Palmieri (resp. Sassuolo): «Il nostro modello funziona, pensiamo alla seconda squadra»

by Lorenzo Cascini
francesco palmieri sassuolo

Appese alle pareti dell’ufficio ci sono le foto di squadra che raccontano gli ultimi successi ottenuti dal settore giovanile neroverde. Cinque trofei in otto anni. Così i ragazzi che entrano per firmare capiscono subito in che realtà arrivano. Attenzione ai dettagli, valorizzazione e risultati. L’ultimo al Torneo di Viareggio in finale contro il Torino. Ennesima polaroid che certifica una filosofia vincente che sforna talenti a raffica. Da oggi, incorniciata, ci sarà una fotografia in più.

Ci sono cose però che contano più dei trofei. Far crescere i ragazzi, crederci e creare un patrimonio tecnico. E generare plusvalenze, un asset fondamentale per la sostenibilità del club. «Ma è soprattutto un discorso umano. Per noi che li seguiamo da quando sono ragazzini, vederli arrivare in alto è la soddisfazione più grande» assicura Francesco Palmieri, da 8 anni responsabile del settore giovanile del Sassuolo. «Sono molto fiero di quello che abbiamo costruito in questi anni. È un lavoro che parte da lontano, nulla è lasciato al caso. Mi piace sottolineare due cose: la prima è il fatto che guardiamo tanto al calcio italiano, prendiamo i giovani, li aspettiamo e li lanciamo. Ci vuole coraggio per farlo, non è da tutti. L’altro punto importante è la riconoscenza. Tornano a trovarmi tantissimi ragazzi, non solo chi ce l’ha fatta, anzi. Vengono anche molti che non hanno avuto fortuna. Vuol dire riuscire a creare un legame a livello personale che resta poi nel tempo». 

Obiettivo seconda squadra

Quando si parla di calcio giovanile però il discorso non è tutto rose e fiori. «Noi stiamo lavorando per diventare un modello da seguire, ma non è sempre facile. Vorremmo fare una seconda squadra, per dare spazio ai ragazzi nel mondo del professionismo senza costringerli a cambiare ambiente, zona e allenatore. Ne gioverebbero tutti. Il problema è una regolamentazione troppo rigida che non ci permette di andare avanti. Dovrebbe essere invece più semplice il processo, anche perché sarebbe un qualcosa che farebbe crescere tutti. Noi, i ragazzi e il sistema calcio italiano in generale. Si cresce ovviamente di più se a 18 anni si fanno 30 presenze in Serie C, piuttosto che la metà o addirittura meno nelle giovanili. Poi non ci dobbiamo meravigliare se nel resto d’Europa sono tutti più avanti di noi…» 

Coraggio e gestione dei ragazzi: «Vanno lanciati, dandogli la possibilità di sbagliare»

Quest’anno a Viareggio il Sassuolo ha vinto la terza edizione del torneo (un torneo da cui sono passati i più grandi campioni) negli ultimi sei anni. La seconda consecutiva. «È una dimostrazione di continuità e del fatto che anche in una realtà piccola si può costruire un qualcosa di importante. Noi lo stiamo facendo grazie a una società seria, che lavora in sinergia. Anche con la prima squadra c’è tanta condivisione. Parlo con Dionisi tutti i giorni, ci confrontiamo e seguiamo insieme la crescita dei ragazzi». I risultati poi, parlano per loro. Non solo le vittorie, ma anche i tanti ragazzi che ogni anno dalla Primavera trovano spazio in prima squadra. Da Raspadori a Boga e Locatelli, tutti finiti in una big del nostro calcio. «Non mi piace fare nomi, la lista da fare sarebbe davvero lunga. E se guardi succede in ogni stagione con più di un ragazzo. Bisogna però imparare a conoscerli. C’è chi ha bisogno di tempo e va aspettato, chi invece è già pronto. Ma vanno lanciati. Dandogli la possibilità di sbagliare, giocare e fare esperienza».  

Da Adrian Cannavaro a D’Andrea e alle altre pepite d’oro da valorizzare

Anche quest’anno questa è la direzione intrapresa. Dionisi ha scelto tre o quattro ragazzi da portarsi in prima squadra, facendoli allenare e preparandoli all’esordio. Per conferma chiedere a Luca D’Andrea, 5 presenze in Serie A a 18 anni, buttato nella mischia da titolare in un Torino-Sassuolo del 22 settembre. Nel gruppo c’è anche Adrian Cannavaro – figlio di Paolo – anche lui classe 2004. «Fa anche lo stesso ruolo del padre. Ieri non c’era perché ormai si allena con i grandi e Dionisi se l’è portato in panchina». Anche lì si affrontavano Sassuolo e Torino, ma il palcoscenico era ben diverso. «Se lo merita, pensa che all’inizio dell’anno era indietro nelle gerarchie. Non giocava, faceva fatica. Nonostante fosse il capitano dell’u-18. Ha lavorato in silenzio e le ha scalate. Poi durante la sosta ha stregato Dionisi, che da lì se lo è portato con sé». 

Ma in copertina non ci sono solo loro. Da Kevin Bruno a Flavio Russo e Luca Baldari, match winner della finalissima di ieri sera. «Sentiremo parlare di tanti ragazzi, a Viareggio ci hanno regalato un’altra bella emozione. Da oggi però la testa è già al campionato e al futuro». Ogni giorno è un nuovo inizio. «È importante poi contestualizzare la realtà in cui il lavoro viene svolto. Qui c’è grande attenzione a conti e a bilanci, che non ci ha mai impedito però di lanciare giovani, valorizzarli e ottenere risultati».  Facendolo con continuità, passione e cura dei particolari. Sul muro bianco in ufficio c’è ancora spazio per tante altre fotografie.