaz e Sergio Oliveira, volati a Liverpool e Roma per parecchi milioni, ma può sempre contare su Taremi, Evanilson, Otavio, Pepe e il figlio Francisco, 2002, uno che dopo un gol al 90’ ha fatto emozionare il Portogallo. Dritto ad abbracciare papa, schiaffone sul collo e tanti abbracci. 

Twister, il tornado

Conceiçao alla Lazio è stato un «veni, vidi, vici» portoghese, capelli nero corvino e un filo di ‘saudade’ tipica di Sergio, che dritto il ‘mutismo’ nasconde ferite. A 16 anni si è ritrovato a portare avanti 8 fratelli. Papà se n’è andato all’improvviso, per un incidente in moto, il giorno dopo aver visto il figlio firmare il primo contratto da professionista. La madre, invece, qualche mese dopo il suo compagno di vita. Problemi di salute. Sergio è cresciuto insieme ai fratelli, chiuso in se stesso, salvato dal pallone. A 22 anni trascina il Porto a vincere il titolo, poi vola alla Lazio e conquista la Coppa delle Coppe, la Supercoppa Europea, un paio di Coppe Italia e lo scudetto del 2000, anche lì all’ultimo giro. In estate, all’Europeo, consolida il suo soprannome infilando una tripletta alla Germania: «Twister». Tornado. Sinisa ha detto che lui e Figo sono le ali destre più forti con cui abbia mai giocato. «Il mio unico rimpianto è non aver vinto la Champions con la Lazio». Fermato ai quarti di finale dal Valencia di Claudio Lopez e Mendieta, due che poi faranno proprio a Roma.

Lazio, ‘te amo’

Domani sarà come ritrovare il vecchio amore che non vedi da tempo. Quello con cui hai passato «i migliori anni» che cantava Renato Zero, con cui ti hai condiviso le prime volte di ogni cosa, in questo caso trofei. Sergio troverà la sua ‘bella’ e sarà come non essersi lasciati mai, anche dopo l’annata a Parma dopo lo scudetto e le due stagioni all’Inter da mezza comparsa, poche partite e pochi assoli da tornado. Conceiçao e la Lazio sono così legati che tre anni fa, prima della sfida con la Roma, disse di tifare biancoceleste. «Siamo stati una delle squadre più forti di tutti i tempi». Casa sua. E domani, a Porto, i tifosi canteranno quel coro che conosce bene.«O meu amigo Conceiçao». Uno dei più stretti.