Per Giuseppe Rossi, ogni paese ha il suo calcio. In Premier un ritmo alto, per cuori forti. La Liga è bella da vedere, più tecnica. In Italia, tutta tattica: «Si gioca mentalmente, per questo è più dura». Rossi ha giocato in tutti e tre i campionati. Oggi ha 34 anni e per tutti è quell’italoamericano la cui carriera è stata evidentemente condizionata dagli infortuni. Ma c’è altro da dire: il suo cuore diviso tra il Milan e i New York Giants, football americano. La Serie A guardata oltreoceano, di domenica, alla tv. Montella lo definì «un capolavoro». Ad Antognoni «ricorda Roberto Baggio». Che dire. E ora Rossi si misurerà – per la prima volta in carriera – con la Serie B. Ha accettato la corte della Spal di Joe Tacopina, americano, suo amico. Living the Italian dream.
Famiglia Rossi, da Teaneck a Manhattan
Papà Fernando e mamma Cleonilde insegnavano lingue nel New Jersey: molisana lei e abruzzese lui, che nel tempo libero allenava i ragazzi della Clifton High School. Il destino ha voluto Giuseppe nato nel 1987 a Teaneck, 40mila abitanti. Da qui, sua mamma Cleonilde e sua sorella Tina se ne sarebbero andate solo nel 2010, dopo la scomparsa di papà Fernando, per trasferirsi a North Haledon, a meno di 50 km da Manhattan dove Giuseppe ha un appartamento. Pepito – tributo a Pablito Rossi, ma anche diminutivo dei cinque piedi e otto pollici di altezza – era già altrove, in Spagna, al Villarreal. Quanta strada già fatta: i primi calci nei Clifton Stallions, a 12 anni il volo transoceanico col padre verso Parma, a 17 il contratto col Manchester United di Sir Alex Ferguson, che però non menziona Rossi nella sua autobiografia. Debutto in Premier il 15 ottobre 2005, con gol, al Sunderland: nel 2009 un altro italiano, Federico Chicco Macheda, avrebbe segnato all’esordio. Per Rossi, nel frattempo, un anno in prestito: metà a Newcastle, poi 9 gol in 19 partite a Parma nel 2007. Non c’era spazio per lui: allo United già c’erano Ronaldo e Rooney, in più stava per arrivare Tévez. Così è arrivato il Villarreal.
Gioia, ricadute, il ristorante
Nell’estate 2007, per 11 milioni di euro, Rossi si è trasferito in Spagna al Sottomarino Giallo. Anche qui ha segnato al debutto, poi un magnifico crescendo: 13 gol il primo anno, 15 il secondo, 17 il terzo, 32 il quarto (di cui 11 in Europa League). Eppure, nell’ottobre 2011, la rottura del legamento crociato anteriore: sei mesi ai box, una ricaduta in allenamento e altri dieci fuori. Rossi, ex miglior marcatore di sempre del Villarreal (82 reti, record infranto da Gerard Moreno lo scorso agosto), è ripartito daccapo. Nel gennaio 2013 a Firenze: gioia (ritorno al gol dopo 23 mesi, tripletta in un memorabile 4-2 inflitto alla Juventus, k.o. al Franchi dopo 15 anni) e lacrime quando il ginocchio ha fatto nuovamente crack. Una stagione, la 2014/15, saltata interamente. Il prestito al Levante nel gennaio 2016, l’anno a Vigo col quinto grave infortunio della sua carriera: rottura del crociato anteriore. Il tentativo di rinascita a Genova, nel dicembre 2017, un solo gol, quello segnato alla “sua” Fiorentina. La positività alla dorzolamide. Il ritorno allo United di Solskjær, per tornare in forma. L’apertura di un ristorante nel New Jersey, Piazza 22, suo numero di maglia. Il ritorno sul campo dopo 21 mesi, nella MLS, a febbraio 2020 col Real Salt Lake: 7 partite e un gol. E ora, la Spal.
«Living the Italian dream»
Il legame di Rossi con gli USA sta tutto in un’intervista al New York Times: «Torno lì ogni estate e a Natale, cinque giorni». Quando però nel 2005, a 18 anni, il c.t. Bruce Arena gli offrì una convocazione in Nazionale, Rossi rifiutò: «Il mio sogno è l’Italia. Tutta la mia famiglia, tranne me e mia sorella, è nata lì». Che beffa: out al Mondiale 2010 per scelta tecnica del c.t. Lippi, quindi a Euro 2012 per infortunio e al Mondiale 2014 non convocato da Prandelli, nonostante 16 gol stagionali. Ma Rossi è forte: «La cosa peggiore che possa fare è pensare che io sia maledetto. Piuttosto, devo convincermi che andrà tutto bene». Era stato tristemente profetico Jeré Longman, giornalista del NYT, nel 2009: «Young Soccer Star Is Close to Completing His Italian Dream». Non scrisse però entro quanto. Poco male, forse: il sogno è ancora lì e Pepito è ancora in tempo.