Come lo Spezia è diventato il luogo perfetto per mandare il proprio giovane in prestito

by Giacomo Brunetti

Ripensare alla finale play-off contro la Cremonese della passata stagione fa sempre male a La Spezia, ma dietro a una società che è passata nel giro di un anno dall’evitare la retrocessione in C a sfiorare il ritorno in Serie A, c’è un lavoro programmatico che ha portato la reputazione degli aquilotti a crescere nel panorama calcistico italiano. Qui, i giovani vengono cresciuti nel settore giovanile, oppure arrivano dalle migliori società del Paese che sperano di riaverli indietro pronti. Come accaduto con Pio Esposito, copertina del lavoro dello Spezia e che ha accelerato la visibilità negli ultimi mesi, ma anche di altri calciatori come Degli Innocenti dell’Empoli.

I primi frutti arrivano innanzitutto dal settore giovanile

Ci ha colpito il lavoro dello Spezia e per questo ne abbiamo parlato con Luca D’Angelo, l’allenatore che negli ultimi due anni ha prima salvato la squadra e successivamente l’ha trasformata. Con un’identità chiara (miglior difesa dell’ultima B) e senza guardare età e cognome. Come quest’anno, dove una scelta ci ha incuriosito: Diego Mascardi, classe ’06 che nelle ultime due stagioni è stato aggregato con i grandi, e che in quella passata è stato terzo portiere (a tratti, forse, anche il quarto), oggi è titolare e si è guadagnato anche la chiamata nel nuovo ciclo dell’u-21 italiana: «Anche quando lo scorso anno non aveva spazio, avevamo chiaro il suo talento. È in prima squadra da due anni e stava lavorando benissimo. A fine campionato, in una riunione programmatica per questa stagione, abbiamo concordato che avrebbe dovuto avere una possibilità di giocarsi il posto con Sarr, che poi si è infortunato: a quel punto è diventato automaticamente il titolare, non significa che disputerà tutte le partite ma ha grandissime potenzialità e questo ci è sempre stato chiaro. Gioca nello Spezia da quando è bambino, il suo percorso è anche merito del settore giovanile che lo ha cresciuto. Non mettiamo un portiere giovane guardando alla carta d’identità, lo mettiamo perché pensiamo che possa parare bene. Attraverserà dei momenti più complicati, come è successo a Bertola».

Esatto, Bertola: un altro prodotto del vivaio dello Spezia, ora in Serie A all’Udinese dopo la scadenza del suo contratto arrivata quest’estate. Anche lui spezzino fin da piccolo: «Bertola è rientrato dallo Spezia che era appena retrocesso in Serie D con il Montevarchi. Ha fatto fatica all’inizio ad abituarsi alla Serie B, ma il suo talento era evidente. Lo scorso anno, nella seconda parte di stagione, il suo infortunio ci è pesato e non poco. La sua crescita, quella di Mascardi ma anche di Candelari, un altro che arriva dal nostro vivaio, rafforza la nostra convinzione che una società debba attingere senza forzature dai suoi giovani. Noi li mettiamo in campo perché sono forti, non tanto per dire che li abbiamo lanciati. Se possono fare un passo concreto, gli diamo spazio. Altrimenti no».

Per tutti quanti, ci spiega D’Angelo, «la strada da percorrere è quella del lavoro: noi lavoriamo singolarmente con i calciatori più esperti ma anche con i meno esperti. Vogliamo fare un lavoro sul singolo atleta, poi la società è molto brava nel far star tranquilli i più giovani nei momenti complicati. La nostra è una piazza pesante, ci sono sempre 10/11mila persone allo stadio ma allo stesso tempo c’è un senso di protezione verso i calciatori che devono sbocciare, si comprende che possono sbagliare. I tifosi si identificano in quei ragazzi e li sostengono sempre». Anche perché «la crescita dei giovani passa anche dalla mentalità che si riesce a instaurare all’interno dello spogliatoio e questa viene determinata oltre che dall’allenatore, anche dai calciatori più esperti. Va accettato e modellato l’errore, sia sportivo che di comportamento. Da noi nessuno si preoccupa se in campo c’è un ragazzino al posto di uno più grande. Non ci faccio caso neanche io, per me l’età non è un dato interessante».

Il lavoro con Pio Esposito: exploit di un potenziale campione

La reputazione dello Spezia è cresciuta. Ogni giocatore deve scrivere la propria storia, così come la società detentrice del cartellino cerca il posto migliore per farlo crescere. Ed ecco che Spezia, da qualche anno, è diventata centrale in questo. Il lavoro fatto con Pio Esposito ha aperto ancor più la strada. E proprio Pio, che ora ha raggiunto addirittura la Nazionale maggiore, ha lavorato con D’Angelo: «Il primo anno di Esposito sono arrivato il 15 novembre su questa panchina, la squadra aveva solo 10 punti. Dei tre gol stagionali, solo uno lo ha segnato con me. Per farvi capire. Ma onestamente si vedeva a occhio nudo che era un calciatore di grandissima prospettiva. Abbiamo lavorato con lui sia dal punto di vista fisico che mentale, tecnico e tattico. Gli va dato il grande merito di avere la qualità più importante, ovvero quella di voler sempre migliorare. Sembra una banalità, ma nella mia carriera ne ho visti di ragazzi che non ce l’avevano. Esposito nel lavoro è ineccepibile». 

