Il presidente ultras, Attila e il ping-pong: anatomia dell’Eintracht Francoforte

by Redazione Cronache
eintracht francoforte

Le foto dei quasi 30mila tifosi arrivati appositamente a Barcellona  per il ritorno dei quarti di finale d’Europa League ha fatto storia. Non solo perché, clamorosamente, questi assistono a un’impresa. L’Eintracht Francoforte vince 3-2, dopo essersi portato sul 3-0 al Camp Nou – doppietta di Kostić, gol di Santos Borré – e aver subito due gol dai catalani oltre il 90’. Il miracolo arriva dopo l’1-1 della settimana prima, con annessa sofferenza finale, in dieci uomini.

Tra i 30mila di Barcellona c’è pure il presidente Peter Fischer, 66 anni. Prima della partita, lo trovi in Plaça de Catalunya assieme ai tifosi della sua squadra. Beve birra in lattina, si presta alle foto. Non è nuovo a gesti simili: nel luglio 2019, in trasferta in Estonia, offre da bere a tutti. Dice: «Il Bayern ha un ex giocatore (Oliver Kahn) come presidente, io sono un ex ultras. Non vedo il problema». Dove lo trovi un altro così?


Fischer, dalle discoteche al calcio

Il sopracitato Peter Fischer è un personaggio interessante. Inizia a 19 anni come operatore pubblicitario, poi fa successo come imprenditore: un negozio di tennis, una discoteca, locali a Maiorca e Ibiza. Ad agosto 2000 diventa presidente dell’Eintracht Francoforte, la squadra per cui tifa e di cui è un ultras. Passano quattro anni e sopravvive allo tsunami che divora le coste dell’Oceano Indiano. Da ex pubblicitario, Fischer oggi tocca i tasti giusti: «Sono un uomo comune». E prende posizione, contro razzismo, antisemitismo e omofobia: «In Bundesliga, nessun altro club fa come noi. Finché sarò presidente, non ci saranno nazisti qui», annuncia orgoglioso. I tifosi lo premiano: a gennaio 2018, viene confermato in carica col 99% dei voti. Plebiscito. Eredita un Eintracht con 4900 membri, oggi superano i 90mila.


Eintracht Francoforte, Yeboah, Attila

L’Eintracht nasce nel 1911, dalla fondazione di due squadre di Francoforte nate entrambe nel 1899. È una polisportiva: oggi ha 17 sezioni, dalla pallamano al ping-pong. Quella calcistica emerge nel secondo dopoguerra. Nel 1960 perde 7-3 una pirotecnica finale di Coppa dei Campioni contro il Real Madrid. Prima che la Germania Ovest vinca il Mondiale da padrona di casa, nel 1974, l’Eintracht vince la Coppa di Germania. Nel 1980 ecco la Coppa UEFA. Con gli anni Novanta, i ricordi si fanno agrodolci. Sì, Jay-Jay Okocha, Anthony Yeboah – zio di Kelvin, attaccante del Genoa – e Maurizio Gaudino, ma anche la prima retrocessione delle Aquile in Serie B tedesca (1996). Passano vent’anni e, grazie a Fischer, cambia tutto. Nel 2017 Niko Kovač porta l’Eintracht in finale di Coppa di Germania ma perde col Borussia Dortmund di Dembélé e Aubameyang. L’anno dopo è quello buono: Bayern k.o. a Berlino (3-1, doppietta di Ante Rebić) e trionfo delle Aquile a trent’anni dall’ultima volta. A proposito di aquile: Attila ha 18 anni, pesa 4 kg e vola prima delle partite al Deutsche Bank Park. «La stagione degli amori per le aquile va da febbraio e marzo, un periodo che come sappiamo è molto ricco di calcio».


Paciência e Maurizio Sarri

Passano due anni e l’Eintracht fa un altro colpo grosso. È l’Europa League 2018/19: batte la Lazio 4-1 in casa e 2-1 a Roma, nella fase a gironi, quindi supera l’Inter agli ottavi e il Benfica di João Félix ai quarti. In semifinale c’è il Chelsea di Eden Hazard e Maurizio Sarri. Parità: 1-1 all’andata, 1-1 al ritorno, segna sempre Jović. Si va ai rigori, dove sbaglia il portoghese Paciência, figlio del leggendario Domingos, 7 campionati vinti e 131 gol segnati col Porto. Fine del sogno. Di quell’Eintracht si ricordano i tre tenori: il sopracitato Rebić, Seb Hallér e Luka Jović, 57 gol in tre. In estate partono tutti: il primo va al Milan, il secondo è l’acquisto più costoso di sempre del West Ham. E Jović? Il Barcellona offre 50 milioni di euro, lo prende il Real per 65 più bonus. Ma nei successivi 18 mesi a Madrid, il serbo delude: due sole reti. A gennaio 2021 torna a Francoforte, in prestito, e battezza il ritorno a casa con una doppietta all’esordio. Occhi lucidi. Poi torna a Madrid, dov’è ora.


Dentro la rosa dell’Eintracht

Oggi che appunto Jović è tornato a Madrid, a guidare l’Eintracht ci sono Filip Kostić (7 reti, come il giapponese Daichi Kamada) e Rafael Santos Borré (9), colombiano cresciuto a Barranquilla come un altro specialista di Europa League, Carlos Bacca. Oltre a loro, una manciata di talenti. Gli scandinavi: l’ex milanista Hauge e Jesper Lindstrøm, 22 anni, scuola Brøndby. Ha procurato lui il rigore trasformato da Kostić, che in estate pareva a un passo della Lazio. Poi c’è l’ex portiere del PSG, Kevin Trapp. E c’è Marvin Hinteregger, difensore austriaco che suona la fisarmonica e sogna di pilotare elicotteri. In Bundesliga sono noni, in Europa League – tre anni dopo il Chelsea – si trovano di fronte il West Ham, che ha battuto 3-1 il Lione con gol anche di Jarrod Bowen. Nella Coppa delle Coppe 1976 i londinesi avevano superato proprio l’Eintracht in semifinale. Ora, 42 anni dopo l’ultima finale europea, ai tedeschi servirà chiudere il cerchio.