È mai capitato che la Nazionale vincitrice degli Europei non si qualificasse ai Mondiali?

by Giuseppe Pastore
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di Giuseppe Pastore

Dalle 22:40 di lunedì sera impazza la domanda fatale: è mai capitato che una Nazionale campione d’Europa in carica non prendesse parte al Mondiale successivo, come rischia di poter succedere all’Italia di Mancini? La risposta è sì: ci sono addirittura tre precedenti diversi risalenti a tre epoche diverse, in cui ai Mondiali si qualificano 16, 24 o – come adesso – 32 squadre. Ulteriore aggiunta che non farà piacere ai tifosi azzurri: in tutti e tre i casi, la squadra in questione aveva saltato anche il Mondiale precedente.

Negli anni Settanta, con Mondiali riservati a sole 16 squadre, non era inusuale che restassero fuori grossi calibri. Così accadde alla Cecoslovacchia, che nel 1976 aveva vinto l’Europeo in Jugoslavia ai rigori contro la Germania Ovest – finale passata alla leggenda per il rigore a cucchiaio di Antonin Panenka che aveva beffato il fortissimo Sepp Maier e consegnato ai cecoslovacchi l’unico titolo europeo della loro storia. Nel girone di qualificazione ad Argentina 1978, i campioni d’Europa furono sorteggiati in un gironcino a tre con Scozia e Galles che riduceva al minimo il margine d’errore. Panenka e compagni iniziarono benissimo, con un 2-0 alla Scozia a Praga, ma tra marzo e settembre 1977 incapparono in due rovinose sconfitte in Regno Unito (0-3 a Wrexham contro il Galles, 1-3 a Glasgow) che compromisero il cammino verso il Mondiale. Soprattutto quella di Glasgow, senza gli infortunati Panenka e Petras e il capitano Ondrus, tutti elementi-cardine della vittoria del 1976, fu segnata da una lunga serie di disavventure. A causa di uno sciopero dei controllori di volo, i cecoslovacchi furono costretti a sobbarcarsi un lungo viaggio notturno in treno da Londra a Glasgow, del tutto improvvisato, tanto che non c’erano vagoni-letto disponibili e toccò loro arrangiarsi sui sedili. La Federazione cecoslovacca chiese all’UEFA un rinvio di 24 ore, che fu rifiutato. Inoltre il portiere dell’Under 21 Macak fu arrestato perché sorpreso a rubare in un negozio di Glasgow. In questo contesto i cecoslovacchi si arresero senza lottare, cadendo 3-1 sotto i colpi di Kenny Dalglish e dello Squalo Joe Jordan, al massimo recriminando per il secondo gol scozzese di Hartford viziato da un intervento sul portiere Michalik che oggi sarebbe considerato falloso. Nello stesso stadio, quattro anni prima, la Cecoslovacchia era stata eliminata anche sulla strada dei Mondiali 1974. Insomma, come se a marzo l’Italia uscisse in finale play-off a San Siro contro la Svezia…

La favola della Danimarca 1992, ripescata all’Europeo svedese al posto della Jugoslavia e trionfatrice in finale contro i campioni del mondo della Germania, non si ripeté due anni dopo in America. Le modalità di eliminazione di Laudrup e soci furono piuttosto rocambolesche: sarebbe bastato un pareggio all’ultima partita in Spagna e le cose si erano messe anche molto bene, visto che dopo dieci minuti i padroni di casa erano rimasti in 10 per l’espulsione di Zubizarreta, reo di un fallo da ultimo uomo per stendere il compagno di club Michael Laudrup. Paradossalmente la superiorità numerica scombinò i piani dei danesi, abilissimi in contropiede, molto meno a loro agio quando si trattava di fare la partita. Costretto a far esordire in Nazionale il portiere Canizares, il ct spagnolo Clemente raccomandò ai suoi prudenza e attenzione, confidando in qualche calcio piazzato come unica possibile occasione per segnare. Ma nel clima infuocato del Sanchez Pizjuan – Siviglia è la città-talismano della Seleccion, che ci ha anche giocato la partita decisiva domenica scorsa contro la Svezia – le Furie Rosse fecero il miracolo, vincendo in 10 contro 11 con un colpo di testa di Fernando Hierro, dopo un’uscita a vuoto del monumento Schmeichel. Quest’ultimo era stato forse disturbato da un “blocco” di Bakero, tant’è che il giorno dopo i quotidiani danesi parlarono apertamente di rapina. Ma finì 1-0 e a USA ’94 ci andarono la Spagna e l’Irlanda, cui bastò un pareggio a Belfast per passare da seconda.

Anche la Grecia di Otto Rehhagel, clamorosamente campione d’Europa 2004 in Portogallo a suon di capocciate contro Francia, Repubblica Ceca e Portogallo, mancò la qualificazione al Mondiale tedesco. Non c’è dubbio che si trattasse della più scarsa delle tre squadre in esame, ma il girone – addirittura a sette squadre – non sembrava particolarmente impegnativo: Grecia, Ucraina, Turchia, Danimarca, Albania, Georgia, Kazakistan. Invece Zagorakis e compagni finirono addirittura al quarto posto a causa di una pessima partenza, in piena sbornia da ouzo dopo i festeggiamenti del 2004, con una sconfitta in Albania e due pareggi contro Ucraina e Turchia. La lepre del girone diventò a sorpresa l’Ucraina, trascinata da uno Shevchenko in forma stellare che, grazie anche alle sue prestazioni in Nazionale, nel gennaio 2005 alzò al cielo di San Siro il Pallone d’Oro. Senza veri fuoriclasse in campo, con la pressione del titolo europeo che “doveva” essere seguito dalla qualificazione al Mondiale, i greci tentarono di rimettere le cose a posto con quattro vittorie consecutive, ma l’8 giugno 2005 incapparono in un primo passo falso ad Atene, perdendo in casa contro l’Ucraina che passò con un gol di Husin a otto minuti dalla fine dopo uno svarione difensivo. Il colpo di grazia arrivò l’8 ottobre: la Grecia avrebbe dovuto vincere in Danimarca per poter ancora puntare agli spareggi e scavalcare quantomeno la Turchia al secondo posto, invece arrivò un’altra sconfitta. I danesi vinsero alla maniera dei greci nel 2004: calcio d’angolo, colpo di testa di Gravgaard, 1-0. Il loro punteggio preferito, quello ripetuto tre volte in quarti, semifinali e finale di Euro 2004, fino a finire sul tetto d’Europa.