Allenare la Nazionale u-19. Bollini: «Scouting, analisi e far sentire la fiducia»

by Giacomo Brunetti

L’Italia u-19 che ha approcciato all’Europeo di categoria ha un background atipico. A causa delle limitazioni legate alla pandemia, il gruppo dei 2004 ha saltato l’Europeo u-17 e, in linea generale, la possibilità di accumulare esperienza internazionale è venuta meno a causa degli eventi rimandati e delle opportunità perse.

Il lavoro di Alberto Bollini e del suo staff è stato ostico. Seguendo le linee federali impostate da Maurizio Viscidi  coordinatore delle nazionali giovanili maschili della FIGC – e ottimizzando i risultati degli scout azzurri, ha estrapolato i ragazzi che prima hanno affrontato positivamente la fase Elite, e successivamente selezionato i 20 profili impegnati nella competizione a Malta. Abbiamo intervistato il CT a poche ore dalla vittoria (per 4-0) nella gara d’esordio contro i padroni di casa e ci ha mostrato come «la rosa a nostra disposizione è variegata. Qualcuno di loro ha terminato la stagione il 20 maggio, qualcun altro era impegnato nel Mondiale u-20 fino a pochi giorni fa».

Soprattutto, c’è stato un altro impegno da non sottovalutare: «Dodici di loro hanno appena conseguito la Maturità, è stato un carico emotivo e cognitivo che ha portato via energie. Hanno fatto avanti e indietro da Coverciano. Gli ho fatto i complimenti perché è soddisfacente».

Dall’Inter di Esposito alle quattro nazionalità di Koleosho

La nostra Nazionale è arrivata a Malta con un percorso di pochi giorni: Bollini ha puntato sulla condizione e sul miglior gioco possibile considerando il tempo a disposizione. Il lavoro del selezionatore, in questa categoria, «non si gestisce in questo periodo, ma durante l’arco dell’anno. Il mio staff ha fatto un ottimo lavoro e, unito alla strategia federale, abbiamo lavorato tra un raduno e l’altro curando i rapporti interpersonali e mostrando la fiducia ai ragazzi». Bollini segue settimanalmente i propri profili, andando in visita ai club durante la stagione e confrontandosi con gli allenatori delle varie società sui singoli. La sua rosa è un mosaico da comporre, «ma in poco tempo il gruppo è diventato squadra».

Dalla presenza sui campi è nata la storia che ha portato Francesco Pio Esposito in Nazionale. Dopo aver disputato il Mondiale u-20, adesso è il centravanti di Bollini. «Anche coloro che non sono qui oggi sono molto seguiti. Pio ha sempre giocato in Primavera, un campionato che seguiamo con attenzione avendo tanti calciatori che vi militano. L’ho visto dal vivo in alcune circostanze ed era già stato segnalato dal nostro scouting. Onestamente, quando a marzo l’ho portato alla fase Elite, è stato una sorpresa. Lui, Mané, Lipani, Chiarodia… tanti sotto età. Eravamo tra i più giovani. Esposito è progressivamente migliorato: ho scelto i più performanti e lui era tra quelli, anche nello stato psicofisico», e quest’anno ha segnato 15 gol in 30 presenze con la Primavera dell’Inter. Nato nel 2005, ha stupito tutti aumentando il proprio appeal anche in chiave azzurra. «È serio e sa lavorare tanto. Ha accumulato esperienza, buoni profitti e il suo percorso di costante crescita gli è valso anche il biglietto per la Nazionale».

La forza dello scouting non ha rilevato soltanto la possibilità di far incidere uno come Esposito. Una storia diametralmente opposta è quella che ha investito Luca Warrick Daeovie Koleosho, che nei suoi nomi e nei suoi cognomi trasuda integrazione e multiculturalità, specchio di una seconda generazione di sangue italiano. Nato negli Stati Uniti da padre messicano e madre canadese (ma di origini italiane), avrebbe potuto scegliere tra 4 Nazionali: dopo aver militato negli USA u-15, esattamente un anno fa ha risposto alla chiamata della Nazionale canadese. Soltanto il fato ha voluto che non esordisse: ha lasciato il ritiro dopo la cancellazione sia del primo incontro amichevole (in seguito alla scoppio delle proteste anti-governative in Iran), sia del secondo (contro Panama, annullato a causa dello sciopero della rosa canadese nei confronti della Federazione). Adesso l’Italia: «Appena è arrivata la segnalazione dello scouting internazionale riguardo alla possibilità di convocarlo – ci racconta Bollini – abbiamo iniziato immediatamente a studiarlo. Ci siamo subito detti: ‘Alla prima possibilità, convochiamolo a un raduno’. I tempi sono stati ridotti per portarlo a marzo nella fase Elite. A febbraio, la tournée in Turchia è saltata a causa del terremoto. Si è presentato a due giorni dall’appuntamento e sono andato a sentimento sportivo: l’occhio calcistico mi ha detto di fidarmi della sua imprevedibilità e soprattutto della sua tecnica in velocità. Malgrado la sua timidezza, dato che era la prima volta per lui in un gruppio simile, è piaciuto al gruppo. Non parla la nostra lingua e questo è stato trasformato in un gioco che unisce tutti. Quando viene, lo fa con spregiudicatezza e partecipazione: calcisticamente si è meritato tutto. Lo abbiamo convinto a scegliere l’Italia standogli vicino, mostrandogli la nostra cultura: gli ha giovato al piacere di sentirsi italiano». Talento dell’Espanyol, ha già esordito ne LaLiga disputando 6 gare e siglando un gol contro l’Almería.

