Gol e casinò: la vita da film di Jefferson Farfán

by Redazione Cronache
Jefferson Farfán

«È il momento di chiudere questa bellissima tappa della mia vita». Si congeda così, con un post su Instagram, Jefferson Farfán. Una carriera di gol – tra Olanda e Germania soprattutto – ma anche bravate e infortuni. Di calcio e cajón, strumento musicale tipico del Perù. Ha vinto ovunque abbia giocato, Farfán: Olanda, Germania, Emirati Arabi Uniti, Russia e Perù. Curioso allora che avesse detto no alla Juventus. E poi la sua storia è diventata un film, La Foquita: El 10 de la calle, uscito a inizio 2020 (quindi su Netflix) e diventato più popolare di Guerrero, il film sull’amico e attaccante peruviano Paolo Guerrero. A interpretare Farfán è l’attore Ray del Castillo, non senza dubbi. Tipo il fatto che lo zio Roberto Carlos Farfán Quispe non venga menzionato: «Dovrà darmi spiegazioni. Lui è La Foquinha, io La Foca. Gli ho fatto pubblicità cosicché diventasse famoso, lo sanno tutti».

Jefferson Farfán, Perù e PSV

Jefferson Agustín Farfán Guadalupe nasce a fine ottobre 1984 a Lima, la capitale del Perù e terza città più popolosa delle Americhe dopo San Paolo e Città del Messico. In qualche modo, Jefferson è destinato a fare il calciatore. Suo zio materno è Luis Alberto Guadalupe detto Cuto, ex difensore di Universitario, Malines e Veria (Grecia) oltre alla Nazionale peruviana. Lo zio paterno si chiama invece Roberto Carlos Farfán Quispe, è un ex attaccante e pure lui ha giocato in Grecia al Veria. Il suo soprannome è La Foca, così suo nipote Jefferson diventa La Foquita. Nel 2000, Roberto lascia l’Alianza Lima – oggi secondo club più titolato del Perù – dove nel 2001 arriva Jefferson. Debutta a 17 anni e vince il campionato nel 2003, segnando il gol decisivo in finale con lo Sporting Cristal. È pronto per l’Europa: a giugno 2004, il PSV Eindhoven lo paga due milioni. Con Guus Hiddink c’è feeling: Farfán segna 67 gol in quattro stagioni (49 tra 2005 e 2007) e vince quattro campionati olandesi di fila, tra van Bommel e Cocu, Afellay e Patrick Kluivert, Diego Tardelli e Dzsudzsák.

Schalke 04 e Mirko Vučinić

A giugno 2008, poi, lo Schalke 04 acquista Jefferson Farfán per 10 milioni. Il peruviano gioca 7 anni a Gelsenkirchen, vince Coppa e Supercoppa di Germania nel 2011, quando a maggio batte 5-2 a San Siro l’Inter di Leonardo. In campo, nel 4-4-2 di Ralf Rangnick, ci sono Edu e Raúl González Blanco, Neuer e Jurado. È il momento d’oro dello Schalke 04: arriva in semifinale di Champions League, ma il Manchester United di Sir Alex Ferguson vince sia in casa che in trasferta. E Farfán lascia i biancoblù di Gelsenkirchen a luglio 2015 dopo 228 presenze e aver giocato con Matip e Rafinha, Grossmüller e Kurányi, Pukki e Sané ma pure il greco Charisteas e Huntelaar. Ora Farfán si trasferisce negli Emirati Arabi all’Al-Jazira di Mirko Vučinić, poi si svincola e a febbraio 2017 accetta la Lokomotiv Mosca. Qui vince un campionato e due Coppe di Russia, segna 25 gol in due anni, in cui s’è peraltro infortunato e risultato positivo al Covid-19, quindi si svincola ad agosto 2020 e a marzo successivo torna a casa, all’Alianza Lima. Una scelta di cuore, come Luis Suárez che, tornato al Nacional, ha vinto il campionato a ottobre. E infatti Farfán vince altre due volte la Liga peruviana (2021 e 2022), la quarta e quinta sue con l’Alianza Lima, e si ritira a fine anno.

Gol, bravate e casinò

A proposito di Perù. Con 102 presenze e 27 gol, Jefferson Farfán è il sesto per presenze e secondo miglior marcatore di sempre de La Blanquirroja, dietro solo l’amico Paolo Guerrero. Gol, ma pure bravate tipo all’hotel Golf Los Incas, costato la squalifica di 18 mesi che Farfán, Acasiete e Claudio Pizarro rimediarono a Lima (poi ridotta a tre mesi). O serate al casinò con rientro all’alba. E sì, il terzo posto alla Copa América in Cile nel 2015 e il ritorno al Mondiale del Perù dopo 36 anni (ma in Russia esce ai gironi). È però senza Jefferson Farfán che il Perù di Ricardo Gareca sorprende in Copa América 2019: si qualifica come terza nel girone con Brasile e Venezuela, batte l’Uruguay ai quarti – errore decisivo ai rigori di Luis Suárez – e in semifinale si vendica col Cile di quattro anni prima. Peccato che in finale vinca il Brasile di Tite. Ma non rovina la storia da film di Farfán.