Giulio Maggiore a Cronache: «Le mie scelte non piacciono? Oggi sono in Serie A: per me vale doppio»

by Redazione Cronache

di Gabriele Codeglia

«C’è sempre stato chi diceva: ‘Eh, sì, il Milan lo ha mandato via, non è lui che ha scelto di mollare’. Oppure: ‘Farà cinque presenze in prima squadra con lo Spezia’. O magari: ‘Adesso che ha rifiutato la convocazione al Mondiale Under-20, per fare la maturità, figurati se lo richiamano’. A livello personale son soddisfazioni doppie. Ma non perché mi piace andare contro chi mi critica, semplicemente perché mi piace pensare di ‘essere arrivato’ comunque, nonostante abbia fatto determinate scelte che molti hanno giudicato come sbagliate. Poi sia chiaro, non mi sento assolutamente ‘arrivato’».

Perché se si scorre indietro nel piccolo passato di Giulio Maggiore, di scelte drastiche e controcorrente se ne trovano davvero tante. Ma finora, la sua vita e la sua carriera non sono altro che un continuo smentire chi, per chissà quale motivo, non ha mai apprezzato il suo percorso.

Quand’è che tutto inizia? Il primo allenamento, il primo allenatore: che ricordo hai?

«Avevo 6 anni. Alcuni miei compagni di classe giocavano nella scuola calcio dello Spezia. Così chiamai la mamma del mio amico Gianmaria per sapere a che ora ci sarebbe stato l’allenamento e mi presentai al campetto di Montepertico (quartiere della città, ndr). Il mister era Daniel Picasso. Primi palleggi, prime corsette, passaggi e esercizi vari, giusto per prende confidenza con il pallone. Poi mi diedero il kit per l’allenamento e…».

E, da lì a pochi anni, il Milan mette già gli occhi su di te. Chi è che ti scopre e come vieni seguito dal club rossonero?

«Ci fu un torneo a 7 alle Pianazze (altra zona della città, ndr), avevo 9 anni, e mi ricordo che si giocava su campi in erba vera: incredibile per noi che eravamo abituati soltanto ai sintetici. Era un evento molto importante: arrivavano squadre come Empoli, Genoa e appunto il Milan. Mi vide un loro osservatore, il signor Fontana, che monitorava il territorio spezzino per conto dei rossoneri. Andò da mio padre e gli propose un provino, a Milano. Mi lasciarono portare anche un compagno (Luca Cecchetti, ndr), giusto per non sentirmi troppo solo. Alla fine scelsero me e mio papà firmo una specie di esclusiva, ricordo ancora, sul tavolo in terrazza a casa di mia nonna. In pratica si accettava che il Milan avesse il pieno ‘controllo’ sulla mia crescita calcistica, sui trasferimenti, provini. Per questo l’anno successivo lasciai lo Spezia, un club professionistico, e passai al DLF Le Giraffe, sempre in città, una scuola calcio affiliata ai rossoneri; e poi dopo, a 11 anni, al Canaletto Sepor.
In quel periodo, assieme a me, in questi viaggi per provini e allenamenti, c’era anche il mio compagno di squadra Luca Ranieri. Lui è un ’99, ma alla fine il Milan non lo prese e così finì alla Fiorentina (oggi è in prestito alla Spal, in Serie B, ndr)».

Alla fine poi il salto si concretizza, ma dura poco

«Dopo anni di allenamenti seguiti dai loro talent scout, tornei in giro per il mondo, in Scandinavia e in Francia, sempre con i pari età del ’98, tra cui anche Cutrone e Locatelli, a 14 anni firmai il classico contrattino per le giovanili. Ma durò poco, perché già prima avevo dei dubbi su questa scelta. Ero conscio della grandissima occasione che avevo tra le mani, perciò cercavo di nascondere le mie paure. Ma in quei tornei lontano da casa non mi sentivo tranquillo. Ero molto legato alla mia quotidianità: scuola, allenamenti e famiglia, i pranzi insieme ogni domenica. Tutto decisamente più calmo e regolare. E quindi dopo pochi mesi, mollai tutto e tornai a casa, allo Spezia».

Il tuo tifo, lo possiamo dire, per l’Inter, ha mai influito su questa decisione?

«Assolutamente no (ride, ndr). Però una volta, da piccolo, andai a uno dei tanti allenamenti-provini del Milan con un accappatoio dell’Inter. Quando lo videro mi dissero che forse sarebbe stato meglio non portarlo più».

C’è un momento in cui ti sei detto: ‘Ok, ora sono davvero un calciatore’?

«In realtà no. È sempre stato un crederci di continuo. Quando giochi in Primavera non puoi ritenerti già un calciatore, però vederti lì, il primo anno, sotto leva, dice tanto. E l’anno dopo ti ritrovi titolare, vai al Torneo di Viareggio e fai 4 gol; leggi articoli dove si parla di club importanti che ti vogliono: cominci a pensare. Chiaramente, a diciott’anni, firmando il primo contratto da professionista, ti dici: ‘Ok, forse ci siamo’. Credo che sarebbe stato un discorso completamente diverso se avessi giocato per esempio in Serie D, per poi passare nei professionisti da un momento all’altro».

