Peter Fischer, il segreto dell’Eintracht: «I trofei sono meglio del sesso»

by Francesco Pietrella
peter fischer

Dietro l’Eintracht campione d’Europa c’è un miracolo. Il suo presidente, Peter Fischer, tipo schietto e vulcanico, è sopravvissuto allo tsunami nell’Oceano Indiano nel 2004, dove morirono più di 220 mila persone. Da quel giorno la sua vita è cambiata. Invece di tornare in Germania, occuparsi dell’Eintracht e ringraziare un qualsivoglia Dio, mise la sua famiglia su un aereo e restò in Thailandia per aiutare tre milioni di sfollati. Un gesto apprezzato. Insieme a un suo amico, il pittore Mike Kuhlmann, ha fondato un’associazione per aiutare i bambini di Phuket rimasti senza casa o genitori. 

«La Coppa? Meglio… del sesso!»

I tifosi dell’Eintracht impazziscono per lui. Quando i ‘bianchi’ hanno giocato contro l’Inter a Milano, marzo 2019, lo hanno aspettato fuori da un locale per festeggiare il compleanno insieme a lui. Selfie, autografi e birra sulla giacca senza mai scomporsi, il tutto prima di San Siro. Il giorno in cui l’Eintracht ha vinto la Coppa di Germania, maggio 2018 contro il Bayern, doppietta di Ante Rebic e guizzo di Gacinovic, si è lasciato andare a una delle interviste più divertenti mai rilasciate: «Non pensavo di poter piangere così tanto, sono felicissimo. Ho sopravvalutato il sesso grazie a questo trofeo!». Fischer è così. Antifascista, antirazzista, genuino. Nel 2017 disse che un membro di Alternative für Deutschland – partito di destra tedesco – che non sarebbe mai potuto diventare un socio del suo Eintracht: «Per gente così non c’è posto». 

Alti e bassi, poi l’equilibrio

Fischer è uno che ha fatto di tutto. Prima di diventare imprenditore ha venduto pubblicità. Tedesco di Lich, cittadina di tredicimila abitanti, ha gestito boutique di moda e locali notturni, poi è diventato consulente. Guida l’Eintracht dal 2000, il suo grande amore. Cupido scagliò la freccia più di quarant’anni fa e lo colpì in pieno petto. Nel 2018 è stato riconfermato alla guida del club con il 99% delle preferenze. Dopo qualche anno un po’ così, tra promozioni e retrocessioni, è riuscito a trovare un equilibrio. Nel 2012 ha riportato la squadra tra le 18 grandi di Germania festeggiando sul pullman insieme ai giocatori, come fosse uno di loro. Il miglior risultato ottenuto in campionato è stato il quinto posto nel 2021. Nel 2018 ha vinto la Coppa, quest’anno l’Europa League, dopo aver già centrato la semifinale nel 2019. Grande squadra quella: lì davanti c’erano Jovic e Haller, rivenduti a suon di milioni. 

Kostic e il cerchio di Hauge

Oggi si gode Borré e Kostic, cercato dalla Lazio in estate senza successo. Pare che l’Eintracht abbia fornito ai biancocelesti una mail sbagliata, salvo poi mostrarsi sorpresi. «Non abbiamo ricevuto nulla». Quest’anno il serbo è stato uno dei trascinatori, 7 gol e 15 assist in 43 gare, proprio come il giapponese Kamada (9 reti e 4 assist), il danese Lindstrom (5 squilli e 9 tocchi) e l’ex milanista Jean Petter Hauge, che finalmente ha chiuso il cerchio con l’Europa League. Nel 2020 si presentò a testa altissima a San Siro convincendo Maldini e Massara ad acquistarlo. Dopo aver salutato Piazza Duomo con un po’ di rimpianti è volato a Francoforte per dimostrare a tutti di non essere un abbaglio. Così è stato.