I fratelli Fonseca: «In C poco spazio ai giovani, così siamo tornati in Uruguay»

by Lorenzo Lombardi
fratelli fonseca intervista

La finalissima del Mondiale U20 metteva di fronte ai nostri azzurrini, reduci da uno splendido percorso, i talenti pari età dell’Uruguay. Il trionfo dei giovani sudamericani, 1-0 in finale, è arrivato al termine di una partita dominata, che ha messo in risalto le qualità di molti di loro. Diaz, González, Boselli, Maturro; giovani di vent’anni che hanno impressionato per la maturità mostrata in campo, oltre che alle grandi doti atletiche e fisiche. Molti di loro giocano da anni nella massima serie nazionale e hanno già tante partite importanti alle spalle; indubbiamente un vantaggio importante, soprattutto quando si affrontano pari età che, come nel caso dell’Italia, hanno poche presenze in prima squadra. Per capire le differenze, probabilmente anche culturali, tra i due paesi, abbiamo chiacchierato con due fratelli che, per età e origini, conoscono questa situazione meglio di chiunque altro: Matias e Nicolas Fonseca, giocatori del Montevideo Wanderers (massima serie uruguayana), sono cresciuti in Italia, rispettivamente nei vivai di Milan e Inter e sono figli di Daniel Fonseca, ex attaccante uruguayo. Entrambi nati a Napoli, città della madre, oggi giocano insieme e lottano per la stessa maglia dall’altra parte del mondo.

Il percorso dei fratelli Fonseca

«Siamo nel pieno del campionato ‘Intermedio’, dovevamo giocare nel weekend ma, a causa della finale raggiunta dai ragazzi dell’under-20, hanno spostato tutto il campionato». Questo fa capire cosa significa il calcio per il popolo uruguaiano. I due fratelli oggi giocano nel Montevideo Wanderers, ottima compagine della massima serie. Questa esperienza, dopo gli anni italiani, li sta aiutando a maturare e a crescere come uomini. Figli del grande Daniel Fonseca, ex attaccante di Cagliari, Roma, Juve e Napoli tra le altre, sono nati col pallone tra i piedi. Il più grande, Nicolas, regista classe 1998, ha mosso i primi passi nel settore giovanile del Milan; l’esperienza a Novara, però, è stata quella che gli ha permesso di esordire in Serie C. Matias, attaccante classe 2001, ha fatto tutta la trafila giovanile con la maglia nerazzurra indosso. È stato per anni uno dei gioielli del settore giovanile interista, convocato anche in prima squadra da Antonio Conte. Qui ha conosciuto, tra gli altri, Cesare Casadei e Martin Satriano, oltre ad aver condiviso allenamenti con la prima squadra, condividendo il campo con campioni internazionali: «È stata un’esperienza indimenticabile, Martin è ancora uno dei miei migliori amici. All’Inter ho giocato con Zanotti, Fontanarosa e Casadei; mi aspettavo che arrivassero fino in fondo, sono forti e hanno la testa giusta. In prima squadra Vecino è stato uno di quelli che mi ha aiutato di più». L’esordio non è mai arrivato e, dopo una serie di prestiti in Serie C, ha scelto di tornare nella terra del padre, in Uruguay. «Al Montevideo, in massima serie, ho trovato un livello molto alto, che non mi aspettavo; venivo dalla Serie C italiana e devo dire che l’impatto è stato piuttosto duro. C’è molta qualità nei singoli e ogni partita è una vera battaglia. Anche gli stadi sono sempre pieni e rendono il tutto ancora più bello».

Nicolas, a differenza di Matias, è tornato prima in Uruguay, accumulando preziosa esperienza. Rimasto svincolato nel gennaio 2020, quasi due anni dopo l’ultima partita disputata, ha firmato con il River Plate (Montevideo), con il quale ha esordito in Primera División il 10 aprile 2022: «Dopo anni difficili in Italia, ho scelto di tornare qua. La prima esperienza l’ho fatta al River Plate di Montevideo, che mi ha dato l’opportunità di mettermi in mostra. Ho trovato la continuità che mi serviva; giocare la domenica è il miglior allenamento possibile, ti aiuta a crescere sotto tutti i punti di vista. Giorno per giorno ho acquisito fiducia e autostima che mi hanno permesso di fare bene». Entrambi hanno una chiara idea sulla Serie C, legata alla propria esperienza personale. «È un campionato dove si dà poco spazio ai giovani. Si ha troppa paura di dare fiducia ai ragazzi, penalizzando ogni piccolo errore. Questa mentalità chiusa è cambiata poco negli anni ed è stata uno dei motivi che ci ha spinto a venire qua. In Uruguay, nonostante il livello sia molto alto, i giovani hanno il tempo per sbagliare e migliorare».

Giocare al fianco del proprio fratello, con cui si ha un rapporto speciale, è il sogno di tanti ragazzi e Nicolas ci ha spiegato la loro quotidianità: «Stiamo benissimo. Facciamo tutto insieme e siamo molto uniti. Dai pasti, agli allenamenti fino ai giorni liberi. Non so quante volte, nell’arco di una carriera, può capitare questa cosa». Anche sul campo il feeling speciale tra fratelli sta dando i suoi frutti ed entrambi stanno crescendo tanto. «A me (Nicolas) piace giocare con Matias; è un attaccante che sa muoversi, si butta nello spazio e ci intendiamo bene».

Il rapporto con papà Daniel

Anche col papà il loro legame è molto forte, prezioso dispensatore di consigli per ciò che riguarda il campo e la vita. Matias, prima punta, può sfruttare ancor di più i consigli di Daniel, visto che condividono lo stesso ruolo: «Papà guarda tutte le nostre partite; ci sentiamo sempre dopo e discutiamo spesso delle situazioni di campo. Noi cerchiamo di apprendere il più possibile da lui perché so che è stato un grande attaccante. Insieme lavoriamo molto su ogni dettaglio». Avere una figura di riferimento del genere, uno che negli anni da calciatore ha condiviso lo spogliatoio con giocatori come Totti, Del Piero e Zidane, è un privilegio. «Ci racconta spesso esperienze o situazioni che ha vissuto lui in prima persona. Quella che ci è rimasta più impressa è la vicenda, raccontata in maniera sbagliata, legata a nostro padre e Zidane: dopo l’eliminazione dalla Champions nel ’98, la televisione riprese Zidane, infortunato sugli spalti mentre rideva. Quando arrivarono a Torino, alle 5 del mattino, i tifosi che stavano aspettando la squadra iniziarono a insultare pesantemente Zidane. Nostro padre si mise in mezzo per proteggere il compagno e, a sua volta, si becco una raffica di insulti; allora, stanco e provato dalla situazione negativa, non ci vide più e diede un cazzotto al tifoso che aveva davanti. La stampa ha sempre raccontato di Montero, come colui che si è messo in mezzo per primo, ma in realtà era intervenuto per aiutare papà».

I due fratelli oggi si stanno affermando e sono tra i migliori giovani del campionato; tra il passato italiano e il presente sudamericano, senza fretta ma senza tregua, vogliono continuare questo percorso. Sognano di ripercorrere le orme del papà e chissà magari, un giorno, di diventare grandi in Italia, dove sono stati così bene da piccoli.