I tatuaggi e un’infanzia non semplicissima gli hanno dato la fama di bad boy, ma Gianluca Scamacca l’ha sempre rifiutata: «Chiedete a tutti quelli che mi conoscono, sono esattamente l’opposto». Personalità però ne ha da vendere, quello sì, «e d’altronde, se non ce l’hai, contro difensori come Bonucci e Chiellini non ne becchi una», ha detto in una intervista recente. Personalità però non vuol dire solamente saper dare e ricevere sportellate, significa anche prendere decisioni coraggiose quando sai che è il meglio per te, anche se tutti pensano il contrario. Ci vuole coraggio, ad esempio, a entrare nel settore giovanile della Lazio quando sin da piccolo il tuo cuore batte per la Roma, e ce ne vuole altrettanto per passare dal biancoceleste al giallorosso sia per amore. La squadra dei propri sogni è per quasi tutti un punto di arrivo, ma per Scamacca diventa uno di partenza per altri lidi. L’Olanda, per precisione il Psv Eindhoven, dove Gianluca sceglie personalmente di andare per migliorare il suo percorso. «In Italia si da poco spazio ai giovani, quel contesto mi sembrava il migliore per crescere in serenità, senza le troppe pressioni che ci sono qui». Andarsene di casa a 16 anni, per giunta all’estero, non è una scelta banale, e con lui partono anche la sorella e la madre che, rimasta senza lavoro a Roma, trova un’occupazione grazie al club biancorosso. Due anni al Psv servono, quantomeno per ritrovare una chance per tornare in Italia: a credere ancora in Scamacca è il Sassuolo, che lo acquista a titolo definitivo nel 2017 (ad appena 18 anni) e lo manda a farsi le ossa in giro: Cremonese, Pec Zwolle, Ascoli e Genoa, squadra con cui l’anno scorso ha segnato i suoi primi gol in Serie A (saranno 8 a fine stagione, uno ogni 137′). Quest’anno, la grande chance di tornare in Emilia e provare, insieme – o in alternativa – a Giacomo Raspadori a non far rimpiangere troppo Ciccio Caputo.
Prima punta moderna, forte fisicamente ma dalla ottima tecnica, Scamacca sa perfettamente che tipo di giocatore vuole diventare: «Gli attaccanti ora non devono solo saper segnare in area, ma devono partecipare attivamente alla costruzione del gioco, tornare indietro, pressare. L’istinto del gol è fondamentale, ma bisogna saper fare molto altro». Quest’anno, poi, l’asticella si è inevitabilmente alzata: in ballo non c’è solamente una maglia da titolare in Serie A, status che tra l’altro l’attaccante si è conquistato sul campo. Ma c’è anche la possibilità di ritagliarsi uno spazio fondamentale in Nazionale. Tra i grandi ha già esordito, ennesimo talento lanciato senza problemi da Roberto Mancini. È con Paolo Nicolato, però, che è andato vicino a togliersi le soddisfazioni migliori in azzurro: non tanto nell’Europeo Under 21 di quest’anno, in cui ha segnato due gol in tre partite ma ha anche beccato un rosso contro la Spagna (il torneo dell’Italia è finito ai quarti con il Portogallo). Quanto con l’Under 20, con cui nel 2019 ha disputato un gran Mondiale interrotto solamente in semifinale. Non si direbbe, guardando i numeri (0 gol segnati), ma proprio per quanto detto prima il lavoro di Scamacca è stato fondamentale per portare gli azzurrini a un passo dall’ultimo atto. Eppure, una rete anche decisiva l’aveva anche segnata: ultimo minuto di Italia-Ucraina, con gli altri avanti 1-0. Spalle alla porta, l’attaccante la controlla con la cosca, si gira e batte il portiere con una girata perfetta. Tutto bello, se non fosse che, al termine di un’esultanza sfrenata dell’intera panchina, l’arbitro annulla per un fallo su un difensore ucraino. Niente da fare, si torna a casa.
Ma da chi dice di ispirarsi a Zlatan Ibrahimovic, al quale un po’ in un certo senso assomiglia, non sorprende veder segnare gol del genere. Prendete ad esempio il primo dei due gol segnati al Genoa domenica scorsa: duello fisico vinto con Toure, protezione di spazio e palla usando il corpo, controllo e frustata d’esterno sotto la traversa. Un gol in cui c’è tutto Scamacca, dalla forza fisica alla tecnica. Doti sgrezzate tra i campi e le case popolari di Fidene, periferia romana: «A volte mancava la luce, a volte l’acqua. Deragliare era facile». Non però per chi ha un obiettivo ben preciso, quello di sfondare nel mondo del calcio. A conti fatti, obiettivo raggiunto.