«Non ero io ad allenare lui, ma lui ad allenare me»: Samuele Vignato ha solo iniziato

by Alessandro Lunari

Sono bastati 13 minuti a Samuele Vignato per mettere subito le cose in chiaro: il tempo di attaccare l’area di rigore, recuperare una palla vagante, spostarsela dal destro al sinistro disorientando il marcatore e battere il portiere con un diagonale imprendibile. Facile, no? «Il suo grande pregio è che fa sembrare semplici cose difficilissime», dice a Cronache di Spogliatoio Nicola Lonzar, suo allenatore nei giovanissimi regionali del Chievo. «Giocate come quelle gliele ho viste fare decine di volte», ricorda soddisfatto. Fratello minore del gioiellino del Bologna, con la rete in Monza-Pordenone del 25 settembre è diventato il primo nato nel 2004 a segnare in Serie B. Ma, per chi l’ha visto crescere, non c’è niente di straordinario: «Lo avevo già osservato nelle altre categorie del settore giovanile ed era qualcosa fuori dal comune», continua Lonzar, ora tecnico della Belfiorese (Eccellenza veneta) e nello staff degli scout dell’Hellas Verona. «Capiva perfettamente il calcio già a 14 anni, aveva i tempi e la percezione delle cose di un professionista. Non ero io ad allenare lui, ma lui ad allenare me».

 

Non vuole meriti, Lonzar, ma parla del suo ex pupillo con un orgoglio che il telefono non è in grado di nascondere: «Quando vengono fuori talenti così sono tutti bravi a dire ‘io l’ho scoperto’, ‘io gli ho insegnato questo’, ‘io gli ho insegnato quello’. Io non ho queste pretese, spero solo di avergli lasciato qualcosa. Ma vederlo segnare in Serie B mi ha emozionato tanto». Perché Samuele Vignato, nonostante il fisico minuto e la faccia ancora da bambino, non è uno di cui ci si può scordare facilmente: «Sa fare tutto, e sembra corra più rapidamente con la palla tra i piedi che senza. Ma non è uno che gioca da solo: se c’è da partire in dribbling lo fa, ma se c’è da fare una sponda o una giocata di prima non ha problemi. Non sbaglia mai una scelta».

Le stimmate da fenomeno possono portare a volte a qualche eccesso caratteriale. Non in questo caso: «È un ragazzo di un’umiltà incredibile, forse anche troppa. Ricordo una volta, era la prima partita dell’anno e andammo a giocare un torneo nel vicentino. All’ultimo minuto siamo sotto di un gol e ci fischiano un rigore a favore. Vignato lascia il pallone a un compagno, che sbaglia. A fine partita vado da lui e gli dico: ‘Capisco tutto, ma i rigori li devi tirare tu’. Volevo che si prendesse più responsabilità, e in realtà se le prendeva, ma a volte per valorizzare i compagni faceva anche un passo indietro». Questione di educazione, e di una famiglia che non ha mai creato problemi: «Io ho avuto anche Emanuel, un altro ragazzo d’oro. Merito di due genitori splendidi che hanno insegnato a entrambi i valori giusti».

La domanda sorge spontanea: chi è più forte tra i due? La risposta è quella che ci si aspetta: «Sono diversi. Emanuel è meno punta, più esterno d’attacco o trequartista. Samuele è più una seconda punta, su certi aspetti già più smaliziato. Tecnicamente sono simili, anche se Samuele ha più forza e quando corre sembra bruciare il terreno, mentre Emanuel nella corsa è più leggero, sembra volare. Anche lui dovrebbe togliersi di dosso un po’ di umiltà, ma meglio così che non il contrario».

Al piccolo Vignato è anche legato il ricordo più bello della carriera di Lonzar da allenatore, la vittoria nel torneo di Abano nel 2018 riservato agli Under 14. «In quei giorni gliene ho viste fare di tutti i colori», ricorda con un po’ di nostalgia. «Giocavamo contro squadre fortissime, Chelsea, Porto, Dinamo Kiev, Fiorentina… ma lui era troppo più forte di tutti». Una supremazia confermata dai numeri; 14 gol in sei partite e premio come miglior giocatore del torneo: «È stata una cavalcata incredibile. All’esordio eravamo 0-3 dopo 15’ e 1-4 a inizio ripresa, e l’abbiamo vinta 5-4. La seconda partita l’abbiamo pareggiata in pieno recupero. Alla quarta, per passare il girone dovevamo vincere con quattro gol di scarto: li ha segnati tutti Samuele, tutti nel primo tempo». Poi un netto 5-0 al Chelsea in semifinale e 2-1 alla Fiorentina, la squadra migliore del torneo, con doppietta di Vignato. «A fine partita ero in lacrime e ho ringraziato tutti i ragazzi. Avevamo fatto una cosa impensabile».

 

Un buon maestro sa però quando usare il bastone e quando la carota: «Ricordo che una volta lo mandai in tribuna perché non mi era piaciuto, non aveva dato il massimo. Lui non ha detto una parola, ha capito e non ha fatto il minimo problema. Anche per questo si fa adorare: è sempre stato il più forte, ma gli vogliono tutti bene». C’è però qualcosa che Lonzar riconosce di aver fatto per aiutarlo a crescere? «Credo semplicemente di averlo messo nelle condizioni migliori per esprimersi. Se poi ho influito in qualche modo, magari, me lo dirà lui. Ma sarebbe venuto fuori anche senza me».