Dopo che aveva segnato un solo gol, «e questa è un’interpretazione mia, personale, non ho guardato quanti ne avesse fatti. Per me in un attaccante conta la prestazione: Esposito è un giocatore totale, aveva sbagliato tantissimi gol ma questo significava che la porta la sentiva, che in area c’era. E poi a prescindere dalle reti, lui ti aiuta in tutto, in qualunque situazione per la squadra. Ci aiutava a pressare, a sporcare il gioco, a soli 18 anni. L’unico gol che ha segnato con me è stato quello per la salvezza, quindi significa che anche nelle partite complesse, lui c’è. Un conto è segnare sul 3-0, un altro è salvare una squadra». Un rapporto basato sulla fiducia e sul confronto: «Negli ultimi mesi abbiamo avuto diversi scontri. Non stava benissimo con il ginocchio, ma voleva sempre allenarsi e andarci sopra. È un ragazzo buonissimo ed educato, ma siamo andati allo scontro perché è nella sua indole voler giocare o allenarsi sempre. Invece in quel momento non doveva. Con gli altri mi viene facile quasi minacciarli fisicamente (scherza, ndr), ma con lui non potevo! Io sono corpulento eh… ma con lui facevo fatica, è enorme! Gliel’ho detto: ‘Sei l’unico che non posso minacciare fisicamente qui, quindi ascoltami!’».

Una stagione, l’ultima, vissuta in cima alla Serie B grazie anche a Salvatore Esposito, il più grande dei fratelli. Che ha dimostrato un valore unico: «A livello tecnico è un calciatore evoluto. Per me anche nella passata stagione ha meritato di andare in Serie A: lo dicono i numeri. Siccome in tanti guardano le statistiche, beh, Salvatore è il giocatore di B con più palloni toccati dopo il portiere del Mantova. Solo che lui non gioca in porta, ma a centrocampo: un conto è farlo da portiere, un altro da regista. Probabilmente all’esterno paga la nomea del suo carattere, ma io posso dirvi in tutta onestà che ho trovato un ragazzo serio, che lavora molto e con una grande personalità, a cui determinate cose bisogna spiegarle perché non accetta qualunque cosa senza confrontarsi, anche questo è un punto di forza».

Spezia, un porto sicuro per far fruttare un giovane

Adesso le società vogliono credere in Spezia per i propri talenti. Come fatto in questa sessione di mercato da Milan, Atalanta e Como, che ci hanno mandato alcuni dei loro migliori giovani. Addirittura un 2008, dai rossoneri, come Christian Comotto: «È arrivato allo Spezia con un anno in meno rispetto a quando arrivò Pio. Vi dico la verità: è stato molto bravo il nostro direttore sportivo, Stefano Melissano. Perché io lo conoscevo marginalmente e, non ho nessun tipo di problema a dirlo, ero perplesso su questa scelta e non lo ritenevo pronto fisicamente per il campionato di Serie B. Avevo palesemente sbagliato valutazione: al secondo allenamento andava a contrasto con giocatori enormi come Wiśniewski, Cassata o Esposito. Quindi che dire… avevo sbagliato valutazione e Melissano ha fatto un buonissimo colpo. Deve lavorare tanto ma ciò che non gli mancherà mai qui è il tempo. Ha attitudine al lavoro e al miglioramento».

Scelta diversa invece per Vanja Vlahović, «lo abbiamo preso in modo più ponderato. Lo avevamo già individuato nella parte finale della scorsa stagione, volevamo sia lui che Artistico, perché sapevamo che avremmo perso Esposito. Vlahović ha caratteristiche diverse, è meno appariscente ma fa le cose giuste ed essenziali, oltre a muoversi bene e avere senso del gol. Si è infortunato a fine ritiro, ma ora ha recuperato». Non ultimo, dal Como, «Fellipe Jack non abbiamo ancora avuto modo di vederlo perché è andato in Nazionale. Arriva in un reparto forte, nella miglior difesa per distacco dell’ultimo campionato di B. In una stagione lunga, stressante anche mentalmente, ci sarà posto per tutti. È uno dei giovani più importanti del nostro Paese, ha pure struttura e ci serviva un centrale mancino».

Le parole di D’Angelo – «per me l’età non è un valore, non guardo la carta d’identità ma se sei forte» – si aggiungono al dibattito sui giovani italiani. Certo è che, lo Spezia, ha dimostrato di crederci davvero. Perché qui i calciatori crescono – vedere anche Wiśniewski, che ha appena debuttato con la Nazionale polacca – e diventano veri.