a cura di Cosimo Bartoloni, Giacomo Brunetti, Andrea Consales, Matteo Lignelli e Francesco Pietrella

Cinque storie del Giappone.

Nel 2018 hanno passato il turno grazie al minor numero di cartellini. Ora hanno dichiarato di voler arrivare ai quarti

 

Takumi Minamino, il simbolo della Next Gen

 

Quando il Paese di Holly e Benji (qui la storia del calciatore che ha ispirato la saga) ha preso parte al suo primo Mondiale, nel 1998, tutti i giocatori venivano dalla prima divisione del campionato giapponese. Oggi in pratica è il contrario. Prendiamo Takumi Minamino, esempio perfetto della nuova generazione ‘europea’, ala o attaccante versatile che a gennaio compirà 28 anni e gioca nel Monaco. Perfetto perché prima di vincere tutto (in Inghilterra) con il Liverpool, era passato dal Cerezo Osaka al Salisburgo, club di proprietà Red Bull che è anche uno dei centri di sviluppo più avanzati per i giovani calciatori, dove si sono formati diversi talenti esplosi in Europa. Per una stagione anche Erling Haaland. Daichi Kamada, centrocampista centrale un anno più giovane, è un altro esempio calzante: è il capitano dell’Eintracht Francoforte che ha vinto l’ultima Europa League.

 

 

Che fine ha fatto Yuto Nagatomo

 

(A)Yuto. La battuta andava parecchio di moda quando Nagatomo giocava nell’Inter come terzino sinistro, dov’era arrivato nel 2011 dal Cesena in uno scambio di prestiti che aveva coinvolto Santon. E se da un lato il giapponese rappresenta (non da solo, ci mancherebbe) il declino tecnico dei nerazzurri dell’epoca post-Triplete, dall’altro è stato amato da tutti per la sua gentilezza, simpatia e impegno. Adesso, a 36 anni, sta per prender parte al suo quarto Mondiale dopo aver fatto ritorno, nel 2021, all’Fc Tokyo. In varie interviste ha sempre citato l’umeboshi come segreto per la sua resistenza e la sua corsa. «Prugne salate – spiegava – ricche di acido citrico che aiutano a smaltire la stanchezza. Le prendo sempre prima di ogni partita».

 

 

Takefuso Kubo, il solito ‘nuovo’ Messi

 

Solo qualche centimetro più alto di Leo, trequartista (e all’occorrenza attaccante) di grande tecnica, giovanili del Barcellona… Insomma, il classe 2001 Takefuso Kubo è uno di quei giocatori che una volta entrati nella cultura di massa da giovanissimi si vedono appiccicare addosso l’etichetta di nuovo Messi. Nel suo caso, di ‘Messi giapponese’. Gli ingredienti c’erano tutti e infatti non si può negare come sia uno dei ragazzi più interessanti da seguire in Qatar. Nel 2015, invece, era risultato uno dei minorenni acquistati in maniera irregolare dal Barça, che venne sanzionato dalla Fifa. Così Kubo ha fatto ritorno in Giappone, all’Fc Tokyo. Una nuova asta per averlo si è scatenata nel 2019: tra le contendenti era rispuntato pure il Barcellona, ma l’ha preso il Real Madrid facendogli firmare un contratto di 5 anni. Dopo i prestiti a Maiorca, Villarreal e Getafe i Blancos l’hanno ceduto in via definitiva (per 6,5 milioni) quest’estate alla Real Sociedad, dove ha finalmente trovato continuità, mantenendo comunque il 50% dei diritti sul suo cartellino.

 

 

Takehiro Tomiyasu, il jolly che voleva essere un nuotatore

 

Chi lo aveva al Fantacalcio al suo primo anno in Italia si ricorderà che non era partito in maniera così dirompente. Poi, però, la ‘legge Sabatini’, che a Bologna ha portato diversi talenti in questi anni, si è applicata anche al 24enne giapponese che può giocare sia terzino che difensore centrale. È cresciuto di rendimento fino a convincere l’Arsenal, dove ultimamente ha iniziato a ritagliarsi più spazio (parliamo comunque della più bella sorpresa di questa Premier League) a investire oltre 20 milioni per averlo. In realtà sarebbe dovuto andare al Barcellona, che gestiva una scuola calcio a Fukuoka, dov’è nato, ma la cosa non si è concretizzata. Curioso anche ciò che ha scoperto The Athletic: da bambino Tomiyasu sognava di diventare un nuotatore, poi un giorno a casa della nonna si è rotto la mandibola correndo su un tapis roulant ed è dovuto rimanere lontano dall’acqua per qualche tempo. Allora si è messo a correre con il pallone tra i piedi.

 

 

Wataru Endo, il ‘Comandante’ che ha salvato Stoccarda

 

A Stoccarda, dov’è arrivato nell’estate 2020, lo chiamano il ‘Comandante’. Wataru Endo, 29 anni e un metro e 80 d’altezza, è in effetti uno di quei mediani che sanno come farsi leader della squadra. E ha pure il vizietto del gol: con i tedeschi ne ha già segnati più di una decina, di cui 2 nella stagione in corso. Per la città, però, Endo è molto di più: è un eroe popolare da quando ha incornato di testa nell’ultima partita dello scorso campionat, il pallone del definitivo 2-1 contro il Colonia, valso la salvezza. Anche per il c.t. Hajime Moriyasu è uno degli indispensabili, e tra i più utilizzati in questi anni. Com’è arrivato in Europa? Tramite il Sint-Truiden, club belga dove sono passati diversi dei suoi compagni di Nazionale.