Il bilancio delle seconde squadre, due anni dopo

by Redazione Cronache

di Luca Anastasio

Prima di parlare di seconde squadre e di Under23, facciamo un passo indietro, precisamente al 13 Novembre 2017. Siamo a San Siro, Italia e Svezia si giocano l’accesso ai Mondiali. La partita finisce 0-0, passa la Svezia, forte dell’1-0 ottenuto in casa.

Il giorno dopo, in Italia, è lutto nazionale. I vertici della Federazione si dimettono, mister Ventura (dopo qualche giorno di tentennamento, ndr) anche. C’è chi parla di riforme, chi parla di un movimento ormai concluso, chi affida tutte le colpe all’ex allenatore del Torino. Ecco, in mezzo allo sgomento e alla indignazione, qualcuno ha iniziato a chiedersi quali riforme la FIGC avrebbe potuto introdurre per risollevare le sorti del calcio italiano. La proposta che ha ottenuto più consensi all’interno della Federazione è la re-introduzione delle seconde squadre.

Le seconde squadre, già presenti in Italia tra il 1904 e il 1976, sembravano potessero essere la soluzione a (quasi) tutti i problemi ma, due anni dopo la loro introduzione, soltanto una società ha usufruito di questa possibilità.

REGOLE FERREE

La domanda potrebbe sporgere spontanea: perchè la sola Juventus ha una squadra U23 (vero nome delle secone squadre)? Esiste più di un motivo. Le regole imposte dalla FIGC sono piuttostro stringenti: le seconde squadre partecipano di diritto anche alla Coppa Italia Serie C e possono conseguire la promozione in Serie B, ma non potranno mai partecipare allo stesso campionato della relativa prima squadra.

Le rose devono essere composte da un massimo di 23 calciatori, di cui almeno 19 under 23 e massimo 4 (tra cui un portiere) fuori quota (a condizione che non abbiano disputato più di 50 gare in Serie A). Di questi 23 calciatori, almeno 16 devono essere “cresciuti calcisticamente in Italia” (il che significa che devono essere stati tesserati per almeno 7 stagioni da una società affiliata alla FIGC).

Tra i principali requisiti di iscrizione vi sono anche la disponibilità di un stadio omologato per la Serie C (per questo la Juventus U23, non potendo giocare a Vinovo, è costretta a giocare al Moccagatta di Alessandria) e un contributo straordinario annuo di 1.2 miliomi di euro alla Lega Pro (che organizza il campionato di Serie C senza, tuttavia, garantirti l’acquisizione di diritti economici e di diritti di voto in seno alla Lega, negati alle società che partecipano con le seconde squadre).

JUVENTUS U23

Citiamo l’esempio della Juventus U23 per parlare anche dei vantaggi delle seconde squadre. Ai club interessa che i giovani calciatori crescano all’interno del club, sia per questioni di bilancio (in caso di cessione del giocatore si ottiene una buona plusvalenza), sia per questioni di rosa (ogni club deve avere in rosa 4 giocatori provenienti dal vivaio) e ancora perchè c’è più controllo da parte del club stesso.

Come riportato da jzsportnews.com, la Juventus, solo per il mercato della squadra Under23, avrebbe speso più di 45 milioni, a cui vanno aggiunti quelli per la registrazione della squadra (1.2 milioni) e quelli per l’affitto del Moccagatta. Durante il primo anno sono in particolare due i giocatori che si sono fatti vedere: Mavididi, attaccante francese ceduto al Montpellier per una cifra superiore ai 6 milioni di euro, e Hans Nicolussi, quest’anno in prestito al Perugia in Serie B, dove ha raccolto 23 gettoni con un goal e 6 assist.

Il secondo anno, invece, ha visto l’arrivo di tanti giovani, tra i quali Marques, cantera Barça, e Rafia, ex OL con 3 presenze con la Tunisia. Un giocatore che si è messo ampiamente in mostra è il classe ’98 Simone Muratore, ceduto due settimane fa all’Atalanta per 7 milioni.

Insomma, per una società avere una seconda squadra può essere un vantaggio, e la Juventus lo dimostra. Ma è altrettanto vero che le società di oggi difficilmente investono sul futuro a lungo termine (Atalanta esclusa), ma preferiscono rinforzarsi per il breve termine. Esiste una scelta giusta e una sbagliata? Tempo al tempo, lo scopriremo.

 

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