El Wafi è un difensore promettente e ci ha assicurato che andrà in un top-club

by Alessandro Lunari

14 dicembre 2022. Theo Hernández e Kolo Muani regalano alla Francia il pass per la finale del Mondiale in Qatar. Davanti, c’è il Marocco di Regragui. Nonostante il 2-0, i nordafricani sanno di aver scritto una delle pagine più gloriose della storia del calcio africano. Da Qatar2022 il mondo del pallone ha iniziato ad accorgersi del Marocco. 7 mesi più tardi, la Nazionale U23 ha vinto per la prima volta nella sua storia la Coppa d’Africa di categoria battendo 2-1 l’Egitto. Trionfo e qualificazioni alle Olimpiadi, 11 anni dopo l’ultima volta. Tra i protagonisti dell’impresa, c’è il difensore Ayman El Wafi. Fino alla passata stagione ha giocato nella Primavera dell’Hellas Verona, poi ad inizio mercato si è trasferito al Lugano. Il motivo? La chance di giocare in Europa: prima testa al preliminare di Europa League. Nel peggiore dei casi, sarà Conference.

El Wafi, la scomparsa del padre e il ritorno in Marocco

Classe 2004, nato e cresciuto a Camaiore nell’entroterra toscano in provincia di Lucca. Nonostante Ayman sia cittadino italiano a tutti gli effetti, ha scelto di rappresentare il Marocco e onorare appieno le sue origini: «L’Italia mi ha cercato: qualche anno fa ci sono stati i primi contatti, ma avevo fatto una promessa a mio papà prima che morisse: ‘Se divento un calciatore, gioco per il Marocco’». Detto, fatto.

La sua è una storia di integrazione, difficoltà, rincorse, sogni. Per un presente e un futuro migliore: «Mi sono sempre trovato molto bene a Camaiore. Certo, non potevo avere tutto ciò che desideravo, ma a casa non è mai mancato un piatto caldo per me e mia sorella. Io andavo a scuola e giocavo a calcio: basta, tutto il giorno, tutti i giorni». A 8 anni, poi, il lutto che gli cambia la vita: «Mio padre faceva il muratore. Un giorno, quando avevo 8 anni, mia mamma mi disse che non c’era più. Iniziò un periodo duro: tornammo in Marocco per tre anni.

Lì, presi alcune scelte sbagliate. Sono riuscito ad accettare la scomparsa di mio padre solo andando dallo psicologo e usando il calcio come valvola di sfogo. Giocavo a Tangeri, contro ragazzini più grandi di me: avevano 14, 15 anni. Avevo un obiettivo chiaro: dovevo farcela». In Italia o in Marocco, per Ayman la costante è sempre stata il calcio. Poi, come in tutte le storie, è anche questione di coincidenze.

«Dopo 3 anni sono tornato in Italia per un camp estivo. Volevo rivedere i miei amici e compagni di squadra. Per caso, in quel torneo c’era anche qualche osservatore del Livorno, appena sceso in B. Alla fine del camp sarei dovuto tornare in Marocco dalla mia famiglia, ma mi dissero: ‘Ayman, resta qui. Pensiamo a tutto noi’. Ed era vero: vitto, alloggio, per me, mia mamma e mia sorella».

«A Verona ho perso un anno»

Livorno rappresenta solo la prima tappa del viaggio di Ayman: «Andavo a scuola, tornavo a casa per cambiarmi e mangiavo un panino mentre correvo per prendere il bus che mi avrebbe portato all’allenamento. Abitavo ad Empoli, facevo un’ora di pullman all’andata e una al ritorno. 4 volte a settimane. Eppure ero felice. Giocavo a calcio, mi bastava questo».

Poi, il Livorno inizia ad avere alcuni problemi finanziari e mentre viene smantellata la prima squadra, anche Ayman si trasferisce. Su di lui ci sono Juventus e Inter, ma alla fine va all’Hellas: «Ho scelto Verona perché volevo giocare con continuità». E tanto è stato: nell’ultima stagione con Sammarco ha collezionato 25 presenze diventando un vero e proprio leader. Ma la corsa di Ayman procede spedita: «Ti dico la verità: sento di aver perso un anno a Verona. Dopo l’U17, sarei dovuto andare in Primavera saltando l’U18. Mi divertivo, certo, ma mi dicevo: ‘Sono titolare nella Nazionale U20 del Marocco, e non vengo neanche convocato dalla Primavera del Verona?’ La vedevo come una mancanza di rispetto». Ma attenzione, ci tiene lui stesso a precisare: «Davvero, non voglio essere presuntuoso. Sono il primo ad ascoltare e ad imparare dai miei errori, ma lì mi sono sentito preso in giro».

La Coppa d’Africa inseguita per anni

A 19 anni, da giocatore del Lugano, El Wafi è riuscito dove molti hanno fallito: è campione d’Africa con il suo Marocco. Un 2004 nell’U23. Basta questo. La sua è una rincorsa che dura da anni: «Sognavo di vincere la Coppa d’Africa già con l’U17, ma fu annullata. Con l’U20 non ci siamo neanche qualificati. Mi era rimasto il pallino. Stavolta dovevamo vincere per forza: giocavamo in casa, non c’erano scuse. Non potevamo sbagliare».

