Le Media House nel calcio e perché il Barcellona forse venderà la propria

by Alessandro Lunari

Una digitalizzazione sempre più marcata anche per il calcio. Per questo, per i club è diventato pressoché fondamentale dotarsi delle media house. Insieme a Social Media Soccer – che ha organizzato l’evento (sold out) Social Football Summit allo Stadio Olimpico, qui il programma – abbiamo analizzato il futuro di una unit interna a livello di produzione e comunicazione nelle società calcistiche e sportive.

Cos’è una Media House?

È un mindset, un approccio che rende il club totalmente indipendente nella produzione, ma soprattutto risponde all’esigenza di trasformazione in media company. Un processo che tutte le grandi squadre dovranno compiere per poter competere nell’arena dell’intrattenimento contro (o con) colossi come Amazon Prime Video o Netflix.

In sostanza, si tratta della produzione autonoma di contenuti da parte delle squadre. Un tempo erano i giornalisti a svolgere questo lavoro, ma negli ultimi anni è in lento ma costante aumento la tendenza che a prodursi i contenuti siano le squadre stesse. Le società si stanno dotando di reparti interni con lo specifico compito di pensare – e poi di produrre – i contenuti pubblicati online.

Perché i club dovrebbero dotarsi di una Media House?

Il motivo è presto detto: è l’unico tipo di approccio e di organizzazione infrastrutturale per creare la quantità di contenuti giusti per raggiungere tutti i target, estendere i valori e il messaggio del brand in tutto il mondo (con contenuti in diverse lingue) e per rendersi capaci di produrre contenuti come un documentario, ad esempio, da vendere ai propri sponsor, aumentando le opportunità di monetizzazione.

Le Media House in Italia

Dalle nostre latitudini, il club antesignano delle media house è stato la Roma. Con la dirigenza statunitense dell’ex presidente Pallotta, la società giallorossa avviò nel 2014 un ambizioso progetto per creare un Media Center dotato di una tv e di una radio.

Al momento dell’inaugurazione, l’allora responsabile della comunicazione Guido Fienga disse che:

«un Media Center così non ce l’ha nessuno. Nemmeno il Manchester».

Ma non finisce qua:

«La Roma è la prima squadra di calcio in Italia capace di produrre un qualsiasi tipo di contenuto media»,

ribadì lo stesso Fienga nella conferenza di presentazione. Un’innovazione incredibile, se solo si pensa ai 70 dipendenti assunti dalla Roma per portare avanti questo progetto.

Un esempio del buon lavoro svolto dalla società giallorossa lo si riscontra nell’account Twitter in lingua inglese, che è stato imitato anche da altri club europei per il tono spiritoso e adatto al mondo dei social network.

Media House: Inter e Milan a confronto

Con il passare degli anni, anche buona parte delle altre società di Serie A si sono adattate e hanno creato la propria Media House. Analizzando i due club di Milano, emerge che l’Inter ha nettamente anticipato il Milan. I nerazzurri si sono dotati di una propria Media House nel settembre del 2017, mentre i cugini soltanto il febbraio scorso anche se informalmente erano già attivi dal 2018.

Il derby del 20 febbraio scorso è stato anche il primo derby ufficiale tra le due Media House. Da una parte l’Inter, che nel corso degli anni ha prodotto dei contenuti degni di una produzione cinematografica. Impossibile non citare, tra gli altri, il video di presentazione di Christian Eriksen, girato alla Scala di Milano. Le presentazioni social dei nuovi calciatori hanno fatto il giro del mondo anche perché hanno “parlato” con un linguaggio internazionale. Gli orari scelti per le pubblicazioni (dettaglio non da poco), in tal senso, strizzavano l’occhio proprio ai fan stranieri, quelli asiatici su tutti.

Il Milan, che come dicevamo si era struttura informalmente già nel 2018 con il cambio di proprietà, ha ufficializzato nel febbraio 2021 con i ‘The Studios’ la propria Media House. Un luogo fisico in cui poter veicolare i proprio contenuti ai circa 500 milioni di tifosi nel mondo, che rendono quello rossonero uno dei club più seguiti al mondo.

Milan e Inter si sono approcciate al derby dello scorso febbraio in modi differenti. I rossoneri hanno sfruttato come leva comunicativa il sentimento di unione, sfruttando il fatto di essere in un periodo storico in cui la pandemia rendeva impossibile recarsi allo stadio. Da sottolineare l’iniziativa che permetteva ai tifosi di acquistare il biglietto digitale per il derby, come se la partita fosse a porte aperte. Un modo per far riprovare ai tifosi l’emozione di comprare il biglietto della partita ma anche per compiere un gesto di responsabilità sociale. Infatti, il ricavato dell’iniziativa è stato destinato alla Fondazione Milan per finanziare alcune attività che l’associazione cura e porta avanti.

Discorso opposto per l’Inter, che già dalla scelta dell’hashtag (#ThisIsTheDerby) ha voluto comunicare l’importanza di quella partita per la lotta dello Scudetto, poi vinto dai nerazzurri. I contenuti pubblicati nei giorni precedenti alla partita hanno lasciato spazio a delle dichiarazioni di leggende interiste come Bergomi e Maicon, ma anche per un video di Lukaku che mostra il suo strapotere fisico nella rete del suo primo derby.

La Media House del Barcellona

La società blaugrana è probabilmente l’esempio da seguire in ambito europeo, perché si è dotato dei ‘Barça Studios’. È un modello innovativo e proiettato al futuro, che probabilmente supera il concetto stesso delle Media House nel calcio.

Il motivo è presto detto: il Barcellona si è dotato di un unico quartier generale per progettare e realizzare i propri contenuti. Le dimensioni e il contenuto sono incredibili: un perimetro di 2.000 metri quadrati forniti di due studi con realtà virtuale, una “editorial room” da 150 metri quadrati, 3 sale per le riunioni, uffici di produzione da 70 metri quadrati. Finito qua? Neanche per sogno. Ci sono anche 8 cabine di commento, 12 postazioni per la post-produzione dotate di pc e software, 6 stanze adibite solo al video editing, 4 postazione dedicate alla post-produzione del suono.

Vista la difficile situazione economica, che tra le altre cose ha costretto il Barcellona a dire addio a Messi in estate, il club ha ipotizzato di pagare una parte dei debiti attuali (1,3 miliardi di euro) con il supporto della propria Media House.

L’idea del presidente Laporta, infatti, è di vendere quote per 50 milioni di euro dei Barca Studios – che sono un’azienda a sé ovviamente controllata dal club – e chiedere all’investitore di aggiungere altri 50 milioni subito dopo l’acquisto delle quote, da reinvestire sulla produzione di contenuti.

La Media House del Barcellona è la casa di produzione di contenuti più grande al mondo. Di recenti, i blaugrana si sono autoprodotti il proprio documentario (Matchday), successivamente venduto alla tv del proprio sponsor (Rakuten TV).

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