Le corse coi pesi alle caviglie e le giornate al campetto: i sacrifici di Grifo

by Redazione Cronache

Diventare un calciatore professionista è il sogno di tanti ragazzi. Tra i desideri e la realtà, però, c’è di mezzo il duro lavoro. Vincenzo Grifo, centrocampista con una carriera tutta tedesca, ha raccontato gli sforzi fatti da bambino per arrivare dove sognava di essere: ai massimi livelli del calcio professionistico. Fonte La Gazzetta dello Sport.

SACRIFICIO – «Come sono arrivato fin qua? Con tanta fiducia dei genitori, con tanta voglia di lavorare, con tanta disciplina e grinta. Io sono un calciatore di strada, ho imparato il calcio in campetti distrutti, con le porte mezze rotte, nella cittadina dove sono nato, Pforzheim in Germania. Ricordo che uscivo di casa alle 8 di mattina e stavo tutto il giorno al campetto, sono cresciuto là».

LAVORO – «A 17 anni lavoravo da mio zio meccanico. Dalle 8 fino alle 4, poi andavo in treno al campo per allenarmi. Poi tornavo a casa e uscivo a correre, anche con i pesi alle caviglie. Mia mamma mi chiedeva se ero matto. Dicevo: voglio diventare professionista, se non faccio più degli altri non diventerò mai un grande giocatore».

NAZIONALE«Quando sono stato convocato da Mancini quasi mi sono messo a piangere. Sognavo quella convocazione fin da piccolo, quando i nonni mi compravano la maglia azzurra al mercato in Italia e avevo solo cinque anni. Dormivo con quella maglia. In Nazionale mi sono sempre sentito in famiglia, già dopo poche ore».