Piqué, Fàbregas, García: il richiamo de La Masia è troppo potente

by Redazione Cronache

di Gabriele Codeglia

Luogo mistico, forse magico. Una piccola oasi che trasuda catalanidad.
È La Masia de Can Planes, costruita nel lontano 1702 da parte di Magí Planes, nipote di tal Pere che aveva acquistato la primordiale fattoria circa quarant’anni prima.
Precisamente il 19 dicembre del 1950, l’ultimo erede della famiglia Planes, ovvero Francesc Planes Buera, cede l’enorme proprietà al Barcellona per una cifra pari a 6 milioni di pesetas dell’epoca. In quel periodo si sta ideando il progetto del nuovo stadio, il Camp Nou, che sorgerà proprio di fronte a La Masia.

Dopo aver utilizzato la struttura per vari scopi, il club blaugrana decide di attrezzarla e dedicarla totalmente alla crescita e alla formazione dei propri giovani talenti. È la scelta del presidente Josep Lluís Núñez, eletto il 6 maggio del 1978, entrerà in carica il 1° luglio successivo, rimanendo alla guida della società fino al 23 luglio del 2000, succeduto da Joan Gaspart.
Ed è in quei giorni che la storia del Futbol Club Barcelona cambia per sempre. La Masia diventerà il centro gravitazionale di coloro che da sempre si definiscono… ‘Més que un Club’.
Il 20 ottobre del 1989 vengono inaugurati i lavori di ristrutturazione per un costo totale di 17 milioni di pesetas. Sono gli ultimi anni bui, culminati con L’ammutinamento di Hesperia, prima della venuta del ‘profeta-allenatore’ che spiegherà, definitivamente, le vele del calcio targato Barcellona: il suo nome, ovviamente, è Hendrik Johannes Cruijff.
Più di 500 giovani giocatori sono passati di lì, nell’arco di 32 stagioni, fino alla chiusura definitiva datata 30 giugno 2011 quando la ‘nuova Masia’ viene spostata presso la ‘Ciudad Deportiva Joan Gamper’.

Ma il nome e l’essenza restano quelli: La Masia.
Il termine descrive appunto un edificio di costruzione rurale, letteralmente ‘fattoria’, molto comune in tutto l’est della penisola iberica, in particolare nell’antico regno di Aragona, che ha origine dalle antiche ville romane.
Nel 2021, per gli appassionati di calcio, questa parola non può che far scattare la mente verso due colori e una filosofia troppo importante per essere riassunta in poche righe.

Pallone d'Oro

Tra i tanti ragazzi che sono passati di lì, molti hanno scritto la storia del calcio: da Xavi a Iniesta, da Messi a Pedro, Busquets e Puyol. Ma c’è anche chi La Masia l’ha lasciata per provare ad inseguire un sogno passando attraverso altri luoghi e, negli ultimi anni, i casi si stanno verificando sempre più spesso, a testimonianza del fatto che il richiamo de La Masia è troppo potente.

I ritorni meno ‘memorabili’ delle ultime stagioni rispondono ai nomi di Gerard Deulofeu, Aleix Vidal e Cristian Tello.
Il primo, esterno d’attacco classe ’94 che sembrava promettere più che benissimo, è entrato nel settore giovanile del Barcellona nel 2003, poi Squadra B e l’esordio sotto la guida di Pep Guardiola nell’aprile del 2011. In seguito, le esperienze con le maglie di Everton e Siviglia (in prestito). I Toffees lo acquistano nel 2015 e lo prestano al Milan dopo un anno e mezzo. Una carriera costernata da infortuni gravi e costanti. I Blaugrana esercitano il diritto di recompra il 20 giugno del 2017 e, per 12 milioni di euro, Deulofeu torna a vestire la maglia con cui era cresciuto. L’avventura (bis) si concluderà però con sole 17 presenze e 2 reti.
Vidal, invece, ha assaporato il fascino de La Masia soltanto per una stagione (2001-2002), quando aveva dodici anni. Poi le esperienze in altri cinque settori giovanili. Per lui, il ritorno in Catalogna è datato 7 giugno 2015, quando il Barça spende 17 milioni di euro per acquistarlo dal Siviglia. L’esterno destro rimane per tre stagioni, vincendo 2 volte LaLiga, 3 volte la Copa del Rey e una la Supercoppa spagnola.
Per Tello, il periodo di formazione nella cantera del Barcellona dura dal 2002 al 2008, viene ceduto al Damm per poi trasferirsi successivamente all’Espanyol. Il classe ’91 viene riacquistato nell’estate del 2010 e aggregato alla Squadra B. In seguito rimane in pianta stabile con la prima squadra tra il 2011 e il 2014: seguiranno le esperienze in prestito al Porto e alla Fiorentina, prima della cessione al Real Betis.

