In una riunione interna del PSG a novembre, durata 8 ore, c’era preoccupazione perché Doué non riusciva a incidere. Nel pomeriggio arrivò Luis Enrique, che disse: «Dategli solo un altro po’ di tempo». Ha avuto ragione.
La prima persona a essere convinta del suo talento era Luis Campos, coordinatore dell’area tecnica del PSG, che tanto lo aveva voluto pagandolo 50 milioni dal Rennes. La sua operazione è la copertina dell’opera di francesizzazione, ringiovanimento e abbassamento del monte ingaggi dei parigini. Quando Kvara è arrivato a gennaio per sostituire Mbappé (la trattativa in estate con il Napoli si era arenata e Campos ha avuto il grande merito di riaprirla appena possibile), si è integrato dal Giorno Zero nel PSG, come se giocasse lì da anni. Per Doué, più giovane e con meno esperienza, non è stato lo stesso.
La doppietta contro l’Inter in finale di Champions League suggella la crescita di Doué. Nei primi mesi non era riuscito a incidere, si stava ambientando, ma in un Club come il PSG non c’è troppo tempo. O almeno, adesso ce n’è un po’ di più, da quando non ci sono una o più stelle a fare da star. Il controllo orientato e la pulizia di passaggio sul primo gol di Hakimi raccontato un calciatore totale. Il PSG nel corso di questa stagione lo ha reso consapevole dei suoi mezzi. Era l’unica cosa che gli mancava. E il merito va anche a Luis Enrique, che nonostante abbia vinto il campionato da 7 settimane, ha tenuto comunque alta l’attenzione.
Infatti, oltre ad aver concesso tanti giorni in famiglia ai calciatori per decompensare, ha sempre affrontato gli allenamenti e le gare rimanenti con grande serietà e competitività: la tenuta fisica e tecnica con cui il PSG si è presentato all’ultimo atto contro l’Inter ne sono la dimostrazione.
Il PSG ha vinto questa Champions League il 3 giugno 2024. E adesso vi spieghiamo perché.
Quando tre stagioni fa il PSG ha iniziato a porre le basi per il nuovo ciclo, ha fatto una considerazione: nelle ultime 11 stagioni aveva perso soltanto 2 volte la Ligue 1. Una contro il Lille e un’altra contro il Monaco. E chi c’era alla guida di quelle due squadre? Luis Campos. La decisione della proprietà parigina è stata semplice: prendere Campos, consegnargli l’area tecnica e condividerne gli azzardi. La transizione è partita, andando in controtendenza con la filosofia “delle star” dei precedenti 10 anni di gestione. Al primo anno non stravolge, però.
Nella seconda stagione, la scorsa, arriva l’altra grande mossa: saluta Galtier, un suo uomo, e dà la squadra in mano a Luis Enrique. Si iniziano a mettere nero su bianco le linee guida. Salutano tanti senatori tra cui Messi, Verratti, Ramos e Neymar. E poi un anno dopo, lo scorso 3 giugno, anche Mbappé. È chiaro, perdere questi campioni non è banale e né si può semplificare. Ma da quelle scelte nasce il progetto di oggi: più francesi, più giovani e monte ingaggi abbassato. Nel momento in cui il PSG diventa una squadra “normale”, alza l’asticella e punta alla Champions League.
Luis Enrique con la sua leadership ha portato in dote valori importanti. Soprattutto, ha alzato l’attenzione. Si è visto in finale: il PSG ci è arrivato nel prime stagionale. Campos ha impostato la linea di ricerca dei calciatori affidandosi a un italiano: Pasquale Sensibile, capo-scout che coordina un team di altri 3 osservatori (due spagnoli e un portoghese) in una struttura dinamica e semplice.
Dalle intuizioni Mayulu e Mbaye alla gestione di Doué, accompagnato verso una seconda parte di stagione fantastica. Ma anche la rivitalizzazione di Dembélé e la trattativa per Kvara, che fin dal primo giorno è sembrato essere al PSG da anni. Sono andati in Russia a prendere Safonov: un attentato a soli 9 km di distanza ha reso ostico pure quel viaggio. Il PSG è diventato una squadra normale, senza star, analizzando il mercato e comparando le occasioni. Riunioni da 8 ore a Parigi per studiare ogni aspetto del Club.
Un lavoro invisibile dell’area scouting e di Campos che, giorno dopo giorno, ha reso possibile la prima Champions League del Club nella sua storia.