Alle origini di Frattesi: «Era il capitano della Lazio, ma lo volevamo ad ogni costo»

by Lorenzo Cascini
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Nove del mattino, Trigoria. C’è un ragazzo con una borsa quasi più grande di lui, gli occhi impauriti e allo stesso tempo pieni di sogni. Si chiama Davide, ha 14 anni, e ha appena varcato i cancelli del centro sportivo della Roma. Lui che fino a tre mesi prima era il capitano degli allievi della Lazio. Altra sponda del Tevere, altra vita. Anche se arrivare alla Roma è una spunta verde alla voce ‘desideri’ che ha messo con grande piacere, nonostante poi con quella dei grandi non sia mai riuscito ad esordire. Di cognome fa Frattesi e il suo viaggio nel mondo della Roma è cominciato così.

«C’è un ragazzo che devi vedere. Va preso»

È l’inizio del 2017. Davide è un ragazzo apparentemente timido – soprattutto a primo impatto –  e sta entrando nello spogliatoio della Roma Under 17 che lo scorso anno ha vinto il campionato. «La prima cosa che ricordo è la fatica fatta per portarlo da noi». Il ricordo è affidato a Roberto Muzzi, che fu primo allenatore di Frattesi in giallorosso. «Alla Lazio era il capitano, ma noi spingemmo veramente tanto. Io lo vidi per la prima volta in un torneo amichevole e chiamai Bruno Conti. ‘C’è un ragazzo che devi vedere. Va preso’. E posso dire di aver avuto ragione. Aveva tredici anni ed era già pronto dal punto di vista tecnico. La tecnica e i tempi di inserimento erano gli stessi che vedete oggi». 

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«A Frattesi mandavo i video di Gerrard e Lampard»

Fin dai primi allenamenti con la Roma si capisce che la scelta è giusta. Frattesi fa sei mesi con l’Under 16 poi sale subito di categoria, ovviamente da sotto età. Qui lo prende Federico Coppitelli, allenatore oggi campione d’Italia con il Lecce Primavera. «Ho un ricordo speciale di Davide. Gli mandavo i video di Lampard e Gerrard, dicendogli di guardare i movimenti e di studiare i loro tempi d’inserimento. Si ispirava a loro ed è una mezzala completa come lo erano loro, anche se deve e può crescere ancora. È migliorato tantissimo negli anni». 

E se dal punto di vista tecnico non c’erano dubbi, lo step in avanti Frattesi doveva farlo sulla disciplina. «Una volta contro la Ternana lo metto nel secondo tempo e dopo dieci minuti lo tolgo. Non aveva azzeccato un movimento e sembrava svogliato». Tirata d’orecchie. Da padre più che da allenatore. «Bisognava essere un po’ sergente di ferro. Anche se è un ragazzo molto buono, che ha capito subito. Poi quell’anno, sotto età, era timidissimo. Pensa che dopo il primo gol, invece che portare le paste come facevano tutti, portò una torta al cioccolato fatta dalla mamma. Lo abbiamo preso in giro per mesi».

Panchina e qualche tirata d’orecchie

Sulla disciplina ha un flash anche Muzzi, che lo ha poi ritrovato a Empoli alla prima esperienza lontano dalla capitale. «Ogni tanto serviva essere duri, ma per il suo bene. Io con l’Empoli una volta lo feci partire fuori, perché doveva capire che tutto andava meritato giorno dopo giorno. Da lì in poi non è più uscito. Poi sai quando un ragazzo è così forte è anche difficile farne a meno…». 

Ancora oggi, con entrambi, Frattesi si sente spesso. «È rimasto lo stesso di sempre. È un ragazzo timido inizialmente poi quando si sente parte del gruppo è simpaticissimo. Alla Roma lo ha aiutato a integrarsi Scamacca, che era suo amico fin dai tempi della Lazio». Altra felice intuizione di Muzzi. «A lui cambiammo pure ruolo, da esterno a punta centrale». Ma questa è  un’altra storia. Quella di Davide è proseguita a Sassuolo e ora continuerà in una big italiana. «Non mi chiedere dove va che non lo so, ma può fare il titolare ovunque. Ha le qualità per giocarsela con tutti». Merito anche di quelle panchine e di qualche tirata d’orecchie. Gli occhi infondo sono rimasti gli stessi, uguali a quelli che aveva il  primo giorno a Trigoria. Vispi e pieni di sogni.