Dalla traversa di Gyan al crollo in Coppa d’Africa. Cosa manca al Ghana?

by Redazione Cronache

Quando il Ghana perde 3-2 contro le Comore, arcipelago debuttante in questa Coppa d’Africa, è giantkilling fragoroso. Non basta il gol di Richmond Boakye, ex Genoa e Sassuolo. Il Ghana, per la prima volta in 22 edizioni del torneo, viene eliminato senza vincere manco una partita ai gironi. L’ultima eliminazione? Nel 2006, sedici anni fa. Fa rumore, insomma. Per più motivi. Il “tradimento” di André Ayew – capitano delle Black Stars e figlio del leggendario Abedi Pele – espulso al 25’. In inferiorità numerica, decidono El Fardou Ben dello Stella Rossa e Ahmed Mogni: il primo giocava a calcio sulle spiagge della Mayotte, l’”isola della morte”. Il secondo lavorava come commesso in uno store del PSG. I debuttanti eliminano il Paese con la più antica Federazione calcistica africana (nata nel 1920). Un paese 4 volte campione d’Africa e 5 volte finalista perdente, apparso al Mondiale 2006 nel girone dell’Italia ma diventato famoso suo malgrado al successivo Campionato del mondo, in Sudafrica. Ricordi?

 

Il Ghana in Coppa d’Africa

La Coppa d’Africa esiste da giugno 1956. Il Ghana esordisce nel 1963, ospita la competizione e la vince battendo il Sudan in finale, da esordiente. Si ripete nel 1965, quindi perde due finali di fila: nel 1968 contro la Repubblica Democratica del Congo, due anni dopo col Sudan. Torna a vincere nel 1978 e nell’82, centoquattordici giorni prima la storica finale mondale conquistata dall’Italia di Paolo Rossi sul Brasile. Dieci anni dopo il Ghana torna in finale. È una formazione di talento, tra Abedi Pele e Anthony Yeboah – zio di Kelvin, l’attaccante del Genoa che si è raccontato a Cronache – ma perde contro la Costa d’Avorio ai calci di rigore: 11-10. L’errore decisivo è di Anthony Baffoe, che ha già calciato (e segnato) un rigore quel giorno. Baffoe è importante perché è nato in Germania Ovest, è il primo oriundo del calcio ghanese. Oggi è segretario generale della Federcalcio del suo paese, dopo essere stato vice-segretario della CAF, la Confederazione africana di calcio.

 

Gyan, rap e presunti sacrifici umani 

Dopo la delusione del 1992, il Ghana perde due altre finali. Nel 2010 contro l’Egitto, nel 2015 contro – ancora – la Costa d’Avorio. Ambo le volte c’è in campo Asamoah Gyan. Personaggio controverso. Primatista di reti (51) e presenze (109) con la Nazionale ghanese, è il miglior marcatore africano ai Mondiali: 6 reti, meglio di Milla. Patito di boxe, fonda una start-up che è una compagnia aerea, finanzia la costruzione di una strada e scrive un paio di canzoni col rapper Castro Destroyer. Che però nel luglio 2014 scompare nel nulla ad Ada, Ghana, assieme a un’amica dopo una gita in moto nell’Atlantico. La polizia cerca ovunque. C’è chi accusa Gyan di aver ucciso entrambi in qualità di sacrifici umani. Non è tutto: test del DNA, un dottorato honoris causa, il patentino da pilota di aerei, le accuse di sodomia di una 22enne studentessa, quella volta in cui sul conto in banca gli restano 650 euro. Mica è solo l’ex Udinese, Rennes, Sunderland passato per Emirati Arabi e Cina col numero 3: «Padre, Figlio e Spirito Santo. L’ha scelto mio fratello Baffour». Già, Baffour, marito della figlia del più noto spiritualista di Accra.

 

La traversa e il cucchiaio

Il 2 luglio 2010 è serata di gala per il calcio ghanese. Quarti di finale del Mondiale sudafricano, una nazione africana si gioca l’accesso tra le prime quattro al mondo. Mai nessuna ci è finita prima. Il Ghana ha perso a gennaio la Coppa d’Africa, ma al Soccer City di Johannesburg parte bene: con l’Uruguay segna Muntari dalla distanza su papera di Muslera – colpa dello jabulani? – ma pareggia Diego Forlán.  All’ultimo minuto del secondo supplementare, Suárez salva sulla linea di porta un colpo di testa di Dominic Adiyah – ex meteora milanista – con le mani. Rigore e rosso. Dagli undici metri va il sopracitato Gyan. Traversa: «Non ho dormito, ho pianto tutta la notte. Mi perseguita ancora adesso». Sì, perché si va ai rigori, Muslera ne para due (uno ad Adiyah) e al resto pensa il cucchiaio di Sebastián Abreu. La favola africana finisce qui. Il Ghana viene invitato a cena da Nelson Mandela, che compirà 92 anni qualche giorno dopo. A nulla serve Marijana Kovacevic, la guaritrice serba celebre per gli unguenti a base di placenta di cavalla, l’asso nella manica del Ghana allenato dal c.t., Milovan Rajevac, pure lui serbo. Che lo scorso settembre è tornato sulla panchina delle Black Stars, 11 anni dopo l’exploit sudafricano. L’eliminazione subita dalle Comore gli ha portato tante critiche. Lui rilancia: «Voglio portare il Ghana al Mondiale 2022». Non ci sarà Gyan, stavolta.