Il rischio, però, era quello di non reggere la pressione. «Il CT ci diceva: ‘Non caricatevi di ansie. Vinciamone una per volta’. In realtà, io non pensavo neanche di essere convocato. Cavolo, sono un 2004, giocavo con l’U20. Eppure nella pausa delle Nazionali, mi è arrivata la chiamata dell’U23».

Guinea, Ghana, Congo, Mali ed Egitto. Queste le avversarie incontrate nel percorso fino alla notte dell’8 luglio allo Stade Prince Moulay Abdallah di Rabat. E anche per Ayman non è stato un torneo in discesa, anzi: «Il momento più emozionante è stato quando ho saputo di giocare la finale. All’allenamento della vigilia, mi si avvicina il ct e mi lancia la casacca. Non me l’aspettavo. Avevo giocato da titolare le prime due partite del torneo, poi mi aveva lasciato in panca per le altre due.

Sono stato assalito dai dubbi, anche perché davanti a me c’era Riad, che è del Barcellona e gioca al Betis. È  più grande di me, ha esordito ne LaLiga. Insomma, tutte cose che ti fanno porre due domande. Quando il ct mi ha tenuto fuori nelle ultime 2 sono andato a parlargli: ‘Ma perché queste scelte? Hai cambiato idea su di me?’. Vi giuro, non riuscivo a spiegarmelo.

Mi aveva messo fuori dopo una vittoria per 5-1. In semifinale non aveva cambiato nessuno a parte me. Gli ho detto: ‘Sto giocando una competizione importante, sto facendo bene. Perché allora mi lasci fuori?’. E lui, categorico: ‘Tu non sai cosa mi passa per la testa. Devi restare tranquillo: sei in Nazionale, sei convocato. Ti ho preso dall’U20 per farti giocare in U23. Le scelte sono mie e devi rispettarle. Poi magari ti tengo per la finale, che ne sai…». E così è stato, in effetti.

«Siamo l’Europa d’Africa»

Nel Marocco arrivato in semifinale al Mondiale in Qatar, 14 dei 26 calciatori della Nazionale di Regragui sono nati all’estero. L’influenza del calcio dei Paesi europei si sente, è chiaro. Ma occhio a non sottovalutare il movimento marocchino: il centro sportivo federale del Marocco è il 2° migliore al mondo, dopo quello francese. Una rete di scout sparsi per il globo selezionano tutti i calciatori convocabili dalla Nazionale. Così è stato per El Khannoussi ed Ez Abde, campioni d’Africa con l’U23 dopo essere partiti per il Qatar con la selezione maggiore.

«In questi anni, il Marocco è cresciuto molto. Siamo l’europea d’Africa, ci piace definirci così. Se guardate la rosa U23, noterete che solo 4 di noi giocano nel campionato marocchino. Tutto il resto della Nazionale è fuori. Chi al Barcellona, chi in Olanda o in Belgio, chi in Francia. Ovunque.

È questo il progetto della federazione marocchina: gli scout individuano i giocatori sparsi in Europa. Una volta selezionati, poi, viene creato per loro un progetto personalizzato su misura. È una cosa che in Italia non esiste, dico davvero. C’è un’attenzione per i giovani che non ho visto da tante altre parti».

«Tempo due anni mi troverete in una big»

Quando Ayman ti parla, ti trasmette tutta la sua determinazione dallo sguardo. Poi sorride come un ragazzo di 19 anni come tanti. Vive per il suo sogno, lo sta toccando con mano, ogni giorno, con un obiettivo preciso in testa. Il calcio è sempre stato l’unica strada percorribile: «Non ho mai avuto un piano B. Tre anni fa ho lasciato la scuola, ma sapevo che ce l’avrei fatta. Ogni giorno, per motivarmi, ricordo le parole di mia madre quando ero piccolo: ‘Ayman, vorrei comprare questo o fare quest’altro insieme a te e tua sorella, ma non ce la faccio. Non abbiamo soldi’. Ci sono sempre stati tanti problemi in casa, ma poi ho iniziato a risponderle: ‘Abbia pazienza, arriverà il giorno in cui ti ripagherò di tutti i sacrifici fatti’. Se lei non avesse deciso di restare in Italia, magari non sarei diventato neanche un calciatore».

Il suo cammino è appena iniziato, ma El Wafi ha le idee chiare: «Tra 5 anni dove mi vedo? Intanto, giocherò di sicuro il prossimo Mondiale. Per forza. Tra 2 anni, invece, sarò in un top club. Già ho detto troppo…

Il mio sogno? Giocare con il Real Madrid e magari sfidare Haaland. Se faccio bene, significa che posso giocare a calcio. Ma se va male, mi sa che devo trovarmi un altro lavoro… magari, lo spazzino. Quando ho lasciato scuola, dicevano che avrei fatto quello». Invece, Ayman a 19 anni è al Lugano e giocherà un preliminare di Europa League. Il conto alla rovescia è iniziato: tempo due anni, ce l’ha detto lui…