Il Verona è davvero in crisi? Le cause della flessione dell’ultimo mese

by Redazione Cronache

Guardando soltanto i numeri, il Verona sembra una squadra in crisi. Dopo aver raggiunto la salvezza matematica vincendo a Cagliari poco più di un mese fa, i gialloblù hanno raccolto appena due punti nelle successive sei partite. Un rendimento basso per una squadra che dall’inizio della stagione è rimasta stabilmente nella parte sinistra della classifica. Cinque gol fatti e otto subiti, quattro sconfitte consecutive tra l’11 e il 25 aprile. Numerosi impietosi. Eppure c’è qualcosa che i dati non dicono. Il Verona è molto più vivo di quello che il tabellino dimostra. Non è un caso che tutte le partite perse dai veneti siano state di misura: volendo escludere il 3-1 subito a Marassi dalla Sampdoria (in cui però il terzo gol di Jankto è arrivato all’82’), ci sono gli 0-1 contro Lazio e Inter e il 2-1 con cui la Fiorentina è passata al Bentegodi.

Valorizzazione

Una volta centrato l’obiettivo, Juric ha cominciato a fare degli esperimenti. Il motivo lo ha spiegato domenica dopo il pareggio con il Torino. «Ogni anno valorizziamo giocatori di altri club» ha rivelato a Dazn. Tradotto, ad agosto si costruisce un sistema che poi a giugno viene completamente smantellato. Gli esempi sono tantissimi: Pessina, esploso e poi tornato all’Atalanta da protagonista, Verre, trasformato in trequartista e ora dodicesimo uomo della Sampdoria ed Eysseric, che ha imparato l’arte della mezz’ala e se l’è portata a Firenze. Tanti protagonisti di quest’annata, come Ilic, Ceccherini, Salcedo, Barak e Lasagna sono in prestito ed eventuali rinnovi o riscatti devono ancora essere definiti.

 

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Lavori in corso

Per questo motivo Juric sta lavorando in prospettiva, per farsi trovare pronto all’inizio della prossima stagione. L’allenatore croato ha poche certezze sulla rosa che avrà a disposizione tra qualche mese e questo aspetto inizia a stargli un po’ stretto. «La società non mi ha ancora contattato, è un brutto segnale, una mancanza di rispetto per l’incredibile lavoro svolto» ha dichiarato domenica. Juric vuole chiarezza, ma non sul suo contratto, quanto piuttosto sulla visione del club. «Lavori con il cuore, ti fai dei film, ma se non vedi la stessa volontà nella società, la vedi male» ha precisato, sottolineando come se non c’è lo stesso entusiasmo tra settore sportivo e amministrativo non si va lontano. Nel frattempo Juric continua a provare diverse soluzioni. Il modulo rimane sempre quello, il 3-4-2-1, ma cambia l’interpretazione: molto più verticale con Lasagna, più corale con Kalinic. «È un mio grande rimpianto» ha detto del croato l’allenatore a Sky Sport «perché quando gioca alza il livello dei compagni e purtroppo quest’anno ha subito troppi infortuni».

Gli errori si pagano

Almeno dal punto di vista della manovra la squadra sembra non averne risentito. I dati offensivi, infatti, sono in linea con la media di quest’anno. Anzi, in alcune occasioni, come contro lo Spezia e la Fiorentina, il valore degli expected goals e dei tiri in porta sono decisamente aumentati rispetto al solito. Le ragioni del periodo negativo vanno quindi trovate nelle disattenzioni difensive. I tre dietro non lavorano male di reparto, perché chiunque entra si adatta subito ai movimenti. Tra Lovato, Cetin, Dawidowiczm Gunter, Magnani, Dimarco e Ceccherini le alternative non mancano e Juric le ha utilizzate spesso, non rinunciando mai ai suoi principi: pressione alta e scivolamento laterale.

In questo finale di campionato, però, il Verona sta pagando dei singoli errori. Il colpo di testa di Vojvoda, che domenica ha regalato il vantaggio al Torino, è frutto di una mancata comunicazione tra Gunter e Lazovic, sorpresi alle spalle dall’esterno kosovaro. A San Siro contro l’Inter Magnani ha annullato Lukaku, poi  Faraoni stringe troppo una diagonale, nessuno aiuta da centrocampo ed ecco che Darmian ha un’autostrada per segnare l’1-0. Per non parlare poi dello spazio concesso a Caceres nel match contro la Fiorentina. Una respinta un po’ più corta e saltano completamente le marcature a zona. Tutte reti prese superficialmente negli ultimi minute, che hanno tolto diversi punti.

Salvo troppo presto

La classifica, poi, ha di certo avuto il suo peso. Avendo conquistato i quaranta punti con nove giornate d’anticipo ed diventato chiaro fin da subito che non potevano raggiungere l’Europa, i giocatori si sono un po’ rilassati, prima nella testa e poi nelle gambe. Tentano soluzioni più complicate e scendono in campo più liberi, ma anche meno attenti. Giocano per il gusto stesso di giocare, per l’amore che hanno per questo sport. Un aspetto che se da una parte porta ad ampliare le abilità tecniche e tattiche, perché si provano situazioni nuove e non codificate, dall’altra fa sì che l’errore rimanga sempre dietro l’angolo. Per non buttar via la bella immagine costruita nella prima metà di stagione, quindi, l’Hellas dovrà risolvere queste imperfezioni, non rinunciando alle quelle idee che in due anni sono valse quasi novanta punti.