La storia di Casadei e Giovane, amici d’infanzia oggi al Mondiale: «Davanti a 35mila persone…»

by Lorenzo Lombardi

Da migliori amici al Mondiale. Samuel Giovane e Cesare Casadei, talenti dell’Atalanta e del Chelsea. Ma soprattutto legati da quando sono piccoli: avevano 7 anni quando le loro strade si sono incrociate al Cesena. In esclusiva a Cronache, dal ritiro della Nazionale u20 al Mondiale in Argentina, hanno raccontato che «stiamo realizzando il sogno di qualsiasi ragazzo, fa strano essere qui insieme». Come ci narra Casadei, passato la scorsa estate dall’Inter al Chelsea, «io sono andato via da Cesena a 16 anni, mentre Samuel a 15. Dopo ci siamo affrontati varie volte da avversari!».

Casadei è stato mattatore all’esordio, segnando la doppietta che ha regalato la vittoria contro il Brasile nel 3-2 finale. «Abbiamo fotografie insieme fin da quando siamo piccolissimi – ci spiega Samuel – e adesso giochiamo sfide davanti a 35mila spettatori. Ieri abbiamo capito cos’è il calcio dei grandi», perché per due ragazzi così legati è ancor più speciale. Casadei ricorda che «eravamo alti mezzo metro, arrivavamo al ginocchio, e ora siamo qui. Una strada lunga e questo Mondiale è una tappa importante, ma fa solo parte del percorso».

Da Ravenna e Milano Marittima fino all’Argentina, con un pensiero per amici e conoscenti che stanno lottando nel fango: «Mandiamo un messaggio alla nostra regione, questo Mondiale lo giochiamo anche per voi. Vicinanza a tutto il popolo, grazie a tutti quelli che si stanno muovendo per risolvere il problema. Anche i nostri amici sono scesi in strada per spalare il fango dalle periferie». Casadei e Giovane sognano: sono reduci dai prestiti a Reading e Ascoli. Due promesse del calcio italiano, ma prima di tutto amici.

Casadei e il sogno inglese

La scorsa estate, Cesare è passato dall’Inter al Chelsea dopo aver vinto lo Scudetto Primavera. Il suo trasferimento è costato 15 milioni di euro più 5 di bonus e ha fatto molto parlare: «Le voci sul costo del cartellino non mi hanno mai influenzato. Sono normali. La gente a un certo punto non vede l’ora di attaccare. Ma io ero sereno, non mi ha mai disturbato questa cosa». Prima di tutto, l’ambientamento: «Andare via non è stato semplice. Cambiare paese, cambiare cultura: non è cosa da poco. Parlavo poco inglese, mio fratello che lo sapeva meglio è venuto con me nei primi mesi». I primi momenti sono stati indimenticabili: «Il primo giorno in Inghilterra ho trovato Thiago Silva, che parla italiano. Mi ha detto: ‘Sfrutta quest’opportunità in tutto, non capita tutti i giorni’. Lo guardavo al Milan da quando ero bambino, è quello che mi ha stupito di più. Ma non posso fare un solo nome, mi ha sorpreso l’umiltà di tutti: sono un ragazzo delle giovanili e mi trattano come uno di loro». Dagli allenamenti con l’Inter all’esperienza in prestito al Reading: «Le differenze tra calcio giovanile e professionismo sono altissime. Uno step a cui non è facile resistere: sono ritmi diverso e il rapporto con i compagni è diverso».

Giovane e la prima esperienza tra i grandi

Samuel invece si è affermato con l’Ascoli in Serie B, dopo essere cresciuto nell’Atalanta: «Quando ho lasciato casa per andare a Bergamo avevo i lucciconi, mi mancavano la famiglia e gli amici». Con il passare degli anni si è affacciato alla Prima Squadra: «Non ho mai fatto gli allenamenti strazianti di Gasperini! Quando facevano la parte atletica non sono mai capitato. Ma vedevo certe partitelle 6 contro 6 a tutto campo… o uomo contro uomo… c’era da morire!». Di calciatori di livello ne ha visti: «Mamma mia Papu e Muriel…».

La prima esperienza tra i grandi l’ha fatta quest’anno: «Davanti a me a inizio anno c’era Büchel, fortissimo. Il primo allenamento mi sono detto: ‘Ma che ci faccio qui! Ma quando lo vedo il campo!’. Poi mi sono imposto e ho trovato spazio. Ora so che a questi livelli ci posso stare tranquillamente».

La Nazionale come punto di partenza: «Usciamo e abbiamo la scorta, stiamo iniziando a capire cosa significa essere calciatori e avere i riflettori addosso. I sacrifici sono ripagati! E poi questa Nazionale di 2003, in questi anni, non l’ha mai messa sotto nessuno». E un’esultanza particolare, in caso di passaggio del turno e gol, li aspetta: la fanno da quando sono piccoli.