Hai mai pensato che la tua avventura allo Spezia potesse finire?

«Il primo anno con i ‘grandi’ (2016, ndr), mister Di Carlo mi aggregò in ritiro, ma lì per lì pensai alla più classica delle dinamiche e quindi a una stagione in prestito a farmi le ossa. Però notai che mi teneva in grande considerazione e alla fine rimasi, debuttando, segnando il primo gol nei professionisti, con tante presenze in quella stagione.
L’unico momento in cui la situazione si è complicata un pochino fu nel 2017-2018. Si parlava di rinnovo ma non si riusciva a trovare un accordo, anche se la mia volontà è sempre stata quella di continuare con lo Spezia. Nel mercato estivo seguente forse sarei potuto andare via, ma arrivò il nuovo direttore sportivo, Guido Angelozzi, che tenne durò e alla fine trovammo l’accordo ed oggi sono qui a parlare da calciatore aquilotto di Serie A».

È molto difficile, ma prova a raccontare e descrivere le sensazioni e le emozioni che hai provato, tu, da bambino tifoso in Curva Ferrovia, ad attore protagonista in campo con lo Spezia che va in Serie A. Hai realizzato o ti sembra ancora tutto un sogno?

«Ci è voluto un po’. Credo sia tutto figlio di un’annata stranissima, tra Covid, sosta lunga, rientro in campo, partite ogni tre giorni. Finita la stagione, abbiamo dovuto pensare subito a quella nuova, che è iniziata dopo pochissime settimane. Non c’è stato il momento per godersi e gustarsi quanto di grande avevamo fatto.
Ma ogni tanto ripenso a dei momenti come quel salvataggio sulla linea di Vignali contro il Frosinone e penso: ‘Pazzesco!’. Non so nemmeno dire se tutta la città credesse realmente che un giorno lo Spezia sarebbe potuto arrivare in Serie A. Ci siamo andati vicini per vari anni, giocando i play-off. E invece ci siamo riusciti. Gli ultimi due mesi della scorsa stagione sono stati incredibili».

Prima esperienza nella massima serie. Ti aspettavi delle difficoltà in particolare? Avevi dei dubbi su che cosa potesse limitare il tuo impatto in una categoria nuova? Differenze più evidenti con la Serie B?

«Le difficoltà le scopri e le capisci mano a mano, partita per partita. Ad esempio nell’ultima giornata. Milinkovic-Savic che mi ha pressato, mi ha rubato il pallone, ha accelerato e la Lazio ha trovato il gol.  Allora lì ho pensato: ‘Ma come faccio a non aspettarmi che possa succedere una cosa del genere da un momento all’altro?!’. La Lazio stava gestendo la gara, ma appena hanno voluto, Milinkovic ha deciso di spingere e lo ha fatto senza problemi. Mi ha impressionato. A livello di squadra non mi aspettavo un gioco così dominante, contro praticamente tutte le avversarie che abbiamo incontrato, eccezion fatta per le prime giornate di inevitabile adattamento. A livello individuale pensavo di soffrire di più dal punto di vista fisico. Questo è un aspetto su cui sto lavorando e prendendo coscienza delle mie potenzialità. In generale, ciò che mi ha stupito di più è che in Serie A, se vogliono, cambiano marcia e ti lasciano lì. Se ti rilassi mezzo secondo, ti mangiano. La differenza più grande con la B è questa. Theo Hernandez, contro di noi, è partito e non lo abbiamo più fermato. Milinkovic e Calhanoglu, finora, sono i giocatori che mi hanno impressionato di più».

Due gol, i primi in questa stagione, contro il Bologna in Coppa Italia. Ti sei prefissato un obiettivo da questo punto di vista?

«Obiettivo no. Semplicemente vorrei essere più determinante in termini di gol, aspetto che mi è un po’ mancato l’anno scorso, quando invece credo di aver dato un buon contributo con gli assist. Voglio segnare il mio primo gol in Serie A, perché, sì, in Coppa Italia è bello, ma non c’è paragone».

Capitolo nazionale. Tra pochi mesi ci sarà l’Europeo Under-21: fiducioso sulla convocazione?

«Dal momento che il torneo sarà diviso in due tranches, penso saranno fondamentali i mesi da qui a marzo. Ci sono molti giocatori che potrebbero far parte della rosa. Io ho saltato solamente l’ultimo raduno per infortunio, ma ho fatto parte del gruppo fin dall’inizio. La concorrenza sarà molta. Pensate al mio compagno di squadra Pobega: alla prima convocazione gioca e fa doppietta, sicuramente sarà un’arma in più. Spero di far parte dei convocati assieme a Luca Ranieri».