Kvaratskhelia, dai monti del Caucaso per danzare sulla Serie A

by Matteo Lignelli
Khvicha Kvaratskhelia

È colpa sua se da ieri avete l’internet intasato di strani girigogoli. Di lettere che si attorcigliano su se stesse. Un giochino a cui era quasi impossibile sottrarsi, facile e divertente. Troppo invitante il gol segnato da Khvicha Kvaratskhelia, troppo simile a quelli del suo predecessore Lorenzo Insigne, per non correre su Google Translate a scoprire come si dice ‘tiro a giro’ in georgiano. Anche perché, alla fine, non è proprio quel che è successo in campo? La traduzione di un gesto tecnico: ‘o’ tiraggir’ dell’ex capitano del Napoli, così tipico da entrare nell’enciclopedia Treccani, preso in prestito dall’ultimo arrivato per stendere il Monza.

Stavolta non c’entrano niente l’allievo e il maestro e le solite storie. Insigne e Kvaratskhelia non si sono nemmeno sfiorati, al massimo spiati su YouTube e gli altri social. Ma Khvicha e il Napoli, loro sì, si sono incontrati nel momento perfetto. E ora sulla fascia sinistra c’è questo ragazzone timido, religioso e così smilzo ed elegante che sembra arrivato apposta per danzare sulla Serie A, come in quei balli tradizionali delle sue terre che si lasciano ammirare in tutto il mondo. In due partite ha già segnato di testa, da fuori area e con entrambi i piedi. Con tanto di esultanza alla Steph Curry, il suo giocatore Nba preferito.

Kvaratskhelia il dribblomane

L’impatto di Kvaratskhelia col nostro campionato ha cambiato tutto. La concezione del mercato del Napoli, adesso trattato come un esempio da seguire (alla luce, pure, dei colpi Ndombele, Simeone e Raspadori), le ambizioni della squadra di Spalletti che ha messo insieme 9 gol in 180 minuti, quasi il doppio di Inter e Milan. Ma anche la considerazione per questo fantasista di 21 anni dal nome impronunciabile, che adesso tutti conoscono. Il suo allenatore se lo gode: «Ha fatto vedere abbastanza, ma sa fare di più. Deve solo liberarsi delle pressioni che ha addosso e che possono mettere in discussione il suo uno contro uno fulmineo».

Era questo, infatti, che si raccontava di lui negli anni passati in Russia:  che andasse matto per i dribbling. Di scorribande col pallone incollato ai piedi e numeri che non sai mai se sono veri, tipo quelli di cui parla il sito della Federazione: otto dribbling tentati ogni 90 minuti, di cui la metà andati a buon fine.

È la ragione per cui Zuriko Davitashvili, suo amico d’infanzia e dopo compagno al Rubin, arrivò a sostenere che fosse arrivato il momento di chiamarlo ‘The Georgian Messi‘, il Messi georgiano. Da noi, invece, si è presentato con tre gol e un assist in due giornate. La prima doppietta in un giorno particolare come quello dell’esordio al Maradona: prima una bordata a giro aprendo il destro (il suo piede) e poi un mancino, questo sì, dopo aver lasciato sul posto un avversario. In una sfida in cui ha esultato pure il ‘mostro’ Kim.

Il padre, la Nazionale, la guerra

Un altro che in famiglia pare nato per segnare. Come suo padre, Badri Kvaratskhelia, attaccante di successo della Dinamo Tbilisi prima di passare sette anni nel campionato azero, vincendo due volte il titolo di capocannoniere e scegliendo la nazionale dell’Azerbaigian con cui ha debuttato nel 2000 a 35 anni. Aspettando, chissà, il più piccolo della dinastia che oggi ha 12 anni «ed è già un ottimo calciatore» dice suo fratello.

Suo papà era nato in Georgia, a Nakipu. Più vicina alla costa rispetto a Tbilisi, distante oltre cinque ore di macchina, dove Khvicha ha iniziato a giocare. Lui, fin dalle giovanili, non ha mai avuto dubbi sul Paese da rappresentare. Proprio con la Georgia, di cui ormai è il leader, aveva realizzato lo scorso novembre una doppietta in grado di riaccendere l’attenzione dei grandi club europei. Anche perché si era trattato di una prestazione in cui ha messo insieme fiuto del gol, dribbling e un altro tiro a giro alla Insigne su cui però l’ex Roma Robin Olsen ha fatto un miracolo.

Nel cuore del Caucaso, in un territorio che sta a cavallo tra l’Europa e l’Asia, da tanti anni aspettavano un giocatore del genere. Le montagne che ama e dove torna appena può, così diverse dalla Napoli che sta scoprendo in queste settimane. Ha quei movimenti fluidi e quella fantasia per cui la Georgia si distingueva in passato, un’anarchia tecnica a cui l’Unione sovietica ha voluto imporre la propria disciplina.

Khvicha ci è rimasto fino a 18 anni, poi è andato in prestito alla Lokomotiv Mosca e ha firmato un contratto di 5 anni col Rubin Kazan (tre stagioni,73 partite, 9 gol e 18 assist). Con cui si è presentato proprio nello stadio dei moscoviti, costretto a scusarsi coi suoi ex tifosi per la rete del pareggio in risposta a una punizione di Aleksey Miranchuk, ora al Torino. Perché se c’è qualcosa che l’ha sempre contraddistinto nel suo percorso, allora è la capacità di incidere subito. Così nel 2020 viene eletto miglior giovane di un campionato che ha lasciato solo pochi mesi fa, a causa della guerra. Qualche settimana alla Dinamo Batumi, in Georgia, per non perdere la forma e poi il ritiro estivo col Napoli di Spalletti. Tra i racconti delle sue galoppate palla al piede e lo scetticismo su un ambientamento che da noi non è mai facile per nessuno. Spazzato via dal vento di un tiro a giro e di un cambio di passo.