Cesc Fàbregas

Catalano di Arenys de Mar, a circa quaranta chilometri da Barcellona, entra nelle giovanili del Barça nel 1997 all’età di dieci anni. Ma, sempre più conscio del fatto che lì il suo spazio non riuscirà a ritagliarselo, l’11 settembre del 2003 firma con l’Arsenal di Arsène Wenger. L’11 settembre, proprio il giorno della Diada Nacional de Catalunya.

«Avevo uno stereo, alcuni vestiti, un computer, un minuscolo televisore che era collegato alla mia PlayStation. In effetti, era così piccolo che penso di essere quasi diventato cieco giocandoci».

Questi i primi ricordi di un Cesc ancora adolescente, in un’intervista rilasciata a The Times il 28 febbraio del 2007. È la quotidianità del dormitorio di Barnet, Hertfordshire, nel periodo in cui, sorprendentemente anche per lui, arriva l’esordio in prima squadra: il 23 ottobre 2003, sfida di Coppa di Lega contro il Rotherham United, diventando così in quel momento il più giovane esordiente di sempre della storia dei Gunners a 16 anni e 177 giorni.

«Sapevo che c’erano grandi giocatori, ma non ho mai pensato alla prima squadra in quel momento. Voglio dire, ero lì per giocare nel settore giovanile, non avrei mai immaginato di dovermi preoccupare del centrocampo della prima squadra. Avevo 16 anni… normalmente i giocatori hanno una possibilità verso i 22 anni o giù di lì. Pensavo che sarebbe stato lo stesso per me. Non immaginavo certo che, in meno di un anno, avrei giocato regolarmente al loro fianco».

È il talento di Cesc, troppo grande per essere lasciato in panchina. Alla fine chi è più forte e merita, gioca e gioca anche tanto. In 8 stagioni tra Highbury e Emirates Stadium, le presenze saranno 303, condite da 57 gol e innumerevoli assist.
Poi però il richiamo è troppo forte, anche se servono un po’ di milioni: sono circa 40, bonus compresi, quelli che il Barcellona spende il 15 agosto del 2011 per riportare Fabregas a casa.
Capitan Puyol lo aveva già ‘rivestito’ di blu e granata pochi giorni dopo la finale del Mondiale sudafricano vinta contro l’Olanda, durante i festeggiamenti in Spagna un anno prima. Un piccolo agguato premonitore, ma al tempo stesso un promemoria per il futuro: Barcellona è casa, caro Cesc, dovrai ritornare…

Gerard Piqué

Lui, molto probabilmente, è il più catalano e barcellonista di tutti. Classe ’87 come Fabregas, Gerard Piqué Bernabéu (curioso scherzo del destino) nasce a Barcellona il 2 febbraio dell’anno più mistico della storia dei Blaugrana, precisamente 91 e 142 giorni prima di Fàbregas e Messi, compagni di vita e di squadra per tantissimi anni.
Piqué oggi è socio del Barça e, secondo molti addetti ai lavori, potrebbe diventare addirittura presidente del club in un futuro non così lontano. Entra a far parte delle giovanili nel 1997, come Fàbregas e, proprio come il suo compagno di squadra, lascia il Barcellona alla volta dell’Inghilterra, un anno più tardi, firmando con il Manchester United. Il suo trasferimento è ufficiale in data 1° luglio 2004: primo contratto da professionista, non ancora maggiorenne.
Il difensore centrale verrà prestato al Real Saragozza nella stagione 2006-2007: 28 presenze e 3 reti complessive, per poi fare ritorno alla base oltremanica.
Nella stagione seguente, vincerà Charity Shield, Premier League e Champions League con i Red Devils, contribuendo con 13 presenze e 2 gol.
Uno su tutti è il ricordo del catalano riguardo quelle stagioni al Manchester, raccontato così ai microfoni di FourFourTwo.

