Florian Aye racconta Evan Ndicka: «Può fare benissimo in Italia»

by Lorenzo Cascini
Ndicka

‘Ma davvero sei del ‘99? Sembri mio padre’. E giù a ridere. Il primo incontro tra Florian Aye, attaccante che dal 2019 ha giocato nel Brescia, ed Evan Ndicka, è andato più o meno così, quando il nuovo centrale della Roma è salito per la prima volta nella Primavera dell’Auxerre. Altri tempi. «Era dominante, faceva impressione. Era al primo allenamento con noi, che eravamo due anni più grandi. Ma credimi non se ne sarebbe accorto nessuno. Siamo entrati subito in sintonia. Una cosa che mi ha colpito? La tranquillità con cui rischiava la giocata. Sembrava il capitano, invece noi sapevamo a stento il suo nome». 

Florian Aye racconta Evan Ndicka

Ndicka però, nonostante la differenza di età, non ci ha messo molto a integrarsi nel gruppo. Merito di un carattere solare. «Sai quando dici che uno è nato con la battuta pronta? Ecco Evan. Era uno che scherzava sempre, in spogliatoio ma anche fuori. Prendevamo in giro chi si vestiva male, eravamo insopportabili. Ma quante risate». E non è mai cambiato nel tempo. Aye lo ricorda come fosse successo ieri.

Poi una volta è toccato a Ndicka stare dall’altra parte e subire gli sfottò. Della serie: chi la fa l’aspetti. «Si era comprato una giacca con la pelliccia che si metteva sempre, ovunque dovessimo andare. Si presentava con quella agli allenamenti ma anche la sera per andare a cena fuori. Non sai quante gliene abbiamo dette». Anche se Evan se ne è sempre fregato. «Sapeva che lo facevamo perché gli volevamo bene. Il colmo è stato quando è arrivato il caldo… e lui continuava a mettersi quella giacca invernale. Anche con quaranta gradi, era diventata una seconda pelle». 

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Ndicka nella vita di tutti i giorni è proprio come si mostra sui social network. Riservato e molto concentrato sul calcio. «Non era uno a cui piaceva uscire o fare festa. Poi sì, è sempre stato un ragazzo allegro, ma era molto determinato nel volercela fare. Anche se, viste le sue qualità, c’erano pochi dubbi. Era pronto per fare il salto». 

«Può imporsi e fare benissimo in Italia»

Quell’Auxerre era una fucina di talenti, allenata prima da Francis Gillot e poi da Pablo Correa, e puntava molto sui giovani cresciuti nel settore giovanile. «Abbiamo fatto tutta la trafila insieme. Eravamo in tantissimi ad aver fatto tutto il percorso lì. Poi è ovvio che la filosofia del club era quella di monetizzare con i ragazzi che venivano fuori dal vivaio». È così è successo con Ndicka, venduto per più di 6 milioni all’Eintracht di Francoforte. Non male come plusvalenza.

Evan è un difensore centrale moderno, mancino, classe 1999. Forte di testa, ordinato e veloce, nonostante superi il metro e novanta di altezza. Può giocare sia a tre che a quattro – lo ha fatto sia con l’Eintracht che con la nazionale Francese, con cui ha fatto tutta la trafila sempre da titolare – e a 23 anni ha già più di 150 presenze con i pro. Non male come biglietto da visita. «Penso che la Roma sia una grande scelta, può imporsi e fare benissimo in Italia». 

Si è presentato a Roma conoscendo già la lingua. È arrivato in giallorosso con un Europa League nel palmares, proprio quella che alla banda di Mou è sfuggita ai rigori contro il Siviglia. Evan l’ha vinta l’anno prima, migliore in campo nella semifinale d’andata contro il West Ham e fondamentale contro i Rangers in finale. Adesso proverà a ripetersi a Roma. Magari troverà anche il tempo di chiamare Florian – che è ancora tesserato con il Brescia – per scherzare in italiano e ricordare i tempi in cui in spogliatoio prendevano in giro i compagni. Evan è rimasto lo stesso ragazzo, concentrato e sempre con la battuta pronta.