Dal ‘piccolo principe’ a Re Giorgio: Chiellini e la Juve, fino alla fine

by Francesco Pietrella
Giorgio Chiellini

Il pensiero su Sergio Ramos ci dice chi è: «Il miglior difensore al mondo. Quello su Salah fu un colpo da maestro». Lui che lo afferra, lo trascina a terra e poi gli rompe il braccio. Real campione d’Europa dopo aver messo k.o. il miglior giocatore dei Reds. Giorgio Chiellini è in questa frase qui. Per lui il fine giustifica i mezzi, il risultato i modi, la vittoria il rispetto. 

Giorgio Chiellini e Ibrahimovic

Provate a cercarlo su Youtube. Uno dei primi risultati è un video di 15 anni fa in cui marca Ibra ai tempi dell’Inter. Dura circa due minuti, se ne dicono di tutti i colori, si guardano storto ma anche con ammirazione, come se uno pensasse la stessa cosa dell’altro. «Lo meno, lo massacro, lo intimorisco, ma sta sempre lì. Mi piace». I due si riempiono di calci e calcetti durante le marcature, salvo poi sorridere insieme, perché in fondo sono stati i loro miglior nemici per tutta la carriera. Ibra ha detto che quando sa che c’è Giorgio si sente vivo, mentre ‘Chiello’ ha sempre ribadito che non ha mai avuto paura di affrontarlo. Quest’anno si sono incrociati per l’ultima volta, perché dopo la finale di Coppa Italia persa e le ultime due partite, ‘Re’ Giorgio si toglierà la corona e gli scarpini e lascerà la Juve dopo 17 anni, con 19 trofei vinti. 

«Mentiroso» a Jordi Alba

Chiellini è stato il manifesto del ‘fino alla fine’. Prendete il sorteggio per i rigori con la Spagna all’Europeo. In fondo c’è gran parte del suo modo di essere. Giorgio, quasi un metro e 90, occhi profondi, furbi e piglio toscano, prende Jordi Alba sotto braccio e gli dice «mentiroso». Gli ride in faccia, gli afferra la testa, gli dà una spinta, perfino un buffetto. Jordi era sicuro di aver vinto il sorteggio per calciare i rigori sotto la curva degli spagnoli, e invece no. «Mentiroso, mentiroso». Chiellini l’ha ucciso psicologicamente. L’ha reso piccolo piccolo, e lui gigante come sempre. È stato questo, fino alla fine, anche di più. A fine stagione forse andrà negli Stati Uniti, di sicuro giocherà ancora, poi tornerà alla Juve da dirigente, perché alla fine si torna sempre dove si è stati bene. Chiellini è stato il simbolo della rinascita e del nuovo corso, ha vinto la B e poi ha trascinato la Juve in Champions. Da bambino leggeva il “Piccolo principe” e poi è diventato ‘re’ Giorgio. 

Come King Kong

Livornese doc, nato a Pisa ma cresciuto lì, di sicuro avrà giocato alcuni tornei nel famoso ‘gabbione’ citato da Allegri. Se avesse seguito il suo migliore amico avrebbe giocato a  basket, ma era troppo piccolo, solo 5 anni, così i genitori lo iscrissero a calcio insieme al fratello Claudio. Centrocampista, esterno alto, terzino, centrale. Quando stoppa un tiro avversario si sente come King Kong sull’Empire State Building, quando distrugge il gioco avversario, invece, è come se avesse salito i gradini di Philadelphia come Rocky. Marcatore come non ce ne sono, Giorgio Chiellini è il manifesto di come la volontà sia tutto, come disse Ra’s al Ghul a Bruce Wayne/Batman nel primo film di Nolan. Volontà di agire. 

BBC diventata storia

Re Giorgio ha governato la difesa con saggezza, astuzia, fermezza. Durante l’era bianconera ha scelto due alleati fedeli che non l’hanno mai tradito, Barzagli e Bonucci, formando quel trio da ‘tanto non passa nessuno’, con Buffon in porta. Ha vinto nove scudetti e perso due finali di Champions; ha vinto l’Europeo con l’Italia da capitano e non si è qualificato a due mondiali; ha battuto i pugni sul petto alla King Kong per dire a tutti «sì, so fare anche gol». Almeno 3-4 l’anno da centrale difensivo; ha giocato un Viareggio con la Roma prima di firmare con la Juve. Era tutto fatto. 

Storia d’amore

Il giorno della conferenza stampa lo chiama Spinelli, il presidente del Livorno. Giorgio Chiellini non era ancora re, ma un suddito ventenne con 4 gol in B in 41 partite. «Vieni a Milano, è successa una cosa, ma stai tranquillo». Dopo due ore aveva firmato con la Juve. «Entro in una stanza e vedo Moggi, Bettega e Girando. Lì ho capito tutto». L’inizio di una storia d’amore durata 560 partite, 36 gol e trofei in serie. «I bianconeri sono stati tutta la mia vita».

L’ora dei gentiluomini

Una volta ha detto gli piacciono i film gialli, le storie d’avventura e mistero. Ken Follett, Dan Brown, John Grisham. Gli suggeriamo anche Don Winslow, «L’ora dei gentiluomini», una storia di indagini dal titolo emblematico. «L’ora dei gentiluomini» è la fascia oraria dalle 9 alle 17 in cui surfisti di mezza età dalle carriere di successo escono in mare con la tavola prima di andare a lavoro. Chiellini non è più suddito e in America – se mai giocherà lì – forse perderà lo scettro, bensì gentiluomo. Anche se in carriera ha tirato schiaffi, tritato attaccanti esperti, bullizzato giovani punte, guadagnato la nomea di cattivo. Ma l’obiettivo da raggiungere, per lui, ha sempre giustificato i mezzi. Fino alla fine. Oltre la fine.