Essere Portiere

by Redazione Cronache

Non tutti riescono a capire cosa ci sia alle spalle di una giornata così.
Ore e ore passate a provare e riprovare un gesto, a guardare il dettaglio, a perfezionare l’errore.
Fare il portiere è un po’ come fare lo scultore.
La maggior parte delle volte, devi togliere qualcosa per migliorare.
Un passo di troppo, un secondo di troppo, un pensiero di troppo.

No way, tu sei unico nel tuo genere; anzi, alcune volte sei proprio l’Unico. Come tutte quelle volte in cui il portiere della Juniores ha “da studiare”. E tu ad allenarti da solo, come un matto, a fare forza con la palla medica e gli ostacoli, cercando di costruirti quel poco di fisico schifoso che Madre Natura t’ha dato, mentre i tuoi compagni masticano le ripetute sulla pista d’atletica. Ah, se solo fossi più alto, più magro, più forte.—Se rinasco, faccio il portiere—ti gridano, mentre accelerano sul lato lungo, pensando che tu sia lì a grattarti il culo.
Come no, amico; provaci tu a stare sotto l’acqua gelida di febbraio, quando non succede un cazzo per 89 minuti e al 90esimo ti tocca tirare giù la serranda in faccia a qualche metalmeccanico di 100 chili che fa partire fucilate in mezzo al fango, con la palla che pesa come un’anguria.
Niente da fare: portieri ci si nasce.

Fare il portiere è un po’ come fare lo scultore.
La maggior parte delle volte, devi togliere qualcosa per migliorare.
Un passo di troppo, un secondo di troppo, un pensiero di troppo.

Alcune volte, quando prendi gol, li vedi lamentarsi, sbuffare, sbattere le braccia. Come se fosse sempre, irrimediabilmente colpa tua. Ma, in fondo, che ne sanno loro dell’attacco palla, del leva–gamba, della mano di richiamo, dell’uscita a croce?
Cosa ne sanno di quanto sia difficile passare sotto ad un nastro e poi sopra e poi di nuovo sotto, curando maniacalmente il gesto, cercando la perfezione e, soprattutto, di non far passare quella maledetta palla?
Per ogni volta in cui ti malediranno per un’uscita che non hai fatto, ce ne saranno dieci in cui ti batteranno il cinque perché, alla fine, sanno che possono sempre contare su di te; che sei lì solo per loro, per guardare loro le spalle come un bravo soldato di trincea, per salvare il loro culo pesante che si è dimenticato di marcare un ragazzino del ’98 che sbuca veloce sul secondo palo.

Perché sanno benissimo che, alla fine, sei tu il loro Numero 1.