Dentro la Nazionale u-19: tra Cher e la forza di D’Andrea

La prima vittoria contro Malta – non è una Cenerentola, il loro criterio di selezionamento è diverso dal nostro e le loro Nazionali si allenano tutto l’anno come se fossero un club – ha messo in mostra lo strapotere di Cher Ndour, trionfatore in Youth League con il Benfica nella scorsa stagione e atteso il prossimo anno dal PSG (QUI LA NOSTRA INTERVISTA). Bollini non lo aveva mai potuto convocare poiché il Benfica non lo lasciava partire, essendo gli impegni dell’u-19 fuori dal calendario FIFA: «L’ho trovato… come lo sentivo! L’ho conosciuto da poco e mi ha confermato l’impressione telefonica. L’ho seguito e studiato, è davvero forte».

Protagonista nella partita d’esordio è stato anche Luca D’Andrea del Sassuolo, già in hype in Serie A. Un rigore sbagliato, una rete segnata e tante giocate di livello superiore: «Ha avuto la bravura e l’opportunità di affacciarsi al nostro campionato quando nel Sassuolo c’erano molti infortuni nel reparto offensivo. Tanti ragazzi, poi, quando tornano in Primavera calano. Succede facilmente. Ho parlato con i suoi tecnici e mi hanno detto che questo non è mai accaduto, non ha mai snobbato il campionato giovanile e si è garantito un minutaggio. Giocare nel weekend è fondamentale: un giovane deve giocare. Sennò non fa esperienza e non migliora».

La nostra Nazionale è formata anche da profili cresciuti all’estero: Ndour, Koleosho, ma anche Fabio Chiarodia, recentemente passato per 2 milioni di euro dal Werder al ‘Gladbach. «Sono percorsi diversi perché loro disputano un campionato con una seconda squadra, che è molto vicina alla Prima Squadra e che ti permette di allenarti con i grandi, o di andare anche in panchina. Maturi esperienza fisico-agonistica», ci spiega Bollini, che nella sua carriera ha allenato in tutte le categorie partendo dalla Terza, e in tutte le Nazionali giovanili, dopo essersi laureato in Scienze Motorie. «In Primavera ci sono buoni allenatori, c’è ottima visibilità, ma si è lontani dalla massima serie. La nostra scuola non funziona male. Coloro che vengono dall’estero hanno un percorso diverso di formazione e performance: li trovo agonisticamente pronti».

Il ricordo per Vincenzo D’Amico

L’ultima parola Bollini la vuole spendere per un ricordo per Vincenzo D’Amico, scomparso il primo luglio. «La vittoria contro Malta la dedico a lui. Calcisticamente interpretava ciò che oggi viene saltato: dribbling, tecnica, fantasia. Ero un bambino ed è impossibile non ricordare le sue gesta. Nei tanti anni in Rai, non dimentico il commento fatto insieme alla Serie B: eravamo i due opinionisti e lui aveva un master di simpatia e umanità che aggiungeva all’approfondimento calcistico. Se aveva studiato poco, riusciva a leggere la partita e interpretare il singolo e il gesto senza sbagliare. Un uomo dal cuore aperto e dalla disponibilità straordinaria. Era laziale, e io ho lavorato tanti anni lì. Ero molto curioso di come fosse il suo gruppo all’epoca e la sua scomparsa ha toccato la mia mente e i miei ricordi. Portava il sorriso in un mondo in cui a volte il sorriso viene meno». Alberto Bollini è il condottiero della Nazionale u-19, una squadra che premia la crescita e punta alla maturità. In campo come nella vita.