«Una volta eravamo negli spogliatoi dell’Old Trafford e il mio telefono cominciò a vibrare. Keane riuscì a sentire le vibrazioni e diventò letteralmente furioso nel cercare di capire a chi appartenesse quel telefono. Ecco di che genere di persona stiamo parlando. Prima della partita che con il Barça abbiamo vinto 1-0 contro il Celtic a Glasgow lo scorso anno, ho visto Keane a bordo campo in veste di commentatore televisivo mentre stavamo scendendo in campo per il riscaldamento. Ho nascosto la mia faccia tra le mani per non farmi vedere, questo perché ancora mi terrorizza. Avevo 26 anni e me la stavo facendo letteralmente addosso».

Il 22 maggio del 2008, ovvero il giorno seguente la finale di Champions a Mosca vinta dallo United contro il Chelsea, il Barcellona trova l’accordo per cui, sborsando 4 milioni di euro, Piqué torna a vestire la camiseta blaugrana.
Un ritorno inevitabile, magari non così scontato, ma certamente lo stesso grande richiamo, quasi a sentirsi Ulisse al largo delle Isole Sirenuse.

Eric García

È l’ultimo della lista, semplicemente per ordinale temporale.
Nato il 9 gennaio del 2001 a Barcellona. Tradizione, culto e credo: una bandiera che deve per forza continuare a sventolare. Quando Eric viene al mondo, Xavi ha già esordito in prima squadra da quasi tre anni, mentre Iniesta lo farà da lì a poco più di uno e mezzo.
È un viaggio che continua imperterrito, nonostante le gestioni sbagliate, gli alti e i bassi. Una pentola che ribolle continuamente, talvolta a fiamma alta, altre a fiamma bassa.
Dopo nove stagioni a La Masia, il giovane Eric rifiuta il rinnovo del contratto con il Barcellona, forse perché sente che un pezzo di Catalogna ora è dall’altra parte del continente: Pep Guardiola è l’allenatore del Manchester City e così il 1° luglio del 2017, Garcia firma con i Citizens. Secondo Sport, un’operazione da un milione di euro per completare il trasferimento, come commissione per l’agente del sedicenne capitano dei giovani blaugrana.
Il 18 dicembre 2018 debutta tra i professionisti nell’incontro di Coppa di Lega vinto ai rigori contro il Leicester.
L’avventura si conclude di fatto al termine della stagione 2020-2021, dopo un totale di 34 presenze con il City. Il richiamo de La Masia colpisce ancora, questa volta tocca all’erede designato di Piqué, che il 1° giugno del 2021 viene ufficialmente annunciato come nuovo giocatore del Barcellona: contratto quinquennale a parametro zero e clausola rescissoria da 400 milioni di euro.
Queste le parole di Garcia durante la conferenza stampa di presentazione nella giornata del suo ritorno al Barcellona.

«Il mio sogno è sempre stato quello di giocare per la prima squadra del Barcellona, fin da quando ero bambino. Vedevo giocare i miei idoli quando andavo allo stadio e oggi ho avuto l’onore e la fortuna di cambiarmi nello spogliatoio del Camp Nou. Sono carico e non vedo l’ora di aiutare la squadra per raggiungere il massimo in questa stagione».

Il cerchio continua a chiudersi, ineluttabilmente, anche dopo anni in cui il settore giovanile del Barcellona sembrava aver perso quel potere e quella fiamma che lo hanno sempre contraddistinto come la più grande scuola di calcio di sempre.
Perché come recitava lo slogan del presidente Nuñez durante la campagna elettorale del ’78… Per un Barça triomfant.

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